C’è una cura promettente contro Covid-19
La combinazione di baricitinib, un farmaco antinfiammatorio, e dell'antivirale remdesivir si sarebbe dimostrata efficace nel ridurre i tempi di guarigione dei pazienti più gravi
Una nuova speranza contro Covid-19? Secondo uno studio pubblicato sul 'New England Journal of Medicine' e sostenuto dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid), diretto da Anthony Fauci, la combinazione di baricitinib, un farmaco antinfiammatorio, e dell'antivirale remdesivir avrebbe ridotto il tempo di guarigione delle persone ricoverate in ospedale con Covid-19. In particolare il “cocktail” dei due farmaci sarebbe risultato abbastanza efficace nei pazienti che richiedevano ossigeno ad alto flusso o ventilazione non invasiva il cui tempo di recupero è stato di 10 giorni nei pazienti sottoposti alla terapia e di 18 giorni nel gruppo di controllo.
Covid: la cura a base di baricitinib e remdesivir
Il tempo mediano di recupero nei pazienti ospedalizzati è stato invece pari a 7 giorni per i pazienti che hanno assunto i due farmaci e di 8 giorni per chi ha ricevuto il placebo. La mortalità a 28 giorni è stata del 5,1% nel gruppo che ha ricevuto il trattamento e del 7,8% nel gruppo di controllo. Gli autori dello studio hanno osservato che il trattamento a base di baricitinib e remdesivir è stato associato a un minor numero di eventi avversi gravi. Insomma, c’è di che sperare. Anche se, come sempre, serve molta cautela. Lo studio è stato condotto
Il Remdesivir è un trattamento antivirale ad ampio spettro sviluppato da Gilead Sciences, e al centro di numerose sperimentazioni contro Covid. Baricitinib è stato scoperto da Incyte e concesso in licenza a Eli Lilly and Company, approvato come trattamento per adulti con artrite reumatoide attiva da moderatamente a grave. I ricercatori hanno ipotizzato che, poiché molti sintomi gravi di Covid-19 sono causati da una risposta infiammatoria sregolata, una terapia progettata per colpire proprio l'infiammazione potesse essere utile ai pazienti. I risultati principali di questo studio sono stati annunciati per la prima volta a settembre. E pochi giorni fa è arrivata la pubblicazione sul 'New England Journal of Medicine', una delle riviste più autorevoli in campo medico.