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Venerdì, 29 Marzo 2024
Scienze

Le verità nascoste e la scienza ritrovata

Lettera aperta

Riceviamo e pubblichiamo:

“Il Consiglio di Stato ha confermato in via definitiva la validità dell'autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute per il progetto di ricerca LightUp delle Università di Torino e di Parma, che prevede una fase di sperimentazione su macachi per migliorare gli aspetti di conoscenza e cura di alcuni stati di cecità visiva.”

Ci sono voluti venti mesi per confermare quanto le più alte autorità scientifiche europee e nazionali avevano già stabilito durante tutte le fasi di valutazione tecnico-scientifica-etica del progetto. Venti lunghi mesi per far riemergere il frutto di anni di studio e lavoro dal fango delle calunnie. 

Potremmo fermarci qui. Vicende come questa, tuttavia, non dovrebbero accadere in uno Stato di diritto. Perché non siano stati ancor più inutili, questi venti mesi, conviene allora ripercorrere le tappe cruciali di una vicenda travagliata e, per molti aspetti, paradossale. Descriveremo i fatti partendo da una semplice assunzione: la comunicazione, soprattutto in ambito scientifico, deve sempre essere rigorosa e non pregiudizievole.

Due le ragioni principali:

1) una scorretta comunicazione può generare una pericolosa superficialità nell’affrontare qualsiasi problema di ordine sociale, politico, sanitario, economico;

2) le opinioni personali non fondate sui fatti servono solo a creare, a volte con dolo, confusione non solo mediatica, generando conseguenze incontrollabili e costi – personali, sociali, economici – che finiscono per gravare su tutta la comunità.

Non è quindi inutile ripercorrere i paradossi di questa storia tutta italiana, di un sistema sociale, politico e giuridico caratterizzato da disinformazione, dell’atteggiamento ondivago di alcuni mass-media, di organi dello Stato che sconfessano sé stessi, dell’uso disonesto delle parole che degenera nelle minacce di morte a chi lavora con serietà e rigore e nel rispetto delle leggi.

Fase 1, l’inizio. Tutto parte nel 2019, quando il Prof. Tamietto dell’Università di Torino, vince uno dei più rigorosi e prestigiosi bandi di finanziamento scientifico esistenti in Europa, quello dell’Ente Europeo ERC (European Research Council), per una ricerca da svolgere in collaborazione con il Prof. Bonini dell’Università di Parma. 

Titolo del progetto: LightUP. L’obiettivo è sfruttare competenze residue che permangono in pazienti con deficit visivi in seguito a lesioni al cervello (blindsight), per comprendere i meccanismi di plasticità e validare procedure riabilitative in chi è affetto da cecità corticale.

Per arrivare al paziente è necessario provare la validità e sicurezza delle cure sull’animale: i macachi, sei, sono gli unici in grado di dare indicazioni sui meccanismi neurali alla base del recupero della vista. Tutte le procedure e gli aspetti etici del progetto sono quindi vagliati e autorizzati dal Comitato Etico dell'Unione Europea, dai comitati etici e dagli organismi per la tutela del benessere animale delle Università di Torino e Parma, dal Consiglio Superiore di Sanità e infine dal Ministero della Salute, i quali tutti riconoscono il valore “traslazionale” del progetto, ovvero la ricaduta clinica diretta per la salute umana. Come previsto dalle norme europee e dalla legge italiana.

Fase 2, il proiettile. Dal mese di giugno 2019 una campagna di disinformazione da parte della LAV e di altre associazioni animaliste promuove una serie di petizioni per fermare la ricerca.

Il Prof. Tamietto cerca di spiegare: “Chi ci contesta parte da istanze che condivido. Ma bisogna rispettare i fatti, o si rischia una deriva violenta”.

Una deriva che arriva puntuale, a partire da una verità violentata: “Durante questa sperimentazione sei macachi verranno operati e resi ciechi per studi su deficit visivi nell’essere umano. - Per fermarla dobbiamo agire –“ (comunicato LAV 13 giugno 2019).

