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Lunedì, 4 Dicembre 2023
La seta dei ragni

In Cina creati bachi da seta mutanti: "Tessuti di ragno, più resistenti del kevlar"

I bachi da seta modificati geneticamente producono la seta di ragni: immessi nella bachicoltura tradizionale potrebbero rivoluzionare il mercato

Si fa presto a dire seta, ma quella prodotta dagli omonimi bachi è solo una delle molte fibre animali che portano questo nome. Insetti come api, formiche, mosche e pulci, producono fibre proteiche per gli usi più disparati, con minime – ma importanti – differenze a livello molecolare, che donano a queste sostanze proprietà leggermente diverse da quelle della seta che utilizziamo nell’industria tessile. Anche i ragni utilizzano la seta per produrre le loro incredibili ragnatele, e la loro è probabilmente la più resistente, flessibile e leggera fibra naturale presente sul pianeta. Il problema è procurarsene in quantità sufficiente, ma un team di ricercatori della Donghua University di Shangai potrebbe avere la soluzione: bachi da seta modificati geneticamente, per produrre seta di ragno.

bachi seta ogm

Ottenere la seta direttamente dai ragni, d’altronde, è quasi impossibile. Almeno in quantità sufficienti per immaginarne un utilizzo nell’industria manifatturiera. Non sono particolarmente socievoli, e quindi allevarli non è semplice, e per le loro tele producono un quantitativo tutto sommato contenuto di seta: in media i fili dei ragni sono lunghi qualche centinaio di metri, mentre un singolo bozzolo di un baco da seta è composto da un unico filo che può raggiungere anche il chilometro e mezzo di lunghezza. Il più grande tessuto mai realizzato con seta di ragno, uno scialle custodito al Victoria and Albert Museum di Londra, ha una dimensione di quattro metri quadrati, ed ha richiesto l’utilizzo delle tele di oltre un milione di ragni per essere realizzato. 

Anche la produzione sintetica della seta di ragno si è rivelata complessa, perché questi aracnidi in natura cospargono i loro fili con uno strato di glicoproteine e lipidi che li rende resistenti all’umidità e agli effetti della luce solare, e riprodurre lo stesso processo in laboratorio si è rivelato estremamente laborioso. Utilizzando i bachi da seta tutti questi problemi si potrebbero risolvere facilmente. Tutto sta, ovviamente, a capire come indurli a produrre la seta di un ragno, invece della propria. 

seta transgenica

Per riuscirci, i ricercatori cinesi hanno utilizzato Crispr-Cas 9, la famosa tecnica di taglia e cuci genetico premiata con un premio Nobel nel 2020. I ricercatori hanno inserito i geni che codificano per la produzione delle protine della seta di ragno all’interno del genoma dei bachi da seta, e si sono assicurati che questi geni fossero espressi nei loro seritteri (le ghiandole da cui secernono la seta), e che gli insetti riuscissero effettivamente a creare il loro bozzolo con la nuova sostanza transgenica. 

L’esperimento, descritto sulla rivista Matter, si è rivelato un successo, e i ricercatori si sono trovati tra le mani dell’autentica seta di ragno, che una volta filata si è rivelata quasi una volta e mezza più forte del nylon, e ben sei volte più resistente del kevlar. Trattandosi di bachi da seta, tutte le conoscenze e le infrastrutture necessarie per il loro allevamento intensivo sono già presenti in moltissime aree del pianeta, e quindi i ricercatori ritengono che la produzione industriale della loro seta di ragno transgenica potrebbe partire in tempo molto breve. 

spider silk

Cosa ci potremmo fare? Un po’ di tutto. In campo medico la seta di ragno potrebbe essere utilizzata per le suture, per la cura delle ustioni e nella produzione di dispositivi impiantabili, come vene e arterie artificiali, visto che si tratta di un materiale biocompatibile. La seta di ragno potrebbe essere usata inoltre per produrre plastiche biodegradabili con resistenza paragonabile a quelle tradizionali. E potrebbe sostituire le fibre sintetiche come il nylon praticamente in ogni campo, assicurando un’alternativa più sostenibile (non richiede l’utilizzo di combustibili fossili per essere prodotta) che non produce microplastiche quando si degrada nell’ambiente. 

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