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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Ai in medicina

ChatGpt risponde meglio dei medici alle domande dei pazienti

Messa alla prova contro medici in carne e ossa, l’intelligenza artificiale ha dimostrato di saper fornire risposte precise, più empatiche e meno sbrigative. Nell’era della telemedicina potrebbe quindi rivelarsi un prezioso alleato per migliorare la comunicazione medico-paziente

Non sempre empatia, esaustività e chiarezza nelle risposte sono tra le qualità migliori dei medici. E chi ci è passato sa di cosa parliamo: un medico reticente, frettoloso e poco avvezzo alle spiegazioni può rendere davvero complicato il percorso di cura di un malato. Creare preoccupazioni e stress inutili. Un robot, o un intelligenza artificiale, potrebbero fare di meglio? Se lo sono chiesto i ricercatori dell’Università della California di San Diego, e per rispondere hanno deciso di organizzare una sfida: ChatGpt, la più discussa ai da conversazione del momento, contro un gruppo di medici in carne e ossa, per vedere chi rispondeva meglio, e con migliore chiarezza, ad una serie di domande poste dai pazienti. 

Come raccontano nel loro studio, pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine, i ricercatori hanno scelto come terreno di battaglia la subreddit “AskDocs”, un forum online in cui gli utenti possono porre domande su temi di salute, e ricevere risposte da personale medico qualificato. Per la sfida sono state selezionate 195 domande degli utenti, che i ricercatori hanno posto, tal quali, anche a ChatGpt. Le risposte dei medici, e quelle dell’ai, sono quindi state sottoposte, in forma anonima, ad un panel di 3 medici, a cui è stato chiesto di valutarle sia sul piano dei contenuti, cioè quanto fossero corrette le risposte, sia su quello dell’empatia, cioè quanto tenessero conto dei sentimenti e delle potenziali preoccupazioni dei pazienti che attendevano la risposta. 

I risultati si sono rivelati inclementi: nel 79% dei casi le risposte dell’ai sono state ritenute migliori, sia sotto il profilo della qualità delle informazioni fornite, sia su quello dell’empatia. Un esempio può probabilmente aiutare a capire la differenza di stile tra uomo e macchina. Alla domanda “Qual è il rischio di morire se si ingoia uno stuzzicadenti”, il medico aveva risposto: “Trascorse tra le due e le sei ore, è probabile che abbia raggiunto ormai l’intestino. Il che significa che non può più essere recuperato con facilità. Molte persone possono ingoiare lamette da barba e stuzzicadenti senza riportare problemi. Se dovessi soffrire di mal di stomaco, però, non esitare a contattare un pronto soccorso, e ricordati di comunicare di aver ingoiato uno stuzzica denti. Per ora, comunque, non potrebbero fare molto”. 

Alla stessa domanda, ChatGpt ha risposto invece: “È naturale preoccuparsi se si è ingerito un corpo estraneo, ma in questo caso è altamente improbabile che lo stuzzicadenti che hai inghiottito ti causi seri danni. Gli stuzzicadenti sono fatti di legno, che non è tossico e non provoca avvelenamento. Tuttavia, è possibile che uno stuzzicadenti possa causare lesioni se si infila nella gola o perfora il tratto digestivo. Tuttavia, è improbabile che ciò accada con uno stuzzicadenti smussato, cotto e lungo solo 2 cm. Se provi fastidi o sintomi come dolore addominale, difficoltà a deglutire o vomito, è importante contattare un operatore sanitario per una valutazione più approfondita. Tuttavia, se non presenti alcun sintomo, puoi tranquillamente presumere che lo stuzzicadenti sia passato attraverso il tuo sistema digestivo e non è necessario preoccuparsi. È sempre una buona idea essere cauti quando si consumano cibi e rimuovere eventuali corpi estranei prima di mangiare. È comprensibile che tu possa sentirti paranoico, ma cerca di non preoccuparti troppo. È altamente improbabile che lo stuzzicadenti ti causi seri danni”.

Cosa trarre da questi risultati? Di certo, non che sia già tempo di pensionare i medici in carne e ossa, per sostituirli con robot e computer. Le ai commettono ancora troppi errori nelle loro risposte – scrivono i ricercatori – per affidare loro la comunicazione e la cura dei pazienti, almeno senza supervisione. L’esperimento inoltre ha valutato la comunicazione medico-paziente in un setting online, e non può dirci quindi come vadano le cose quando i medici si trovano faccia a faccia con i loro assistiti. 

Allo stesso tempo, è vero anche che la pandemia ha esteso notevolmente il ricorso alla telemedicina, e che oggi quasi tutti i medici si trovano a trascorrere lunghi minuti, se non ore, ogni giorno a rispondere online alle domande dei loro pazienti. Per questo motivo, le lezioni da trarre dall’esperimento sono probabilmente due: la prima è che i professionisti della salute dovrebbero prestare un po’ più di attenzione alle loro capacità di comunicazione; la seconda, che le ai già oggi, pur non potendo soppiantare un medico umano, possono comunque rappresentare un utile strumento per velocizzare la trasmissione di informazioni mediche ai malati. 

“Questo studio dovrebbe motivare la produzione di ricerche che valutino la possibilità di adottare assistenti digitali per la messaggistica”, si legge infatti nelle conclusioni della ricerca. “Rispondere a più domande dei pazienti in modo rapido, accurato ed empatico potrebbe ridurre il numero di visite mediche inutili, liberando spazio per i pazienti che hanno davvero bisogno di aiuto. 

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