Premessa intanto d’obbligo di fronte a questa prima disinformazione: i macachi non verranno resi ciechi dalle procedure sperimentali del progetto LightUp, che prevede parziali e limitati difetti della vista del tutto compatibili con tutte le azioni quotidiane.

Cosa significa dunque “agire”? È il richiamo ad una civile discussione sul merito? O siamo forse di fronte al rischio che alterare la realtà porti a considerare i due stimati ricercatori universitari e i loro giovani dottorandi come “il nemico da combattere?

Il messaggio minatorio intanto arriva in una lettera anonima, corredata da un vero proiettile, viene recapitata al docente dell’Università di Torino: "Non sei un ricercatore, sei un bastardo assassino. Colpiremo duro te o la famiglia. A presto". Dalle parole si passa ai fatti: il Prof. Tamietto viene aggredito mentre si reca in Rettorato, mentre al collega, il Prof. Bonini, gli odiatori della scienza fanno trovare un cartello all’ingresso di casa: “Vivisettore boia”. Messaggi intimidatori pesanti dai quali molte associazioni di animalisti non sembrano essersi mai dissociate veramente. Partono le indagini della Digos e i due studiosi finiscono sotto scorta.

Ora, prima di proseguire, vorremmo che per un istante il lettore si fermasse a pensare ai ricercatori coinvolti in questa tragica storia, ai tanti giovani delle nostre università e centri di ricerca. Persone che ogni mattina aprono la porta dei laboratori pronti ad iniziare la giornata con lo spirito di chi sa che ogni piccola o grande scoperta rappresenta un tassello importante per capire la causa e comprendere l’evoluzione di una malattia. Lo fanno per dare una risposta a quello che i malati e i loro familiari da sempre ci chiedono: una cura. 

Sappiamo anche quanta passione per la ricerca, in ogni disciplina, in ogni angolo d’Italia, viene frustrata. Conosciamo quello che tanti ricercatori provano quando il loro lavoro è coniugato con la parola “a tempo determinato”, senza certezze di poter progredire nella propria carriera. Ma conosciamo anche la dedizione, l’onestà intellettuale, il senso etico e il rispetto delle regole con cui giovani e meno giovani ricercatori continuano a lavorare. Lo fanno in e per un Paese che fornisce le condizioni appena sufficienti per fare ricerca.

Ora, come vi sentireste se persone che disconoscono la discussione basata su argomenti scientifici e le istituzioni che regolano la ricerca e la sperimentazione animale, vi additassero come “torturatore”, come “assassino”, “boia”, come “ricercatore che svolge esperimenti inutili”, proponendo una visione della scienza vista dal buco della serratura e la “medicina” del 1800?  

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Fase 3, i media. Di fronte alla minaccia, l’Ateneo di Torino, dove lavora il Prof. Tamietto, cerca di dialogare con “quegli” animalisti ribadendo la verità dei fatti: “Contrariamente a quanto riportato nel testo della petizione gli animali non verranno resi ciechi. Sarà invece prodotta una macchia cieca, circoscritta ad una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata ad un solo lato. Come hanno dimostrato numerosi studi precedenti, questa operazione ha un impatto minimo e l’animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente nell’ambiente, alimentarsi ed interagire con i propri simili. Inoltre, il cervello non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore”.

Tutto inutile. Gli slogan fanno molta più presa della verità: “E’ ancora polemica sulla vivisezione, ad indignare sono una serie di esperimenti su un gruppo di macachi”. Così inizia uno dei servizi del TG2 più offensivi sia mai stato trasmesso, mandato in onda lo scorso 18 dicembre 2019, edizione delle 20:30. Un servizio che sollevò le proteste di moltissimi. 

