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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il segreto svelato

Il cemento degli antichi romani si auto-ripara: ecco perché resiste da millenni

Le tecniche di produzione antiche fornivano al materiale la capacità di auto-rigenerarsi, riparando micro-crepe e fratture prodotte dal passare dei secoli. Lo rivela uno studio dell’Mit di Boston

Quella romana è stata la prima civiltà ad impiegare il cemento su ampia scala. Acquedotti, porti, strade, ponti, vasche termali, e molti altri edifici dell'antica Roma erano costruiti con quella veniva definita opera cementizia. Una tecnica utilizzata sin dall’inizio del terzo secolo, che si basa su un tipo di antico calcestruzzo chiamato noto come cementizio. Duttile, economico, ma soprattutto resistente: molte antiche costruzioni in cementizio infatti sono ancora in piedi, a quasi duemila anni di distanza, mentre il nostro cemento moderno inizia a sgretolarsi già dopo pochi decenni. Qual è il segreto di un materiale così duraturo? Il mix di ingredienti da cui veniva ottenuto, che stando un nuovo studio dell’Mit di Boston conferiva al composto proprietà auto-rigenerative.

Il segreto del cemento romano che si autoripara

La formula del cemento romano prevedeva l’utilizzo di calce, pozzolana e tufo vulcanico, che venivano attivati con l’utilizzo di acqua marina, e indurivano cementando il composto nella forma desiderata. Rispetto al cemento in uso oggi, la formula era molto differente: il cosiddetto cemento Portland, il più comune ogiggiorno, utilizza infatti un composto ottenuto cuocendo argilla e calcare ad alte temperature, definito clinker, mischiato a gesso e poi sabbia. Ha molte caratteristiche utili, ovviamente, ma in quanto a resistenza non può competere con quello romano: il cemento moderno infatti ha una durata compresa tra i 50 e i 100 anni, oltre i quali è destinato a sgretolarsi, e richiede quindi manutenzione continua, se non la sostituzione e l’abbattimento delle strutture.

Per indagare il segreto delle tecniche costruttive romane, i ricercatori dell’Mit hanno fatto affidamento a un campione di cementizio prelevato a Priverno (in provincia di Latina), e proveniente da un sito archeologico risalente a circa 2mila anni fa. Nei loro laboratori hanno concentrato l’attenzione su un particolare tipo di depositi riscontrabili nel cemento romani, chiamate clasti calcarei: frammenti di calcare che fino ad oggi erano sempre stati ritenuti impurità, frutto delle tecniche primitive con cui venivano mescolati gli ingredienti nell’antichità.

Il segreto del cemento romano che si autoripara-2

Dopo aver analizzato la composizione del materiale, nel loro studio, pubblicato su Science Advances, i ricercatori americani hanno formulato un’ipotesi differente: che i clasti calcarei fossero il risultato dell’utilizzo di calce viva nella formula romana, che una volta mischiata con l’acqua produceva una reazione chimica che produceva elevate quantità di calore, impedendo al calcare di dissolversi completamente, e creando così i frammenti che si riscontrano nel materiale. Lungi dall’essere un difetto, la presenza di questi clasti calcarei sembrerebbe essere il segreto scoperto dagli antichi romani per produrre un materiale di costruzione progettato per durare (letteralmente) millenni.

Riproducendo il processo in laboratorio, e producendo quindi delle piccole fratture nei blocchi di cemento per simulare gli effetti del tempo, i ricercatori del Mit hanno osservato che i frammenti di calcare sono in grado di riparare il materiale, reagendo con l’acqua (che fuori del laboratorio è fornita in abbondanza dalla pioggia) dissolvendosi e poi cristallizzando nuovamente, e andando così a riempire micro-crepe e microfratture prodotte dal passare del tempo.

Secondo i ricercatori del Mit, l’intuizione degli antichi romani rappresenta uno spunto interessante, che potrebbe aiutare anche al giorno d’oggi a migliorare i nostri materiali di costruzione: l’utilizzo di calce viva, o composti con caratteristiche simili, potrebbe infatti rendere più duraturo il cemento, e avrebbe il beneficio ulteriore di rendere l’intero comparto edile meno inquinante, riducendo la necessità di rimpiazzare le costruzioni dopo pochi decenni di utilizzo.

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