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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Vaccini in pillola

Niente più iniezioni: presto i vaccini anti Covid saranno in pillole

All’Mit si lavora per trasformare i vaccini a mRna in pillole. Le molecole sono inserite in speciali nanoparticelle polimeriche e somministrate con una capsula ispirata al carapace delle tartarughe, e i risultati, per quanto preliminari, sembrano promettenti

Quando torneremo a vaccinarci non è ancora chiaro. Ma è probabile che almeno una somministrazione annuale dei vaccini anti Covid, sul modello della vaccinazione antinfluenzale, ci accompagnerà ancora per qualche tempo. Non è detto, però, che si tratterà di un’iniezione. All’Mit di Boston, infatti, si lavora per trasformare i vaccini a mRna in farmaci a somministrazione orale: pillole, molto più semplici da gestire, sia per i medici che per i pazienti.

La nuova scoperta è descritta in uno studio appena pubblicato sulla rivista Matter, e arriva dai laboratori di due esperti nel settore: Giovanni Traverso e Robert Langer, scienzieti che da anni lavorano alla trasformazione di terapie iniettive in pillole da somministrare per via orale. Parliamo di farmaci come gli anticorpi monoclonali, che spesso oggi richiedono ancora un’infusione endovenosa da effettuare in ospedale, o l’insulina, che molti i diabetici devono iniettarsi quotidianamente per decenni. Ognuno di questi medicinali presenta delle caratteristiche che limitano la possibilità di ingerirlo sotto forma di pillola, e per superarle Traverso e Langer hanno sviluppato un modello avveniristico di capsula bioispirata: una pillola delle dimensioni di un mirtillo, modellata sulla forma del carapace delle tartarughe leopardo.

Questa specie di tartaruga africana ha infatti un guscio con una cupola particolarmente alta, che gli permette di rimettersi facilmente in piedi quando viene capovolta. Sfruttando lo stesso principio, la pillola ideata dai ricercatori dell’Mit è in grado di orientarsi autonomamente, rigirandosi una volta in contatto con le pareti dello stomaco per iniettare il farmaco che contiene al suo interno. Dopo aver testato con successo la capsula per somministrare molecole di grandi dimensioni, come appunto l’insulina e gli anticorpi monoclonali, Traverso e Langer hanno deciso di tentare con un’altra molecola difficile da trasportare nell’organismo umano: l’Rna.

In questo caso, le difficoltà sono anche maggiori, perché si tratta di molecole che vengono degradate velocemente all’interno del corpo umano. Utilizzando un nuovo tipo di nanoparticelle polimeriche per proteggere l’mRna i due ricercatori sono però riusciti nell’impresa. Nel loro esperimento le molecole incapsulate all’interno delle nanoparticelle protettive sono state liofilizzate, inserite nelle speciali pillole ispirate al carapace delle tartarughe e somministrate a dei maiali. In totale, ogni animale ha ricevuto una dose da 150 microgrammi di mRna, superiore quindi a quella contenuta nei vaccini anti Covid (in cui le dosi di mRna vanno dai 30 ai 100 microgrammi). E le analisi effettuate hanno confermato che le proteine codificate dall’mRna (quelle che nel caso dei vaccini rappresenterebbero l’antigene di Sars-Cov-2 contro cui attivare il nostro sistema immunitario) sono state espresse effettivamente nello stomaco degli animali.

In linea di principio, quindi, le pillole a mRna potrebbero funzionare. Allo stato attuale, quelle ingerite dai maiali non hanno prodotto effetti al di fuori dei tessuti dello stomaco, e non è chiaro quindi se risulterebbero efficaci come vaccini: è possibile che sia sufficiente presentare l’antigene all’altezza dello stomaco per indurre una elevata risposta immunitaria, ma serviranno ulteriori ricerche per confermarlo. Se così non fosse, i due ricercatori assicurano comunque che modificando le nanoparticelle utilizzate per proteggere l’Rna ritengono di poter ottenere una formulazione capace di diffondersi più capillarmente nell’organismo, e di suscitare quindi con più facilità una risposta immunitaria sufficiente a rendere efficace la vaccinazione.

E non è tutto, perché ora le nuove pillole a mRna potrebbero essere utilizzate anche per il trattamento di moltissime patologie del tratto gastrointestinale per le quali attualmente mancano terapie efficaci. “Gli acidi nucleici, e in particolare l’Rna, possono essere estremamente sensibili alla degradazione ad opera del tratto digestivo – ricorda Traverso – per questo, aver superato questa difficoltà apre ora le porte a moltissimi nuove opportunità terapeutiche”.

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