Perché è stato utilizzato il termine “vivisezione” all’interno di un servizio pubblico? Chi fa informazione dovrebbe sapere che riferirsi ripetutamente a progetti scientifici autorizzati da Unione Europea e Ministero della Salute col termine “vivisezione” è gravemente diffamatorio, come ha peraltro riconosciuto una sentenza della Corte di Cassazione (n. 14694 del 19/07/2016). Il rigore nel riportare i fatti e soprattutto l'uso corretto delle parole deve essere alla base di una onesta e non pregiudizievole informazione. Diversamente si arreca un grave danno allo sviluppo di un sano dibattito pubblico e alla dignità delle istituzioni di ricerca e degli organismi di valutazione e di controllo coinvolti, con il rischio di alimentare una campagna diffamatoria che genera odio.

Del resto, come meravigliarsi di questa campagna di disinformazione se finanche la LAV ha nel suo nome il termine “vivisezione”, riferimento a una pratica illegale, che nulla c’entra con la ricerca, e ovviamente perseguita nel nostro Paese così come in Europa con pene severissime. In altre parole, una associazione contraria a pratiche inesistenti che però utilizza immagini e informazioni false per fingere l’esistenza di pratiche di vivisezione nei laboratori di ricerca e muovere lo sdegno dei cittadini.

Noi crediamo che il modus operandi di queste associazioni debba essere svelato ai cittadini. Sfruttando un sentimento animalista nobile, accendono conflitti e attaccano chi fa scienza per il benessere dell’uomo nel rispetto delle regole e con progetti di altissimo livello. LAV lo ha fatto propinando falsità, contribuendo a creare un clima di odio verso chi si adopera, nel rispetto delle leggi, al progresso scientifico, per trovare una cura per le tante malattie, senza per altro mai avere prove reali dell’esistenza di metodi alternativi per studiare epilessie, distrofie, malattie del cuore, umorali, depressione, Parkinson e ogni altro stato fisiologico e patologico che oggi la ricerca affronta nell’unico modo possibile, quello della scienza.  

E quindi, quali avanzamenti con i metodi alternativi? E quali sarebbero le cure scaturite da decenni a questa parte utilizzando metodi alternativi? Nessuna; non perché non ci si è investito abbastanza ma perché molti effetti di una terapia compaiono soltanto in un organismo completo, dotato di tutti gli organi, sistemi e apparati che possono ricevere e modificare la terapia stessa, ma non nelle cellule isolate che si usano nelle prime fasi di una sperimentazione in laboratorio. 

Per tutte queste ragioni gli esperimenti sugli animali sono persino richiesti per legge, e regolati da norme molto severe che tutelano gli animali e il loro benessere, prima che si possa passare alla sperimentazione clinica sull'uomo: che sempre sperimentazione resta, certamente, ma la più sicura e più promettente possibile. Riteniamo che offrire queste garanzie ai pazienti non sia semplicemente un diritto dei ricercatori: è una nostra responsabilità.

Tuttavia, in questi venti mesi ci hanno indignato più di tutto non tanto e non solo la disinformazione propinata da associazioni animaliste, ma le posizioni pregiudizievoli di uomini delle istituzioni chiamate a giudicare con terzietà i vari esposti: “NULLA giustifica queste torture, altro che “ricercatori”, evito ogni definizione” (16 giugno 2019), oltre all’atteggiamento ondivago di alcune testate giornalistiche, come La Stampa e il Corriere della Sera. Ci ha molto colpito che in prossimità della decisione del Consiglio di Stato queste importanti testate giornalistiche abbiano accettato, a pagamento, di pubblicare sulle loro pagine pubblicità INGANNEVOLE: “La Sperimentazione fa diventare ciechi”.

la sperimentazione fa diventare ciechi campagna lav-2

Abbiamo quindi scritto ai direttori di questi giornali per sapere se accetterebbero di pubblicare a pagamento una pubblicità contro le vaccinazioni, o un’inserzione che reciti “la sperimentazione animale provoca il cancro”. Ci aspetteremmo che la risposta sarebbe: “quanto ci chiedete di pubblicizzare a pagamento non solo contrasta con dati di fatto riconosciuti dalla comunità internazionale, ma anche con quanto tutelato da leggi nazionali ed Europee”.

