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Sabato, 20 Aprile 2024
Catastrofi spaziali

Cosa succederebbe se una cometa di 9 chilometri si schiantasse davvero sul nostro pianeta?

In “Don’t look up” due scienziati che cercano di preparare il mondo all’arrivo di un’enorme cometa che potrebbe spazzare via la vita dal nostro pianeta. Si tratta di un film, naturalmente. Nella realtà come andrebbero le cose? E cosa potremmo fare per evitarlo?

“Don’t look up” è certamente uno dei film più attesi dell’anno. E nonostante qualche dubbiosull’effettiva riuscita dell’operazione, i risultati di botteghino (e gli spettatori che sta macinando su Netflix) confermano le aspettative. Non è un caso, ovviamente, perché gli ingredienti per il successo ci sono tutti: un cast stellare, una trama più che mai attuale, che con il suo messaggio – i vizi delle nostre società mettano a rischio il futuro del pianeta – esce proprio a ridosso della Cop26 e del rinnovato interesse per la lotta ai cambiamenti climatici. Nel film la catastrofe che incombe sulla Terra è però un’altra: un’enorme cometa pronta ad estinguere ogni forma di vita (che verrà individuata da due scienziati e darà il via alle vicende surreali narrate nella pellicola). Una minaccia terrificante, e fin troppo plausibile, visto che è stato proprio l’impatto di un enorme asteroide a terminare il dominio dei dinosauri sul nostro pianeta. Se qualcosa di simile dovesse ripetersi, cosa succederebbe alla nostra specie? Quando è probabile che accada, e cosa potremmo fare per impedire l’ecatombe?

Un impatto catastrofico

La meteora che incombe sulla Terra in “Don’t look up” ha un diametro di nove chilometri, e viene individuata dai due protagonisti, l’astrofisico Randal Mindy (Leonardo DiCaprio) e la dottoranda Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) quando dista sei mesi e 14 giorni dall’impatto con il nostro pianeta. Per dimensioni, è paragonabile all’asteroide che colpì la Terra 66 milioni di anni fa, portando all’estinzione i tre quarti delle forme di vita animali e vegetali. E se una catastrofe del genere dovesse ripetersi, il finale probabilmente non sarebbe molto diverso. Quando un corpo celeste di dimensioni più contenute entra nell’atmosfera terrestre, l’attrito dell’aria ne rallenta la corsa, ed erode buona parte della sua massa, limitandone fortemente la pericolosità. Per un asteroide di nove chilometri di diametro però la situazione è differente: è troppo grande per sentire realmente gli effetti della nostra atmosfera, e colpirebbe quindi la superficie del pianeta a piena velocità (in media gli asteroidi viaggiano a circa 30 chilometri al secondo) provocando un cataclisma di proporzioni planetarie.

Per prima cosa, ogni forma di vita nell’area dell’impatto verrebbe vaporizzata dal calore prodotto dall’attrito tra l’aria e il fronte dell’asteroide. Una volta raggiunto il suolo, l’asteroide verrebbe vaporizzato dall’energia liberata dall’impatto, insieme a una parte consistente della crosta terrestre, producendo un cratere largo centinaia di chilometri. Una mole enorme di detriti rocciosi verrebbe quindi sbalzata in aria: alcuni verrebbero sparati direttamente fuori dall’atmosfera terrestre, per rimanere in orbita attorno al nostro pianeta, altri ricadrebbero al suolo, provocando una pioggia di fuoco e lapilli che raggiungerebbe ogni angolo del globo, riscaldando l’atmosfera e provocando incendi e devastazioni su scala planetaria. Per chiunque si trovasse sulla superficie, significherebbe la morte. Ma anche se qualcuno riuscisse a raggiungere un nascondiglio sotterraneo, i problemi sarebbero appena all’inizio: polveri e fumi provocati dagli incendi e dall’impatto rimarrebbero nell’atmosfera bloccando il passaggio della luce del Sole per oltre un anno, abbassando drasticamente le temperature del pianeta, e uccidendo ogni forma di vita, come le piante, basata sulla fotosintesi. Gli ipotetici sopravvissuti si troverebbero quindi a vivere in un mondo molto diverso da quello a cui siamo abituati, praticamente privo di fonti di cibo, e con un’atmosfera resa tossica dalle esalazioni degli incendi e dalle sostanze liberate dall’impatto.

Quanto è probabile?

Fortunatamente eventi del genere sono estremamente rari. Si calcola che accadano ogni 50-100 milioni di anni, a attualmente non sembra essercene nessuno all’orizzonte.  Negli scorsi anni la Nasa ha mappato oltre il 90% dei cosiddetti oggetti Near Earth (asteroidi e comete che orbitano nel Sistema Solare e hanno un’orbita che potrebbe intersecare quella del nostro pianeta) di diametro superiore a un chilometro, e stando alle loro analisi non esistono rischi plausibili almeno per i prossimi 100 anni. Attualmente, gli sforzi della comunità scientifica sono quindi dedicati principalmente a identificare e mappare gli oggetti di dimensioni più contenute, molto più abbondanti e difficili da individuare. Se un asteroide con un diametro di 35 metri non comporta rischi per la nostra specie, può comunque causare un’ecatombe se precipita su una città o un’area densamente abitata, e conoscere per tempo la data dell’impatto permetterebbe di evacuare la popolazione ed evitare una potenziale catastrofe.

Cosa potremmo fare?

Gli esperti ritengono che gli attuali sistemi di monitoraggio spaziale ci fornirebbero almeno una 50ina di anni di preavviso, nel caso in cui un asteroide o una cometa abbastanza grande da distruggere la vita sul nostro pianeta dovessero entrare in rotta di collisione con la Terra. Abbastanza per cercare di trovare una soluzione, distruggendo la minaccia prima che raggiunga il nostro pianeta, o almeno modificandone la rotta in modo da scongiurare la collisione. Non che sia semplice, ovviamente, ed è per questo che Nasa ed Esa sono già al lavoro per testare le tecnologie che un giorno potrebbero difendere la Terra dai pericoli provenienti dallo spazio. Proprio lo scorso 24 novembre è stata lanciata la missione Dart (Double Asteroid Redirection Test), che vuole testare sul campo la possibilità di deviare la traiettoria di un asteroide colpendolo con un oggetto lanciato dalla Terra. L’oggetto in questione è una sonda, che raggiungerà l’asteroide Dydimos (780 metri di diametro) nell’autunno del 2022, e si schianterà contro la luna che vi orbita attorno, Dimorphos, per tentare di modificare con l’impatto la traiettoria di queste due enormi pietre spaziali. Che la missione si riveli, o meno, un successo, permetterà di raccogliere dati importantissimi per lo sviluppo di un concreto programma di difesa spaziale. Che ci permetta di sperare in un finale un po’ meno deprimente di quello di “Don’t look up”, se mai un qualche gigantesco asteroide deciderà davvero di dirigersi nella nostra direzione.

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