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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il Covid "cancella" gli altri malati: uno su due è rimasto senza cure

Nel 2020 bloccato il 50% delle prestazioni per pazienti non affetti dal virus, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati . Dati diffusi dall'Aiop (Associazione italiana ospedalità privata). I territori più penalizzati e cosa fare adesso

Nel 2020, anno in cui abbiamo iniziato a fare i conti col Covid, un malato su due per altre patologie è rimasto senza cure. Tre su dieci non si sono sottoposti a interventi chirurgici programmati. A tracciare il bilancio è il 19esimo rapporto sull'attività ospedaliera in Italia "Ospedali&Salute", promosso dall'Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), realizzato in collaborazione con Ermeneia - Studi & Strategie di Sistema, e presentato oggi, 22 febbraio, al ministero della Salute. Il blocco delle prestazioni ordinarie "richieste dai pazienti non-Covid ha interessato nel 2020 il 50% dei pazienti, con una punta del 71,5% per gli interventi chirurgici programmati".  

Dati che si pongono in linea col rapporto del Parlamento europeo, nel quale si stima che circa un milione di casi oncologici con la pandemia non sono stati diagnosticati e sono sfuggiti 100 milioni di persone ai test di screening. 

Stop non omogeneo sul territorio nazionale

Il Covid ha travolto il sistema, assorbendo la maggior parte delle risorse materiali e umane. A farne le spese sono stati gli "altri" pazienti. Questo si traduce in malattie trascurate o non diagnosticate. Secondo Aiop, una conferma dello stop delle cure per la pandemia "arriva dai dati oggettivi forniti dalle strutture sanitarie sulla contrazione delle prestazioni per i pazienti non-Covid (-21,0% tra il 2019 e il 2020, sui ricoveri ospedalieri), ma diventano del -23,9% per il Mezzogiorno. Le prestazioni specialistiche - si legge nel report - sono diminuite, nei primi 9 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, del 30,3%, con valori più alti in Lombardia (-51,9%) e provincia di Bolzano (-48,8%)".

Il peso del "long Covid"

Il report indaga anche gli effetti del "long Covid". Secondo i dati raccolti, "il 65,6% degli ex pazienti Covid ammette che il percorso di uscita dal contagio è stato 'molto o abbastanza lungo' e, parallelamente, il 63,2% ha ammesso che si è trattato anche di un'esperienza 'molto e/o abbastanza pesante'. Inoltre, il 56,2% dei contagiati ha registrato anche dei problemi di long Covid, di cui un terzo (il 18,9%) di tipo 'serio'".  I dati sull'andamento delle liste d'attesa, infine, risultano in contrazione per la popolazione, tra il 2020 e il 2021, mentre sono in forte espansione (da 3,8 a 8,3 volte in più nel 2020 e di circa 5 volte di più nel 2021) per i pazienti Covid.

Come riportare in equilibrio il sistema

Tra le priorità emerse, la necessità di ribilanciare le prestazioni tra pazienti Covid e pazienti non-Covid e l'esigenza di ottimizzare i servizi mettendo "a sistema" l'attività degli istituti ospedalieri di diritto pubblico e di quelli di diritto privato accreditati. Urgente, inoltre, riorganizzare, anche sotto il profilo tecnico-gestionale, il sistema sanitario nazionale, con un effettivo rifinanziamento e un apporto più largo da parte del settore privato. 

"Le strutture appartenenti all'Aiop hanno messo a disposizione un numero rilevante di posti letto per pazienti Covid, quasi 1000 per terapie intensive e sub-intensive e 9400 per acuti e post acuti - dice la presidente Barbara Cittadini -  .Un'esperienza virtuosa, che deve essere replicata e integrata in modo stabile nel nostro sistema sanitario, sia nella gestione di una straordinarietà ancora in corso sia nel recupero di una ordinarietà sacrificata più del necessario. Resta decisiva, in ogni caso, una comunicazione che sappia orientare i comportamenti individuali verso scelte di responsabilità sociale". 

Per Andrea Costa, sottosegretario alla Salute, "l'esperienza della pandemia ha posto in evidenza la complementarietà del sistema privato rispetto al pubblico. Il sostegno dato dal mondo privato è stato fondamentale non soltanto nella prima fase della gestione della pandemia, ma anche nella campagna di vaccinazione. Un esempio virtuoso che deve essere portato avanti. Finalmente la politica ha preso coscienza che finanziare la sanità non è un costo, ma un investimento e che non c'è progresso senza tutela della salute. Occorre, pertanto, recuperare il più in fretta possibile il gap drammatico per quanto riguarda le liste di attesa e assicurare il potenziamento della medicina del territorio e dei servizi ai cittadini. In tal senso, il ruolo dei privati può essere un valore aggiunto nella realizzazione di questo disegno". 

Secondo Giovanni Baglìo, dirigente Agenas, "durante la crisi pandemica abbiamo assistito a una riduzione dei ricoveri, in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale. Il settore privato, da questo punto di vista, ha assunto un ruolo vicariante rispetto a quello pubblico. La riduzione, dunque, risulta più contenuta grazie al settore privato, fortemente impegnato nel fronteggiare l'emergenza pandemica. L'auspicio è che l'alleanza virtuosa fra pubblico e privato, che ha permesso al sistema sanitario di contenere i danni, continui in maniera efficace, rafforzandosi sia in termini di quantità che di qualità assistenziale".

Per Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, "la pandemia ha messo in luce in maniera eclatante non soltanto le vulnerabilità strutturali del nostro sistema sanitario in termini di razionamento delle prestazioni, ma anche i punti di forza, ovvero la collaborazione di soggetti privati e pubblici nella ricerca di una soluzione con le vaccinazioni. Da oggi in avanti dobbiamo concepire l'offerta di salute come un ecosistema, in cui il sistema sanitario pubblico e i soggetti privati possano cooperare per dare risposte efficaci ed efficienti ai cittadini".

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