Eppure, è successo, il giorno 27 gennaio 2021: alcune testate giornalistiche hanno deciso di vendere spazi a chi nega dati scientifici, disconosce il valore della ricerca biomedica e alimenta campagne mediatiche che hanno determinato un clima di ostilità verso ricercatori che operano nel rispetto della legge e per il bene pubblico.

Da informazioni pubbliche sappiamo anche che altre testate giornalistiche, come la Gazzetta di Parma e Repubblica, si sono rifiutate di promuovere una pubblicità falsa. Ci sembra questa la prova che anche i media sanno e possono resistere e fare da argine, distinguendo il bilanciamento tra le legittime differenze tra posizioni sulle quali informare dal “false-balance” che assegna lo stesso valore ad affermazioni palesemente false.

Fase 4, il ruolo della società. Quali le ragioni di queste scelte? Quali le azioni di contrasto previste? Senza un presidio consapevole e costante della comunicazione pubblica, non potrà che prevalere la sola voce ideologica e antiscientifica che abbiamo sentito rappresentare incontrastata sui tanti mezzi di informazione, sui tanti canali social, sui muri sporcati di odio e nelle coscienze di persone che pensano di imporre opinioni personali come etica di Stato.

Sottolineiamo che, la legittima causa dei cani abbandonati o degli animali maltrattati qui non è messa in discussione. 

L’impiego degli animali per la ricerca, che viene (per legge) evitato ogni qual volta ne esistano ragioni scientifiche, è incontrovertibilmente indispensabile per la comprensione e la cura di molte malattie.

La storia della medicina ci insegna quanto sia stata (e sia ancora) fondamentale la sperimentazione animale per capire le malattie e trovare i trattamenti più sicuri ed efficaci. 

Solo per fare alcuni esempi, 

  • la scoperta dell’insulina è stata resa possibile grazie agli studi sui cani; 
  • quella dei virus tumorali dagli studi sui ratti; 
  • le conseguenze dell’ictus sono state evidenziate studiando i gatti e le scimmie; 
  • il ruolo della dopamina e lo sviluppo dei farmaci antipsicotici sono stati possibili grazie agli studi sui ratti e topi;
  • il trattamento farmacologico per il Parkinson sviluppato studiando roditori e scimmie; 
  • lo sviluppo di farmaci antiepilettici è stato reso possibile grazie alla sperimentazione su topi e ratti;
  • i trapianti di organo e lo sviluppo del primo farmaco antirigetto sono stati sperimentati nei cani; 
  • il trattamento dell’insufficienza cardiaca e lo sviluppo di pacemaker grazie agli studi sui maiali e le scimmie; 
  • e così via fino ai moderni vaccini, compreso quello per combattere il virus SARS-Cov-2 che ha generato la pandemia da COVID-19;
  • e alle varie terapie salvavita.

In Italia la sperimentazione animale è normata dal D.Lgs 26/2014 che costituisce il recepimento nazionale della Direttiva Europea 63/2010 e prevede un processo autorizzativo indipendente, autorevole e rigoroso, atto a valutare il suo valore scientifico e rigore etico. Tuttavia, l’Italia ha introdotto, a differenza degli altri paesi dell’Unione Europea, misure sempre più restrittive, incorrendo in una procedura di pre-infrazione a livello Europeo.

Fase 5, l’epilogo: ristabilita la verità scientifica e giuridica. Il 28 gennaio 2021, dopo venti mesi di battaglie, di soprusi, di notti insonni per difendere un diritto stabilito per legge, la terza sezione del Consiglio di Stato RESPINGE DEFINITIVAMENTE il ricorso della LAV per bloccare la ricerca del progetto LightUP, ribadendo quello che già venti mesi prima avevano certificato il Comitato Etico dell'Unione Europea, i comitati etici e organismi per la tutela del benessere animale delle Università di Torino e Parma, il Ministero della Salute e il Consiglio Superiore di Sanità.

