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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cosa funziona e cosa no

Tutti i farmaci e le cure anti Covid che funzionano davvero

Le terapie e i medicinali per prevenire il contagio e curare l'infezione approvati dalle agenzie del farmaco competenti. E quelli inutili e dannosi, spesso citati da chi vuole sminuire il ruolo dei vaccini

Non solo vaccini. Oltre all'arma più efficace per combattere Covid-19, la comunità scientifica ha cercato e trovato farmaci per prevenire il contagio ma anche per curare l'infezione. Dagli anticorpi monoclonali alle cure domiciliari, dopo la necessaria sperimentazione per valutarne sicurezza, qualità ed efficacia, terapie specifiche e medicinali sono stati approvati dalle autorità sanitarie del farmaco competenti, l'europea Ema e l'italiana Aifa. È un tema delicato quello delle cure anti Covid, soprattutto perché spesso viene strumentalizzato da chi ha posizioni no vax e vuole sminuire il ruolo fondamentale dei vaccini, proponendo fake news su pseudo terapie non autorizzate dagli organi competenti, con il rischio concreto di creare danni per i pazienti.

Vaccini a parte, la speranza resta quella di trovare una cura adeguata soprattutto per chi purtroppo necessita ancora di un ricovero. Ecco perché Ema e Aifa hanno redatto dossier specifici sui farmaci curativi contro il coronavirus, dividendoli in "certificati", "in via di revisione" e "non certificati" o "dannosi". Vediamo quali sono i farmaci e le cure anti Covid extra vaccino che funzionano davvero, secondo la scienza.

Cure domiciliari e cure in ospedale

Al momento per curare le infezioni da Covid ci sono due linee di terapia: a casa o in ospedale. Le cure domiciliari vengono riservate ai pazienti che non richiedono ossigenoterapia, che può essere somministrata solo in ospedale previo ricovero. A casa si possono monitorare i parametri vitali e le condizioni cliniche del paziente, ad esempio misurando la saturazione di ossigeno. I farmaci che possono essere somministrati durante le cure domiciliari sono paracetamolo o antinfiammatori non steroidei (i cosiddetti Fans).

In caso di ospedalizzazione o ricovero presso un centro specializzato, invece, oltre all'ossigenoterapia possono essere somministrati anticorpi monoclonali, corticosteroidi (o cortisonici, farmaci antinfiammatori) ed eparina (un principio attivo anticoagulante, iniettabile, in grado di rallentare o interrompere il processo di coagulazione del sangue scongiurando le trombosi che colpiscono alcuni pazienti). Tutti devono essere somministrati sotto stretto controllo medico. Nessuno di essi salverà il mondo dal Covid, ma alle giuste dosi e per i pazienti giusti possono dare una mano nella cura della malattia, secondo gli esperti.

Gli anticorpi monoclonali -  farmaci diretti specificamente contro il virus - vanno somministrati nelle prime fasi della malattia, per via endovenosa, e sono indicati in particolare per i pazienti a rischio di forme gravi (cardiopatici, diabetici, ipertesi o soggetti fragili in generale). Allo stato attuale, gli anticorpi monoclonali che hanno ricevuto il via libera dall'Aifa sono il mix bamlanivimab e etesevimab (Eli-Lilly), casirivimab e imdevimab (Regeneron/Roche) e sotrovimab di GlaxoSmithKline. L'11 novembre l'Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha anche espresso un parere positivo su due trattamenti ulteriori: Ronapreve (casirivimab/imdevimab) e Regkirona (regdanvimab), identificati come terapie promettenti nell'ambito della strategia dell'Ue sulla lotta al Covid-19. Entrambi sono trattamenti da utilizzare durante le prime fasi dell'infezione e a base di anticorpi monoclonali antivirali. Si tratta di proteine ​​progettate per agganciarsi ad un bersaglio specifico, in questo caso la proteina spike del virus Sars-CoV-2, che il virus utilizza per entrare nelle cellule umane.

La pillola anti Covid di Merck

E veniamo alla prima pillola indicata per il trattamento del Covid, registrata a inizio ottobre 2021 dal colosso Merck Sharp & Dohme in partnership con Ridgeback Biotherapeutics. Si tratta dell'antivirale molnupiravir, la cosiddetta "pillola Merck", da prendere per via orale. L'azienda ha chiesto l'autorizzazione di emergenza negli Stati Uniti e "l'immissione in commercio ad altre agenzie regolatorie a livello mondiale". Come funziona? Secondo lo studio clinico di fase 3, il medicinale, se somministrato nelle fasi iniziali dell'infezione, permetterebbe di dimezzare il rischio di ricoveri e decessi in pazienti adulti a rischio e che presentano Covid-19 in forma lieve o moderata.

