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Venerdì, 19 Aprile 2024
Scienze

Aerei a idrogeno, Ivan Langella: "Con il mio progetto vincerò la sfida"

L'ingegnere napoletano è tra i 41 italiani vincitori degli Starting Grant (finanziamenti del Consiglio Europeo della Ricerca) con cui svilupperà "OTHERWISE", un metodo innovativo per bruciare idrogeno nei motori aeronautici e nelle centrali di energia

Gli aerei sono il mezzo di trasporto più inquinante. Secondo la Iea (International energy agency), il traffico aereo è responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2), una delle principali sostanze responsabili dell'effetto serra e del riscaldamento globale. Tecnicamente gli aerei si riforniscono di kerosene, una miscela ricavata quasi interamente da fonti fossili, e la cui combustione, come ogni prodotto petrolifero, produce CO2. Nell’ultimo ventennio le emissioni di anidride carbonica degli aerei sono più che duplicate, e si prevede che nel 2050 saranno da 7 a 10 volte più alte dei livelli del 1990.

Come si può ridurre l’inquinamento causato dal traffico aereo? Non certo bloccando gli aerei, quanto puntando su tecnologie green che riducano a zero le emissioni di CO2. Tra le diverse innovazioni oggi in fase di sviluppo (biocarburanti, celle solari, ecc), il motore a idrogeno (cioè che utilizza l’idrogeno come carburante) sembra offrire la soluzione migliore per raggiungere la piena decarbonizzazione del settore entro il 2050. Nel mondo, attualmente, sono allo studio numerosi prototipi, alcuni dei quali in fase di testing, e progetti che puntano a sviluppare metodi innovativi per bruciare idrogeno nei motori aeronautici. Tra questi spicca “OTHERWISE” (Control of Hydrogen and Enriched-hydrogen Reacting flows with Water injection and Intensive Strain for ultra-low Emissions) ambizioso progetto dell’ingegnere napoletano Ivan Langella, classe 1987. Ivan è tra i 41 italiani vincitori degli Starting Grant (finanziamenti di circa 1,5 milioni assegnati dal Consiglio Europeo della Ricerca ai giovani ricercatori più meritevoli in Europa), grazie ai quali potrà sviluppare il suo progetto presso la Delft University of Technology, dove attualmente ricopre il ruolo di Assistant Professor.

Ivan, qual è il vantaggio di usare idrogeno nei motori?

“Il vantaggio di usare idrogeno nei motori (non solo aeronautici) è che non produce emissioni di anidride carbonica (CO2) o qualsiasi altra emissione nociva basata sul carbonio (monossido di carbonio, fumi, etc). Il vantaggio di bruciarlo, rispetto per esempio ad usarlo in una cella a combustibile (fuel cell), è che puoi raggiungere potenze molto elevate, fino a 3 volte maggiori anche dei motori a kerosene. In questo modo puoi sostituire i combustibili fossili anche su operazioni di ‘heavy duty’, come ad esempio far decollare un grosso aeroplano. Questo non sarebbe possibile con fuel cells o batterie. Detto questo, quando bruci idrogeno in aria puoi ancora produrre livelli alti di ossidi di azoto (NOx), che sono altamente tossici. Diversi metodi per evitare la formazione di NOx sono stati proposti, ma solitamente, nel momento in cui riduci il NOx, la fiamma diventa instabile. Quindi non riesci ad ottenere una fiamma stabile e basso NOx allo stesso tempo”.

In cosa consiste il progetto OTHERWISE?

“In OTHERWISE (Control of Hydrogen and Enriched-hydrogen Reacting flows with Water injection and Intensive Strain for ultra-low Emissions) proponiamo un metodo nuovo per bruciare idrogeno con cui possiamo ottenere al contempo bassissimo NOx e fiamma stabile. Quello che si fa è ‘stirare’ letteralmente la fiamma (come si fa con una corda), sfruttando una proprietà dell’idrogeno. Ma, a differenza di tutti gli altri combustibili, dove la corda si spezza, nel caso dell’idrogeno la corda diventa più robusta. I risultati preliminari della nostra ricerca mostrano che in questo processo il NOx diminuisce a causa di una redistribuzione di alcune specie chimiche nella fiamma, un fenomeno che non conoscevamo ancora. In OTHERWISE cercheremo di capire come ottenere pieno controllo di queste fiamme a idrogeno stirate in condizioni reali ad alta turbolenza. Se dovessero sorgere instabilità impreviste, useremo goccioline d’acqua per ottenere ulteriore controllo. Sembra controintuitivo, ma, se le goccioline sono molto piccole, la fiamma non si spegne, anzi potrebbe diventare più stabile”.