Due anni, iniziati per difendere il nostro diritto di portare avanti un progetto legittimamente approvato da tutti gli organismi di valutazione… Due anni di notti insonni a leggere, studiare e rispondere a centinaia di pagine di memorie e ricorsi per supportare gli avvocati sugli aspetti tecnici, cercando di capire e imparare quelli legali, sottraendo tempo alla famiglia, al lavoro, e a noi stessi. Due anni trascorsi a fare del nostro meglio per migliorare sempre di più il benessere dei nostri animali, per far avere loro tutto ciò che l'inevitabile condizione di cattività ci consente di offrire per farli vivere al meglio. Due anni facendo entrare giornalisti, telecamere, colleghi, studenti, veterinari, ispettori in stabulario, per mostrare e far conoscere senza mai sottrarci al giudizio di chi un giudizio o un consiglio per migliorare era in grado di darlo, e senza mai cedere alla paura di pregiudizi che non possono esimere dalla trasparenza né costringere alla segretezza: e continueremo così cercando di fare sempre meglio” (Luca Bonini, pagina Facebook 29 gennaio 2021).

Era proprio necessaria questa battaglia per ribadire la differenza tra i valori della ragione e della scienza contro le falsità della narrazione animalista? No, ma poiché la LAV ha promesso di non fermarsi – e ne ha i mezzi - allora a maggior ragione serve farne tesoro perché non si ripetano gli stessi errori.

Serve tornare al pensiero razionale, evitando cortocircuiti comunicativi e legislativi e favorire il vero fondamento di ogni paese civile e democratico: Conoscenza e Cultura.

Firmatari della lettera
Antonio Musarò (Sapienza Università di Roma)
Elisabetta Cerbai (Università di Firenze)
Michele Simonato (Università di Ferrara e Università Vita-Salute San Raffaele)
Marco Onorati (Università di Pisa)
Viviana Trezza (Università Roma Tre)
Fausto Caruana (Istituto di Neuroscienze, Consiglio Nazionale delle Ricerche)
Miriam Melis (Università di Cagliari)
Yuri Bozzi (Università di Trento)
Daniele Bani (Università di Firenze)
Nicola Simola (Università di Cagliari)
Marco Pistis (Università di Cagliari)
Emilio Russo (Università di Catanzaro)
Massimo Dal Monte (Università di Pisa)
Massimo Pasqualetti (Università di Pisa)
Emanuele Buratti (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology Trieste)
Cristina Limatola (Sapienza Università di Roma)
Girolamo Calò (Università di Padova)
Ferdinando Di Cunto (Università di Torino)
Fabio Penna (Università di Torino)
Luciano Conti (Università degli Studi di Trento)
Anna Lisa Muntoni (Istituto di Neuroscienze, Consiglio Nazionale delle Ricerche)
Maria Antonietta De Luca (Università di Cagliari)
Paola Fadda (Università di Cagliari)
Elisabetta Palagi (Università di Pisa)
Luciano Fadiga (Università di Ferrara)
Alexandra Battaglia Mayer (Sapienza Università di Roma)
Corrado Sinigaglia (Università di Milano)
Enrico Tongiorgi (Università di Trieste)
Andrea Calvo (Università di Torino)
Marina Pizzi (Università di Brescia)
Patrizia Romualdi (Università di Bologna)
Pier Lorenzo Puri (Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute)
Roberto Caminiti (Sapienza Università di Roma; Patto Trasversale per la Scienza; Società italiana di Fisiologia)
Pier Francesco Ferrari (Università di Parma)
Maria Vincenza Catania (Consiglio Nazionale delle Ricerche- Catania)
Francesco Annunziato (Università di Firenze)
Daniela Puzzo (Comitato Sperimentazione Animale SIF)
Michele Morari (Università di Ferrara)
Marco de Curtis (Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta)

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