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Giovedì, 25 Aprile 2024
I pericoli del freddo

Potremmo sopravvivere ad un inverno senza termosifoni?

Se non potessimo accendere i riscaldamenti nelle nostre case, sperimenteremmo una temperatura di 10 gradi, che sarebbe sufficientemente bassa per causare cambiamenti significativi nel corpo umano e rappresentare un concreto rischio per la salute

I pronostici autunnali, almeno per ora, non si sono concretizzati. La guerra, le sanzioni e le reazioni russe non ci hanno costretto ad un drastico razionamento del gas. E in questi mesi invernali i nostri termosifoni, fortunatamente, sono rimasti accesi (anche se forse un po’ meno di quanto avremmo voluto). Cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate peggio? A raccontarcelo è il giornalista inglese James Gallagher, che qualche mese fa ha deciso di documentare per la Bbc un curioso esperimento a cui ha partecipato in prima persona nei laboratori della University of South Wales, dove è stato sottoposto a una temperatura di 10 gradi per 30 lunghi minuti, mentre un team di scienziati analizzava le reazioni fisiologiche del suo corpo organismo.

Come spiega Gallagher nell’articolo, la temperatura scelta per l’esperimento non era casuale: è infatti quella che avremmo in inverno nelle nostre case se non potessimo accende i riscaldamenti, vuoi per un ipotetico razionamento (fino ad ora fortunatamente scongiurato), voi per colpa delle bollette impazzite, che avrebbero potuto costringere le fasce più povere della popolazione a fare a meno del riscaldamento. E se pensate che 10 gradi non siano poi così pochi, è il caso di ricredervi: come ha scoperto a sue spese il giornalista inglese, è una temperatura più che sufficiente per provocare cambiamenti drastici nel corpo umano, che possono comportare rischi concreti per la salute.

Ma veniamo all’esperimento. Nella speciale camera climatica della University of South Wales Gallagher è stato collegato a una miriade di sensori, pensati per monitorare praticamente ogni sua funzione vitale: dall’afflusso di sangue al cervello, alla composizione dell’aria che espirava, fino alle risposte dei muscoli e dei suoi organi interni. Vestito solo con una camicia e dei pantaloni corti è stato fatto quindi sedere all’interno della stanza, mentre la temperatura veniva fatta scendere, lentamente, ben al di sotto dei 21 gradi che lo avevano accolto inizialmente. In breve tempo, racconta, sono iniziati i primi cambiamenti. A 18 gradi il giornalista ricorda di aver smesso di sudare, e di aver avvertito i peli delle braccia rizzarsi, nel tentativo di isolar termicamente il corpo.

“La scienza ci dice che 18 gradi sono un primo tipping point – si è sentito spiegare Gallagher dagli scienziati che monitoravano le sue reazioni fisiologiche – perché è a questo punto che il corpo inizia a difendere la propria temperatura interna”.

Quando il nostro organismo inizia a provare freddo, infatti, entrano in gioco tutta una serie di meccanismi che puntano a mantenere intorno ai 37 gradi la temperatura degli organi interni, fondamentali per la nostra sopravvivenza, a spese di tessuti e organi meno importanti. È per questo che le estremità, come le dita delle mani o il naso, iniziano presto a perdere colore e farsi fredde, per effetto della della vasocostrizione che blocca l’afflusso di sangue, e lo dirotta verso le aree interno dell’organismo che devono essere mantenute al caldo ad ogni costo.

Arrivati a 11 gradi e mezzo – ricorda Gallagher – sono iniziati i primi brividi, che in realtà rappresentano un tentativo del corpo di generare un po’ di calore, attraverso il movimento involontario dei muscoli. A 10 gradi, infine, tutti i cambiamenti che subisce l’organismo umano quando viene esposto al freddo erano perfettamente visibili sugli apparecchi degli scienziati: la frequenza del respiro del giornalista era aumentata da 9 a 12 respiri al minuto, la pressione arteriosa era salita, così come il suo ritmo cardiaco, passato da 55 pulsazioni al minuto a circa 65, mentre l’afflusso di sangue al cervello era diminuito del 20%.

Il suo corpo era freneticamente al lavoro per mantenere costante la temperatura interna – hanno spiegato gli scienziati – e gli effetti, anche ad appena 10 gradi, possono risultare dannosi per la salute, soprattutto in persone anziane e fragili. I cambiamenti che abbiamo elencato, infatti, sono tutti fattori di rischio per l’insorgenza di problemi cardiovascolari, come infarti e ictus. Che non a caso si fanno più comuni nei mesi freddi. Un ridotto afflusso di sangue al cervello diminuisce inoltre l’apporto di ossigeno e di glucosio, il carburante delle cellule. E di conseguenza al freddo si sperimenta una riduzione della prontezza e l’agilità mentale: nel suo articolo il giornalista ricorda lo stupore provato rendendosi conto di impiegare molto più tempo del normale a portare a termine un banale test cognitivo, che consisteva semplicemente nel riordinare delle figure in base alla loro forma geometrica.

Cosa possiamo imparare dall’esperienza di Gallagher? Innanzitutto, che il freddo fa male. In particolare, ovviamente, per anziani, bambini, e persone con una salute già compromessa da malattie croniche e altri disturbi. Le ondate di gelo, ricordano infatti i ricercatori della University of South Wales, uccidono ogni anno molto più di quelle di caldo intenso. La temperatura ideale, in inverno, si aggira come dicevamo intorno ai 18 gradi. E se per qualunque motivo si è costretti a trascorrere molto tempo a temperature inferiori, è il caso di fare i giusti preparativi, un po’ come quando si fa una gita in montagna: vestiti caldi, soprattutto guanti e calzini, qualche caloria in più nella dieta, ed evitare troppe attività sedentarie, per scaldarsi un po’ con del sano movimento. Con la speranza, ovviamente, che si tratti di una lezione che non dovremo mai mettere in pratica, almeno dentro le nostre case.

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