Qualche settimana fa Rolls-Royce e EasyJet hanno fatto sapere di aver testato con successo il primo motore per aerei a idrogeno green. Cos’è l’idrogeno verde?

“L’appellativo ‘green’ si riferisce a come è stato prodotto l’idrogeno, in questo caso usando elettrolisi partendo da acqua, e energia da fonti rinnovabili. L’idrogeno si può infatti anche ricavare in altro modo, per esempio dal metano. Ma c’è un limite: nel processo generi CO2. Bisogna quindi guardare l’intero processo. Se non generi CO2 quando produci il combustibile, ma la produci per generarlo, torniamo al punto di partenza. Per quanto riguarda la novità dell’esperimento, facciamo attenzione, non si tratta di un nuovo motore: hanno solo sostituito idrogeno al kerosene su un motore esistente. Un’ottima notizia, certamente, ma bisogna vedere vari dati per capire ad esempio se i livelli di NOx sono alti, in tal caso il motore non rispetterebbe gli standard”.

L’idrogeno è una soluzione energetica sostenibile, ma ha dei limiti. Quali?

“Per quanto riguarda la combustione, come detto prima, il problema da risolvere è bruciare idrogeno in modo che la fiamma sia stabile e con bassi valori di NOx allo stesso tempo. Per quanto riguarda l’intero processo, ci sono molti atri fattori da considerare. Per esempio, non abbiamo al momento abbastanza fonti energetiche rinnovabili per produrre più idrogeno in modo green di quanto ce ne servirebbero se volessimo eliminare completamente il kerosene. L’altro problema è il volume dell’idrogeno. Anche se criogenico e/o tenuto ad altissime pressioni per ridurre il suo volume, occuperebbe comunque 3 volte il volume che servirebbe per il kerosene a parità di energia. Questo significa che servirebbe più spazio sull’aereo, e strutture abbastanza rigide per tenerlo in modo sicuro in stato criogenico, comportando forti modifiche all’aereo, che richiedono studi e tempo. Un altro problema è il trasporto di idrogeno all’aeroporto e i tempi di rifornimento dell’aereo. Ma la buona notizia è che tanti ricercatori in Europa e nel mondo stanno affrontando questi limiti per superarli. È probabile che inizieremo con sistemi ibridi dove bruciamo un pò di kerosene e un pò di idrogeno”.

Qual è dunque la tua proposta?

“Io mi occupo solo di come risolvere il problema della stabilizzazione della fiamma con basso NOx nella camera di combustione, e, come detto, proveremo ad usare questo principio innovativo delle fiamme fortemente stirate. Molti altri ricercatori a TU Delft e in altre Università stanno lavorando sugli altri temi. Non sarà facile poichè bisogna trovare soluzioni in tante diverse aree di ricerca, ma c’è una forte spinta in questa direzione, sia scientifica che politica, e stiamo facendo molti progressi, velocemente”.

Altre possibili applicazioni di questa ricerca?

“In questa ricerca studiamo il principio fisico e come controllarlo. Anche se orientato a motori aeronautici, dovesse rivelarsi di successo, nulla impedisce che questo principio possa essere applicato a qualsiasi altro settore di produzione di energia, come centrali elettriche, automobili, navi, ecc”.

Prossimi obiettivi di ricerca?

“Io e il mio gruppo di lavoro ci stiamo organizzando per far partire la ricerca. Dobbiamo assumere 5 ricercatori e preparare i laboratori. Stiamo anche pubblicando alcuni dei risultati sugli esperimenti fatti sulle fiamme a idrogeno. Ma OTHERWISE non è l’unico progetto a cui lavoriamo. Stiamo studiando anche sistemi di dual fuel (dove si brucia kerosene e idrogeno, o idrogeno e metano, al contempo, per superare alcuni tipi di instabilità di tipo termoacustico), e altri tipi di sistemi con ‘trapped vortex cavity’, in cui si usa una cavità per intrappolare un vortice che ha il ruolo di stabilizzare la fiamma. In un altro progetto ancora stiamo studiando come usare metalli liquidi per raffreddare gli enormi flussi termici nelle centrali a fusione nucleare. Abbiamo tanti collaboratori per tutti questi studi, ovviamente, tra cui Rolls-Royce, Sandia National Laboratories, Loughborough University (UK), Safran, Ansaldo Energia”.

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