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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il futuro delle rinnovabili

Presto i pannelli fotovoltaici potrebbero produrre energia anche di notte

Oggi funzionano solo di giorno, trasformando la luce in elettricità. Ma la scienza è al lavoro per renderli produttivi anche di notte, ottenendo energia dal calore accumulato sotto i raggi del Sole

Il fotovoltaico ha tanti pregi. È efficiente, sostenibile, e sfrutta una risorsa pressoché infinita: la luce solare, biliardi di watt di energia che raggiungono costantemente il nostro pianeta, e che normalmente vanno semplicemente sprecati. Al netto dei costi, e dello spazio che necessitano, c'è un solo vero problema con i pannelli solari: producono energia solamente di giorno, quando il sole splende nel cielo. Un fotovoltaico capace di produrre elettricità lungo tutte le 24 ore sarebbe una rivoluzione nel campo dell'energia pulita. La buona notizia è che la scienza è a lavoro, e i risultati iniziano a farsi sempre più concreti. Un buon esempio arriva dalla University of New South Wales, in Australia, dove è appena stato inventato un dispositivo che funziona in modo opposto alle celle solari tradizionali: produce elettricità dall'emissione di radiazioni infrarosse, e può quindi entrare in funzione durante la notte, sfruttando il calore che emettono i pannelli fotovoltaici dopo una lunga giornata di lavoro. 

Come funziona il fotovoltaico

Le celle solari sono il cuore di un pannello fotovoltaico. È al loro interno, infatti, che avviene la magia: la luce del sole viene assorbita, e trasformata in elettricità attraverso l'effetto fotovoltaico. Semplificando al massimo, in ogni cella sono presenti due strati di un materiale semiconduttore (il più diffuso è il silicio), uno dotato di carica positiva (P), e uno di carica negativa (N). Quando la luce proveniente dal Sole colpisce il semiconduttore, l'energia che contiene permette agli elettroni degli atomi che lo compongono di liberarsi, e spostarsi dallo strato che contiene elettroni in eccesso (P) a quello che ne contiene in quantità insufficiente (N), creando una differenza di potenziale. Collegando quindi lo strato P a quello N con un materiale conduttore si può generare una corrente elettrica, e sfruttarla come si vuole fintanto che la cella fotovoltaica è esposta alla luce del solare. 

Con l'arrivo della notte, ovviamente, le celle solari smettono di produrre elettricità. E la situazione sul nostro pianeta cambia radicalmente: invece di assorbire il calore proveniente dal Sole, la parte in ombra inizia ad emettere quello accumulato, sotto forma di radiazione infrarossa diretta verso lo spazio. È questo fenomeno che hanno sfruttato i ricercatori australiani per produrre elettricità durante la notte. Lo strumento utilizzato è definito dai ricercatori “diodo termoradiante” (thermoradiative diode): un piccolo dispositivo composto da una sostanza chiamata tellururo di cadmio e mercurio con peculiari capacità di assorbimento nella banda dell'infrarosso, utilizzato nella produzione dei visori notturni, fotorivelatori e spettrometri ad infrarossi.

L'esperimento

L'idea – descritta in uno studio pubblicato sulla rivista ACS Photonics – è quella di far assorbire al diodo termoradiante il calore prodotto di giorno dal Sole e irradiato di notte dalla superficie terrestre verso lo spazio, e poi sfruttare l'emissione da parte del diodo di radiazione infrarossa (che emette raffreddandosi) per produrre una differenza di potenziale elettrico tra due strati P e N. “Il fatto che sia possibile produrre energia in modo termodinamico dall'emissione, piuttosto che dall'assorbimento, della luce può sembrare incredibile per molte persone”, racconta Michael Nielsen, ricercatore della  University of New South Wales che ha partecipato allo studio, intervistato dal sito di notizie scientifiche New Atlas. “In realtà, esattamente come in una cella solare ci troviamo di fronte ad una macchina termica, con la differenza che in questo caso abbiamo spostato il convertitore di energia dal lato freddo (la cella solare posizionata sulla Terra, che assorbe fotoni provenienti dal Sole) a quello caldo (il diodo termoradiante che dalla Terra emette fotoni verso le gelide distese dello Spazio)”. 

Negli esperimenti effettuati da Nielsen e il suo team, i diodi termoradianti hanno permesso di produrre 2,26 milliwatt di elettricità per metro quadrato, in presenza di una differenza di temperatura di 12 gradi e mezzo. Troppa poca energia per sperare di utilizzarli realmente. Ma secondo Nielsen, si tratta solo di affinare la tecnologia: i calcoli teorici prevedono infatti la possibilità di raggiungere una produzione elettrica pari a circa 1/10 di una cella solare tradizionale. Avvicinarsi a una simile efficienza energetica permetterebbe di immaginare realmente un utilizzo dei diodi termoradianti all'interno dei pannelli solari tradizionali, per produrre elettricità anche  durante la notte sfruttando il calore accumulato durante il giorno. 

Gli esperimenti di Stanford

E se anche alla fine non fossero loro a spuntarla, ci sono molte altri gruppi di ricerca che lavorano su concetti simili. Nelle scorse settimane, ad esempio, un team di Stanford ha pubblicato i risultati di un esperimento in cui applicando un generatore termoelettrico (un dispositivo che crea elettricità dalla differenza di temperatura esistente tra due conduttori) al di sotto di un pannello solare, sono riusciti ad ottenere circa 50 milliwat di elettricità per metro quadrato durante la notte. Anche in questo caso, c'è molta strada da fare prima di immaginarne un utilizzo su ampia scala. Ma con tanti cervelli a lavoro, e la necessità sempre più impellente di rendere più produttive le energie rinnovabili, sembra quasi inevitabile che presto anche il fotovoltaico notturno finisca per trasformarsi in realtà. 

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