Il farmaco va preso per cinque giorni, quattro compresse al giorno, senza bisogno di ospedalizzazione o somministrazione sotto la sorveglianza medica. Sembra essere molto efficace se somministrato nelle prime fasi dell'infezione, entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi. Il 4 novembre scorso, l'agenzia del farmaco britannica (Mhra) ha approvato il molnupiravir. Potrà essere prescritto a chi, positivo al Covid, ha almeno un fattore di rischio legato a un possibile contagio grave. In Italia, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli ha annunciato che "è stato chiesto il dossier da Aifa per avere a disposizione anche questa arma delle dosi di molnupiravir". A fronte dell'aumento dei contagi nell'Unione europea, l'Agenzia europea dei medicinali è pronta ad accelerare le procedure per il via libera.

I farmaci off-label e la plasmaterapia

In questi mesi di pandemia, l'Agenzia italiana del farmaco ha approvato diverse sperimentazioni cliniche per verificare l'efficacia di farmaci cosiddetti off-label, cioè già usati per altre patologie, anche per contrastare Covid-19. Per fornire informazioni aggiornate sui farmaci utilizzati, Aifa ha creato un sito con schede aggiornate per rendere espliciti gli indirizzi terapeutici entro cui è possibile prevedere un uso controllato e sicuro dei farmaci. Fino ad oggi sono state 71 le sperimentazioni cliniche sui farmaci anti Covid in Italia. Tra questi farmaci ci sono tocilizumab, idrossiclorochina, colchicina, azitromicina, ivermectina e la plasmaterapia, basata sul prelievo di anticorpi da pazienti convalescenti. Non tutti, però, hanno dato i risultati sperati.

La terapia col plasma convalescente nei pazienti che hanno sviluppato il Covid non ha dato gli esiti attesi, secondo uno studio clinico chiamato "Tsunami", promosso da Iss e Aifa e coordinato dall'Istituto superiore di sanità. Lo studio ha confrontato l'effetto del plasma convalescente ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti, associato alla terapia standard, rispetto alla sola terapia standard in pazienti con Covid-19 e polmonite con compromissione ventilatoria da lieve a moderata. Hanno partecipato allo studio 27 centri clinici distribuiti in tutto il territorio nazionale, con 487 pazienti coinvolti. Le caratteristiche demografiche, le comorbidità esistenti e le terapie concomitanti sono risultate simili nei due gruppi di pazienti, 241 assegnati al trattamento con plasma e terapia standard e 246 alla sola terapia standard. Nel complesso, non è stato evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni.

Tocilizumab, invece, è un farmaco tradizionalmente usato per le artriti ed è efficace contro il Covid. Può essere usato per pazienti ospedalizzati con condizioni cliniche che peggiorano rapidamente. Il suo utilizzo si giustifica con la capacità di bloccare la produzione di interleuchina-6, impedendo gli effetti dell'attivazione della "cascata infiammatoria" provocata dal Covid, come abbiamo spiegato qui. Oggi questo farmaco è molto più di una terapia incoraggiante in fase di sperimentazione, tanto che l'Organizzazione mondiale della Sanità lo ha raccomandato per i malati in condizioni gravi (insieme al Sarilumab, anch'esso usato per il trattamento dell'artrite reumatoide). Si tratta dei primi medicinali rivelatisi efficaci contro il covid, dopo i corticosteroidi (o cortisonici, farmaci antinfiammatori) raccomandati dall'Oms lo scorso settembre. Il "Toci" ha effetti positivi sulle gravi conseguenze respiratorie che hanno alcuni tra coloro che contraggono il coronavirus e agisce bloccando l'eccessiva reazione immunitaria che spesso si sviluppa nei malati. Si hanno 15 morti in meno ogni mille pazienti e 23 pazienti in meno intubati, secondo i risultati di ventisette studi clinici.

I farmaci inutili o non raccomandati

Il Remdesivir, invece, è il primo farmaco antivirale ad avere ottenuto l'autorizzazione dall'Ema per il trattamento del Covid. Alla luce dei recenti studi, può essere utilizzato esclusivamente in casi selezionati poiché i dati non sono concordanti né dimostrano un chiaro beneficio, e comunque esclusivamente in contesto ospedaliero. Un capitolo a parte è quello dei farmaci non raccomandati o inutili. L'Aifa non raccomanda l'uso del farmaco antireumatico idrossiclorochina nei pazienti con Covid, né ritiene utile autorizzare nuovi studi clinici nei pazienti ricoverati. Le evidenze scientifiche che si sono accumulate nell'uso terapeutico dell'idrossiclorochina dimostrano "la completa mancanza di efficacia e, di contro, un aumento dei casi avversi e quindi dannosi".

Altri studi hanno dimostrato invece che alcuni farmaci non servono contro il Covid. È il caso di anti-Hiv, la colchicina e l'ivermectina (un antiparassitario). Negli Stati Uniti questi farmaci hanno intossicato vari pazienti che li hanno utilizzati senza consulto medico. Anche il parvulan, un farmaco per il trattamento dell'acne registrato in Brasile, non autorizzato in Italia, non è raccomandato per via della sua inutilità. L'utilizzo di vitamina D, lattoferrina, quercetina e altri integratori alimentari non è raccomandato per inefficacia terapeutica.
 

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