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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cosa dice la scienza

Perché alcune persone non hanno mai preso il covid

Le risposte sui "mancati contagi" potrebbero aiutare a proteggere tutti

Dopo più di due anni di pandemia Covid-19 ci sono persone che sono riuscite ad evitare il contagio: non si sono infettate anche vivendo insieme in casa, a stretto contatto, con parenti contagiati. "Sono una delle persone fortunate che non è ancora risultata positiva al covid. Questo nonostante il fatto che lavoro a contatto con Sars-CoV-2 per la mia attività di ricercatrice, insegno in presenza all'università e ho figli in età scolare". A parlare è la dottoressa Zania Stamataki, docente e ricercatrice senior in immunologia virale all'università di Birmingham, nell'Inghilterra centrale. Perché, come lei, alcune persone non hanno mai preso il covid? Non si tratta ovviamente di un miracolo, c'è una spiegazione scientifica. E le risposte potrebbero aiutare a proteggerci tutti, soprattutto perché lo studio dei sistemi immunitari potrebbe portare a vaccini migliori, capaci di colpire le parti più "stabili" del virus, quelle che non cambiano nel tempo.

L'infezione abortiva grazie alle cellule T

Le spiegazioni dei "mancati contagi" sono molteplici, a partire da quella più semplice e banale, secondo cui la persona in questione non è mai entrata in contatto con il virus. C'è poi il caso di una persona che ha contratto il covid senza sviluppare alcun sintomo, magari all'inizio della pandemia e prima dell'arrivo dei vaccini: in tal modo avrebbe già sviluppato degli anticorpi, senza magari nemmeno saperlo. Un altro caso è quello di chi è effettivamente entrato in contatto con il coronavirus, ma questo è stato eliminato dal corpo in modo rapido prima di sviluppare l'infezione da Covid-19. Si tratta della cosiddetta infezione abortiva.

Di cosa parliamo? Uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Nature parla dell'esistenza di "un'immunità abortiva", ovvero la capacità che avrebbero alcune persone di "riconoscere" l'infezione da Sars-CoV-2 ed eliminarla prima ancora che un test molecolare possa rivelare la positività. In parole povere, il virus entra nel corpo, ma viene subito "abortito" dall'organismo grazie alla risposta immunitaria sviluppata dalle cellule T (i linfociti responsabili della risposta cellulare al virus).

Lo studio in questione ha preso in considerazione persone particolarmente esposte al virus, ovvero gli operatori sanitari nella prima ondata di covid nel Regno Unito. Perché, malgrado la persistente vicinanza col virus, molti di loro non solo non si sono ammalati, ma non hanno neppure sviluppato la positività? La risposta, secondo i ricercatori, sarebbe proprio nelle cellule T già sviluppate in precedenza, capaci di riconosce il coronavirus e di produrre una risposta anticorpale in grado di "espellere" il virus. Gli esami del sangue hanno rilevato in questi soggetti una dose elevata di linfociti T, più di quanti ne mostrassero in campioni di sangue raccolti prima della pandemia e più di quanti ne avessero persone mai esposte al virus. Per questo gli studiosi hanno ipotizzato che avessero conservato cellule T di memoria.

"Quello che non sapevamo è se questi individui sono davvero riusciti a evitare il virus o se lo hanno eliminato naturalmente prima che fosse rilevabile", ha spiegato Leo Swadling, immunologo dell'University college di Londra e primo firmatario dello studio. Gli individui con potenziale esposizione a Sars-CoV-2, si legge nella ricerca pubblicata su Nature, non sviluppano necessariamente la positività a un tampone o quella anticorpale, suggerendo l'ipotesi che "possano eliminare l'infezione prima della sieroconversione".

Ad influire in questo processo di interruzione dell'infezione sarebbero le cellule T di memoria, ereditate in alcune persone da precedenti infezioni da coronavirus (ad esempio un normale raffreddore), e quindi già presenti nell'organismo prima della pandemia. "L'esposizione al raffreddore comune - ha spiegato il ricercatore - potrebbe aver dato a questi individui un vantaggio contro il virus, facendo pendere la bilancia a favore del loro sistema immunitario che ha eliminato il virus prima che iniziasse a replicarsi".

Quelli che resistono al virus

In sostanza, secondo la scienza coloro che eliminano il virus rapidamente sono persone che hanno anticorpi preesistenti e cellule immunitarie della memoria che riconoscono Sars-CoV-2. Gli esperti credono che possa trattarsi di cellule T di memoria cosiddette "cross-reattive", generate in precedenza per combattere coronavirus simili. D'altronde, ci sono prove di una maggiore prevalenza di infezioni da coronavirus endemiche nei giovani e di una ridotta presenza di cellule T cross-reattive negli anziani.

Alcune persone non hanno mai preso il covid anche perché, sempre secondo gli esperti, il sistema immunitario agisce in modo differente da un individuo all'altro. Perché il virus possa infettare, la proteina spike sulla sua superficie deve aderire a proteine specifiche sulle cellule bersaglio, come la proteina "Ace2". È possibile che le persone resistenti alle infezioni abbiano livelli di Ace2 diversi rispetto ad altre. E che alcune persone abbiano rari tipi di Ace2 a cui il coronavirus non può aderire.

La scienza sta ancora indagando per fare ulteriore chiarezza sulle cause della "resistenza" al virus, ma va rimarcato che Sars-CoV-2 in questi due anni è mutato spesso, con le varianti che di volta in volta sono diventate predominanti: aver affrontato senza problemi un'infezione non garantisce l'immunità da una variante successiva, e anche i sintomi cambiano.

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