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Venerdì, 19 Aprile 2024
L'origine della cucina

Gli ominidi usavano il fuoco in cucina già 780mila anni fa, prima che comparisse l'uomo

La scoperta in un sito paleontologico israeliano riscrive la storia e sposta indietro di circa 600 mila anni l'inizio della cottura dei cibi. Ancor prima, quindi, che la nostra specie facesse la sua comparsa sulla Terra

La più vecchia ricetta del mondo? Carpa alla brace. È questo infatti il più antico cibo cucinato di cui siano mai state scoperte le tracce: pesci di acqua dolce di quasi due metri, cotti sapientemente in un focolare oltre 780mila anni fa dai lontani antenati della nostra specie. Un ritrovamento rivoluzionario portato alla luce nel sito archeologico di Gesher Benot Ya'aqov, in Israele, che sposta indietro di circa 600mila anni le prove disponibili sull’utilizzo del fuoco in cucina da parte del genere Homo (la linea di ominidi da cui si è evoluto l'Homo sapiens). La scoperta è stata descritta da un team di ricercatori israeliani, inglesi e tedeschi, sulle pagine di Nature Ecology&Evolution

Nonostante la sua importanza per lo sviluppo della nostra specie, in effetti, ancora oggi non è chiaro quando, e come, il fuoco sia stato domato dai nostri antenati. Le prove più convincenti di un suo utilizzo consapevole, almeno in cucina, risalgono ad esempio ad appena 170mila anni fa, e sono state portate alla luce in aree abitate dai sapiens e da Neanderthal. Alcuni esperti però sospettano che cucinare i cibi sia un'abitudine molto più antica: la cottura rende infatti i cibi più nutrienti e più digeribili, e la sua diffusione, soprattutto nel caso della cottura del pesce, aiuterebbe a spiegare (almeno in qualche misura) la traiettoria evolutiva che ha dotato gli antichi ominidi di facoltà cognitive più potenti e tratti morfologici meno adatti alla masticazione di alimenti crudi, trasformandoli, nell'arco di centinaia di migliaia di anni, negli antenati della nostra specie. 

Qualche indizio paleontologico suggerisce in effetti che già l'Homo erectus (il primo ominide con un cervello di dimensioni considerevoli) utilizzasse il fuoco per la cottura, circa un milione e mezzo di anni fa. Si tratta però di indizi controversi, perché non è facile distinguere antichi resti di cibo cucinato da quelli di alimenti semplicemente bruciati, magari per disfarsi dei rifiuti gettandoli nel fuoco. Per superare questi problemi, gli autori del nuovo studio hanno utilizzato una strategia innovativa, che combina le tecniche della paleontologia con quelle dell'analisi forense. 

La ricerca si è concentrata su degli antichi denti di pesce rinvenuti nel sito archeologico di Gesher Benot Ya'aqov, di cui è stato analizzato, in particolare, lo smalto. La dimensione dei cristalli che compongono lo smalto dei denti cambia infatti quando vengono esposti a temperature elevate. E grazie alle loro analisi gli autori dello studio hanno potuto confermare che circa 780mila anni fa i pesci in questione sono stati esposti a temperature comprese tra i 200 e i 500 gradi centigradi. Compatibili, quindi, con una cottura controllata e indiretta, e non con un'esposizione diretta alle fiamme vive, che avrebbero sperimentato se fossero stati gettati nel fuoco semplicemente per disfarsi degli avanzi. 

Secondo i ricercatori, si tratta di una prova convincente: 780mila anni fa i pesci venivano catturati e cucinati da una fiorente comunità di ominidi che abitava la zona di  Gesher Benot Ya'aqov. Non si trattava di sapiens, ma con ogni probabilità di esemplari della specie Homo heidelbergensis, antichi antenati della nostra specie e dei Neandethal (le parentele in questo caso non sono ancora chiarissime). Se confermata, si tratterebbe di una scoperta di particolare importanza: potrebbe dimostrare infatti che l'utilizzo del fuoco in cucina è molto antico, e che l'Homo sapiens ha ereditato questa abitudine dai suoi predecessori. 

“Le specie presenti nel sito includono barbi giganti, simili alle carpe, che raggiungono i due metri di lunghezza”, spiega Irit Zohar, ricercatore dello Steinhardt Museum of Natural History dell'Università di Tel Aviv che ha partecipato allo studio. “La grande quantità di resti di pesce presenti nel sito dimostrano che venivano consumati frequentemente dagli ominidi, e che questi dovevano aver sviluppato tecniche particolari per la loro cottura”. 

La transizione tra consumo di cibo crudo e cottura degli alimenti – sottolinea Zohar – è stata probabilmente fondamentale per lo sviluppo della nostra specie. Gli alimenti crudi, lo dicevamo, richiedono infatti molta più energia per essere digeriti, e la cottura potrebbe quindi aver liberato gli antenati dell'Homo sapiens dalla necessità di cercare continuamente cibo con cui sostenere il proprio metabolismo. Garantendo più tempo libero con cui sviluppare e approfondire le proprie capacità sociali, e probabilmente anche una spinta evolutiva allo sviluppo delle capacità cognitive superiori della nostra specie. I resti di pesce di 780mila anni fa descritti nello studio, insomma, potrebbero essere una testimonianza incredibile dei primi passi con cui i nostri antenati hanno dato origine alla rivoluzione evolutiva che ha portato alla nascita della specie umana. Una rivoluzione che, almeno in parte, potrebbe essere iniziata anche in cucina. 

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