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Giovedì, 28 Marzo 2024
Salute

Come si vive con una rara malattia genetica? Le storie di Angela, Pasquale, Rita e Roberta

In Italia sono almeno 500 i pazienti che soffrono della malattia di Anderson-Fabry (ma forse sono molti di più), fa sapere l'Osservatorio Malattie Rare

Per anni Angela, Pasquale, Rita e Roberta hanno sofferto di dolori inspiegabili, disturbi renali e cardiaci. Un calvario che sembrava senza una spiegazione finché una diagnosi inaspettata non ha risposto a tutti i perché: avevano la malattia di Anderson-Fabry, una patologia genetica rara che un giorno avrebbe potuto anche toccare in sorte ai loro figli. Queste quattro persone e la loro lotta contro un nemico per anni invisibile e sconosciuto sono diventate protagonisti della campagna video realizzata dall'Osservatorio Malattie Rare, pubblicato sul sito viverelafabry.it, per promuovere la conoscenza contro questa terribile malattia e dare un contributo ad una diagnosi sempre più precoce e quindi a un intervento tempestivo che possa prenvenire i danni più severi che la malattia comporta. 

Nelle loro storie si trovano racchiuse quelle di oltre 500 persone di ogni età che in Italia hanno già avuto la loro stessa diagnosi, e probabilmente anche di quelli che non sono ancora riusciti a dare un nome alla loro malattia e girano da uno specialista all’altro.

Cos'è la malattia di Fabry

La malattia di Fabry è una patologia da accumulo lisosomiale dovuta alla carenza di uno specifico enzima, che si chiama alfa-galattosidasi. Questo enzima è necessario al corretto smaltimento di alcune sostanze nocive per i tessuti e gli organi del nostro corpo. Se l’enzima è carente queste sostanze (chiamate glicosfingolipidi) si accumulano causando progressivamente danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale. E’ difficile da diagnosticare perché si presenta spesso con una sintomatologia non specifica, che può comprendere dolori molto forti a mani e piedi (acroparesterie dolorose), febbre, stanchezza e intolleranza agli sforzi, al caldo e al freddo eccessivi, talvolta anche disturbi dell’udito e della vista.

“Può accadere che il dolore dei bambini con malattia di Fabry, non ancora diagnosticata, non venga associato al disturbo – ha spiegato la Dr.ssa Ilaria Romani neurologo dell’ambulatorio Stroke Unit Fabry dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze - Dipende dal fatto che non abbiamo uno strumento che ci permetta di qualificare e quantificare questo dolore. Se anche il pediatra sospettasse un dolore neuropatico e prescrivesse una classica elettromiografia, l’esame risulterebbe normale. Questo può portare a pensare che il dolore sia una somatizzazione, una manifestazione di disagio del bambino. Si può venire a creare una situazione abbastanza conflittuale, in cui una famiglia riferisce un problema reale e spesso non trova un sistema preparato ad avviare un percorso diagnostico in grado di dare un nome a questo problema”.

Il dolore del paziente Fabry è reale, così come lo è il rischio di ictus, il rischio di insufficienza renale, il rischio di infarto miocardico, anche in giovane età.

L'importanza della diagnosi precoce

“Una diagnosi precoce ha un doppio valore – spiega il Prof. Antonio Pisani, ricercatore della cattedra di Nefrologia dell’Università Federico II di Napoli - da un lato permette di iniziare precocemente una terapia che, se iniziata invece in una fase avanzata, ha un efficacia minore. D'altro canto una diagnosi precoce non solo permette la diagnosi del singolo paziente, ma di un'intera famiglia. Si tratta però di una diagnosi ancora difficile, perché si tratta di una malattia multisistemica di grande complessità.”

“Oggi per la malattia di Fabry – conclude l’esperto - il gold standard in ambito di trattamento è rappresentato dalla terapia di sostituzione enzimatica (un enzima riprodotto con la tecnica del DNA ricombinante che viene infuso ogni 14 giorni), che può essere effettuata anche a domicilio. Per alcuni pazienti affetti da specifiche mutazioni e comunque non prima dei 16 anni, è disponibile anche la terapia chaperonica orale, con tutti i benefici in termini di qualità di vita che la terapia orale può offrire. In un futuro non troppo lontano, anche la terapia genica potrebbe diventare una possibilità concreta”. La vera sfida oggi è dunque la diagnosi precoce, così da evitare inutili sofferenze e da bloccare il prima possibile il danno causato all’accumulo progressivo nei diversi organi delle sostanze di scarto che non vengono metabolizzate.

“Il Consiglio Direttivo di Aiaf Onlus (Associazione Italiana Anderson-Fabry) – spiega la Presidente Stefania Tobaldini - ha colto favorevolmente la proposta di patrocinare questa iniziativa. Riteniamo che le interviste realizzate da O.Ma.R. possano rappresentare, in modo complementare alle informazioni medico-scientifiche, una preziosa opportunità di sensibilizzazione e divulgazione di informazioni sulla Malattia di Anderson-Fabry in modo autentico e diretto. Attraverso la voce dei pazienti intervistati, infatti, si possono cogliere diverse sfumature del vissuto quotidiano e delle emozioni che le persone affette da Malattia di Fabry conoscono molto bene:  le preoccupazioni vissute  alla ricerca di una diagnosi, spesso tardiva, i sensi di colpa per aver trasmesso una malattia genetica ai figli, le difficoltà nel conciliare terapie e vita quotidiana, i dolori neuropatici pressoché costanti,  le preoccupazioni per il futuro e le speranze nei progressi della ricerca scientifica.... ma anche la  capacità di non arrendersi e di reagire alla malattia, anche riprogrammando  la propria vita. Quest’ultimo messaggio, in modo particolare, può essere di grande aiuto ad altri pazienti.”

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