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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Nuove fonti di energia

Gas idrati: nuova fonte di energia o un pericolo per l’ambiente? Facciamo chiarezza

Si trovano nelle profondità marine e al di sotto del permafrost, e contengono più carbonio organico di quello estraibile da tutte le altre fonti fossili. Per estrarli non mancano i pericoli. Ma uno studio italiano punta a renderli una fonte energetica a impatto zero

Il tema è più che mai controverso. Gli idrati di gas naturale sono composti che contengono molecole di metano, simili a ghiaccio sporco e presenti in grande abbondanza sui fondali marini e nel permafrost delle regioni più settentrionali. Potrebbero rivelarsi una risorsa preziosa, in un periodo in cui l’impennata dei prezzi del gas e la transizione ecologica spingono alla ricerca di nuove fonti di energia. Ma estrarli è pericoloso, e in caso di incidenti le conseguenze per l’ambiente sono potenzialmente catastrofiche. Un programma di ricerca italiano, portato avanti dall’Università di Perugia e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs), potrebbe avere la soluzione: rendere sicuro e sostenibile il loro utilizzo, estraendo il metano dai giacimenti dagli idrati di gas naturale e sostituendolo, allo stesso tempo, con anidride carbonica, così da rendere completamente carbon neutral questa fonte energetica. Abbiamo chiesto a Michela Giustiniani, ricercatrice dell’Ogs che è intervenuta in questi giorni sul tema nel corso del Triest Next-Festival della Ricerca Scientifica, di raccontarci opportunità e rischi degli idrati di gas naturale.

Dottoressa Giustiniani, cosa sono questi composti e dove si possono trovare?
“Gli idrati di gas naturale sono dei composti solidi, composti da acqua e da gas naturale. Si formano in condizioni di bassa temperatura e di bassa pressione, ovviamente in presenza di un'adeguata concentrazione di gas, proveniente per lo più da processi biogenici, cioè dalla decomposizione di sostanze organiche. Sono stati trovati nel sottofondo marino a tutte le latitudini, e anche sotto il permafrost, nelle zone fredde. In mare solitamente si trovano tra i 400 e i 4mila metri di profondità, all'interno dei sedimenti presenti sul fondale. Questo substrato poroso ha degli spazi al suo interno, dove è presente l'acqua. Se hai la giusta pressione data dalla profondità, la temperatura adeguata e anche il gas ovviamente, l'acqua è come se ghiacciasse, perché assume la struttura cristallina del ghiaccio, ma all'interno intrappola le molecole di gas, che gli donano stabilità. Possiamo immaginarli un po' come un ghiaccio sporco, perché la struttura è quella del cristallo di ghiaccio che contiene però al suo interno del gas. Sono stabili a certe profondità e a certe temperature, e quando li portiamo in superficie si dissociano e liberano i gas – ad esempio il metano – intrappolato al loro interno.”

Cosa li rende tanto interessanti come risorsa energetica?
“Beh senz'altro la loro abbondanza: si stima che il carbonio organico stoccato nei gas idrati sia il doppio di quello estraibili da tutte le altre fonti fossili disponibili. A frenarne l'utilizzo però sono le difficoltà che si incontrano nell'estrazione, perché possono dissociarsi facilmente con la variazione delle condizioni al contorno, pressione e temperatura, e in caso di errori o incidenti il rischio è quello di liberare nell'atmosfera enormi quantità di metano, che è un gas serra molto potente, con effetti anche più dannosi della CO2, almeno sul breve periodo. Al di sotto del permafrost lo sfruttamento è più facile, perché spesso si trovano in concomitanza di reservoir di gas, e quindi ci si trova spesso con le infrastrutture necessarie già presenti. Nel mare la colonna d'acqua al di sopra dei giacimenti è un problema complesso da affrontare, e non essendo presenti altri giacimenti mancano anche le infrastrutture, che vanno progettate e realizzate da zero. Un altro problema è che per estrarli bisogna farli dissociare, e questo modifica le caratteristiche del fondale, perché gli idrati di gas naturale stando all'interno del sedimento lo rendono più rigido e gli donano particolari caratteristiche. Per estrarli vengono fatti dissociare, utilizzando diverse tecniche, e il terreno perde stabilità: possono innescarsi frane e smottamenti, e ovviamente si compromette anche l'ecosistema marino dell'area di estrazione. Paesi come la Cina e il Giappone, che non hanno altre risorse, hanno comunque investito tantissimo in questo campo, e ormai gli impianti sono già in fase test.”

Con Ogs e l'Università di Perugia state lavorando a un progetto che potrebbe rendere ancora più sostenibile il loro sfruttamento. Può raccontarcelo?
“Il progetto, di cui abbiamo parlato a Trieste Next, si chiama ‘Estrazione di metano e sequestro dell’anidride carbonica nei giacimenti di idrati di gas naturale’, è finanziato dal MIUR e il capofila del progetto è l’Università degli Studi di Perugia, affiancata come partner dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale, dal Politecnico di Torino, dall'Università di Camerino e da quella di Ferrara. Gli idrati ovviamente non esistono solamente di metano, possono formarsi con diversi tipi di gas, come l'anidride carbonica. L'idea è quella di estrarre il metano dai depositi di gas idrati, e di sostituirlo però con la CO2, rendendoli in questo modo una fonte energetica a impatto zero, perché si controbilanciano i gas serra prodotti dalla combustione del metano con quelli sequestrati dall'atmosfera e stoccati nei depositi sottomarini. Gli studi per ora sono all'inizio, si lavora ancora nei laboratori diciamo, ma con un po' di fortuna la ricerca potrebbe aiutare a rendere maggiormente sostenibile questa fonte energetica che altrove, come in oriente, sono praticamente pronti ad utilizzare.”

In Europa invece a che punto siamo?
"Siamo molto indietro rispetto a Giappone e Cina. Sappiamo che ci sono diversi depositi nei mari del Nord Europa, e i tedeschi hanno investito per valutarne l’estrazione. Giappone e Cina però speso veramente molti soldi, e infatti sperano di commercializzare il metano da gas idrati già nei prossimi anni. In Europa mancherebbe anche una normativa specifica per il loro utilizzo, quindi siamo proprio in alto mare per ora. Se crescesse l'interesse ovviamente le cose potrebbero cambiare anche dalle nostre parti. Per quanto riguarda il Mediterraneo, sono stati fatti degli studi ma non ci sono grandi evidenze di giacimenti promettenti, se non nei vulcani di fango, delle risalite di acqua, di fango e di argilla che si possono formare sulla terra ferma."

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