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Sabato, 20 Aprile 2024
Campi di idrogeno

L'idrogeno nascosto che non sapevamo di avere

Idrogeno naturalmente "stoccato" sotto i nostri piedi: una possibilità che si sta facendo sempre più realistica negli ultimi anni. E potrebbe cambiare davvero il mondo per come lo conosciamo

L’idrogeno sarà uno dei protagonisti della rivoluzione green dei prossimi decenni. Un combustibile perfetto, capace di rimpiazzare gas e benzina producendo semplice vapore acqueo come scarto. Ma il cui utilizzo non è privo di problemi, sul piano infrastrutturale e dello stoccaggio, innanzitutto, e anche sul versante della produzione: la maggior parte dell’idrogeno attualmente viene infatti creato utilizzando combustibili fossili, che rendono il suo utilizzo tutt’altro che “green”. Le alternative – come il cosiddetto “idrogeno blu”, prodotto utilizzando gas naturali e poi catturando e stoccando la CO2 di scarto, o l’idrogeno verde, ottenuto per elettrolisi con energie rinnovabili – esistono, ma sono costose. C’è una terza via, però, che potrebbe trasformare l’idrogeno nel motore di una nuova rivoluzione energetica eco-sostenibile, e a cui Science ha appena dedicato una lunga indagine: l’estrazione di idrogeno naturale dal sottosuolo. 

Come mai se ne sente parlare solo ora? È presto detto: fino a pochi anni fa si pensava che le scorte sotterranee di idrogeno nel nostro pianeta fossero praticamente inesistenti. Si tratta d’altronde dell’atomo più piccolo della tavola periodica, ed è quindi molto difficile impedirgli di sfuggire e raggiungere l’atmosfera. E i meccanismi con cui viene prodotto nel sottosuolo sono rimasti un mistero per quasi tutto il secolo scorso. A cambiare le carte in tavola – spiega Science – è stata la scoperta di un grande giacimento di idrogeno naturale puro al 98% effettuata in Mali nel 2012, e poi descritta nel dettaglio sull’International Journal of Hydrogen Energy nel 2018.

cerchio fatato

Il ritrovamento di questo giacimento, largo più di otto chilometri e con un elevato potenziale di sfruttamento commerciale, ha dato nuovo impulso alle prospezioni, e maggior credito alle teorie di un piccolo gruppo di scienziati che da tempo riteneva plausibile la presenza di un elevato quantitativo di riserve naturali di idrogeno nel sottosuolo della Terra. 

La teoria prevalente al momento ritiene che l’idrogeno sotterraneo si formi dalla reazione tra acqua e minerali ricchi di ferro, come l’olivina, all’interno di un processo geologico noto come serpentinizzazione, che trasforma l’olivina in un altro minerale chiamato serpentina, sequestrando l’ossigeno e rilasciando la componente di idrogeno dell’acqua, libero di risalire in superficie, per disperdersi nell’atmosfera o accumularsi in giacimenti sotterranei, se incontra uno strato di sedimenti capace di intrappolarlo.

giacimenti idrogeno

Una recente analisi dello U.S. Geological Survey indica che esistono probabilità molto elevate (quasi il 98%) che le scorte di idrogeno naturale del nostro pianeta siano tanto abbondanti da coprire  almeno per il 50% i bisogni energetici dell’umanità entro il prossimo secolo. Il che vorrebbe dire che tra idrogeno e rinnovabili potremmo probabilmente azzerare facilmente l’impatto ambientale dell’umanità. Come mai allora fino ad appena un decennio fa non si era accorto nessuno di questo incredibile tesoro sotterraneo? Una delle ragioni principali è che nessuno lo aveva mai cercato, perché le prospezioni petrolifere e di gas naturale vengono fatte in terreni dove esiste un’alta probabilità di trovare combustibili fossili, e chance praticamente minime di individuare l’idrogeno, che viene sequestrato appunto per produrre idrocarburi, composti da carbonio e idrogeno (come il metano, CH4). 

Cercando altrove, l’idrogeno inizia a farsi molto più abbondante. Esattamente quanto, e quanto spesso in quantitativi adatti allo sfruttamento commerciale, non è ancora certo. Ma negli ultimi anni moltissime aziende hanno iniziato a dedicarsi alla ricerca del nuovo oro trasparente. Se i giacimenti dovessero iniziare a spuntare abbondanti come indicato dalle previsioni più ottimistiche, come quella dello U.S. Geological Survey, rimarranno da superare i problemi legati allo stoccaggio e al trasporto dell’idrogeno, complicati dalla bassa densità che ha allo stato gassoso, e dalle temperature bassissime necessarie per spingerlo allo stato liquido. 

L’idrogeno naturale però ha diversi pregi dalla sua, che potrebbero incentivare gli investimenti infrastrutturali al punto da renderlo realmente disponibile in tempi brevi. Innanzitutto, nonostante venga estratta dal sottosuolo come il petrolio, sembra sia una risorsa sostanzialmente rinnovabile: i processi che portano alla sua formazione sono infatti molto più rapidi di quelli necessari per trasformare la materia organica in idrocarburi, e quindi i giacimenti dovrebbero teoricamente ricaricarsi ad un tasso tale da permettere uno sfruttamento praticamente continuo. Secondo aspetto, forse anche più fondamentale, è il prezzo: l’idrogeno grigio costa più o meno come il gas naturale, quello blu raggiunge i cinque dollari al chilo (equivalenti dal punto di vista energetico a poco meno di quattro litri di gasolio), mentre l’idrogeno naturale dovrebbe viaggiare tra i 50 e i 70 centesimi. Il che, se fosse trovato davvero in abbondanza, potrebbe renderlo protagonista di una nuova rivoluzione energetica, paragonabile (ma in chiave green) a quello scoppiata con l’avvento del petrolio.

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