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Giovedì, 25 Aprile 2024
Scienze Trento

Una ricerca italiana scopre "l'interruttore" che spegne le malattie neurodegenerative

Lo studio dell'Università di Trento apre nuove possibilità di terapia contro patologie come il Parkinson e la Sla

Dall'università di Trento arriva un passo in avanti decisivo nella ricerca sulle malattie neurodegenerative come Parkison e Sla. I ricercatori del Cibio, il Centro di Biologia Integrata dell'ateneo trentino, hanno scoperto un "interruttore" molecolare che sarebbe la causa di atrofie neuronali. La rivista Neuron ha pubblicato i dati relativi alla ricerca, che sono stati presentati durante l'annuale convegno di Telethon a Riva del Garda.

Tutto è nato dallo studio di una rara malattia genetica maschile, l'atrofia muscolare spinale bulbare (conosciuta anche come malattia di Kennedy), che provoca l'atrofia dei muscoli degli arti inferiori e della faccia. A spiegare i passaggi che hanno portato alla scoperta è stata la biologa Maria Pennuto, coordinatrice del gruppo di ricerca. Gli esperimenti condotti sugli animali hanno dimostrato che la malattia di Kennedy è causata da una mutazione del cromosoma X, un'alterazione del recettore per gli ormoni androgeni, una proteina che si trova nei testicoli ma anche nei neuroni che comandano il movimento e i muscoli. I ricercatori hanno individuato il punto esatto in cui avviene la modificazione chimica che induce questo recettore a funzionare troppo, causando così l'atrofia.

Come ha spiegato la dottoressa Pennuto, "un sito simile si trova anche in altre proteine associate a malattie neurodegenerative come il Parkinson, la Sla, la malattia di Huntington e l'atassia spinocerebellare di tipo 1 (Sca1)" e per questo, ha proseguito la biologa, "pensiamo che si tratti di un meccanismo importante nell'insorgenza delle malattie neurodegenerative. Nei nostri primi esperimenti sul moscerino della frutta abbiamo dimostrato che lo 'spegnimento' di questo interruttore è in grado di attenuare i sintomi della malattia di Kennedy. Se altre ricerche confermeranno la nostra intuizione anche nelle altre malattie - conclude Pennuto - potremo puntare a sviluppare nuovi farmaci molecolari". (TrentoToday)

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