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Giovedì, 25 Aprile 2024
Scienze

Moriremo di caldo e per un pipistrello?

Come il cambiamento climatico aumenta il rischio di trasmissione virale tra specie diverse, secondo uno studio pubblicato su Nature

La pandemia di Covid-19 è probabilmente iniziata quando un nuovo coronavirus è passato da un animale selvatico all'uomo, affermano molti ricercatori. Potrebbe essere solo l'inizio, anche per l'effetto di un "formidabile" alleato: il cambiamento climatico. Con una temperatura superiore di circa due gradi rispetto a quella attuale, entro il 2070 potrebbero essere rilevati ben 15mila nuovi virus, contro i 10mila attualmente in circolazione. Virus, si intende, nati da contagi incrociati fra specie che, senza la spinta del clima, non avrebbero mai potuto venire a contatto fra loro. È lo scenario ipotizzato in uno studio, coordinato dal biologo Colin Carlson dell'americana Georgetown University, i cui esiti sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Nature.

Sono numerose le specie animali conosciute per essere portatrici di virus e che, sull'onda dei sempre più evidenti cambiamenti climatici, potrebbero spingersi fino ad aree diverse da quelle in cui vivono di solito, entrando così in contatto con altre specie, portatrici di differenti virus. Si tratta di cambiamenti che potrebbero portare ai già conosciuti salti di specie (uno "spillover" in gergo tecnico), processi nei quali un patogeno degli animali evolve e diventa in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all'interno della specie umana.

In questo quadro, il caldo estremo diventerebbe la miccia per nuovi virus, "forzando" nuovi incontri tra gli animali e facendo aumentare il rischio di trasmissione virale tra specie diverse.

Il caldo estremo e i pipistrelli: perché c'è il pericolo di nuovi virus

Per dimostrare la loro tesi, i ricercatori sono partiti dall'analisi del modo in cui le aree geografiche, oggi popolate da 3.870 specie di mammiferi, potrebbero modificarsi in relazione a diversi scenari climatici, da qui al 2070. Nel procedere, poi, gli esperti hanno utilizzato un modello relativo alla trasmissione di virus tra specie applicandolo ad un sottoinsieme di 3.139 animali, ottenendo così la previsione sulle possibilità future di scambi di virus fra varie specie.

In base a quanto emerso nello studio, probabilità di simili mix biologici possono verificarsi ovunque nel mondo, ma possono concentrarsi in particolar modo nelle aree più densamente popolate dall'uomo, come l'Africa tropicale e il sud-est asiatico. Protagonisti di queste contaminazioni potrebbero essere ancora una volta i pipistrelli, che secondo i ricercatori rappresentano il serbatoio naturale di virus potenzialmente abili nel diventare trasmissibili all'uomo.

Il connubio tra il cambiamento climatico e la comparsa di virus che potrebbero veicolare malattie mai rilevate prima appare molto più evidente di quanto si immagini. Secondo gli scienziati, il clima ha tutto il potenziale per diventare una forza determinante nella trasmissione virale tra specie diverse, fattore che potrebbe moltiplicare il rischio di trasmissione di malattie infettive all'uomo. Non solo, perché oltre alle malattie contagiose per l'uomo, i futuri virus potrebbero rappresentare anche una minaccia per la salute degli animali, scatenando epidemie lesive per gli allevamenti.

Per scongiurare il dilagare di nuovi virus, hanno spiegato gli studiosi in conclusione, è necessaria una sorveglianza capillare delle zone in cui potrebbero trovarsi a convivere specie diverse.
 

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