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Venerdì, 19 Aprile 2024
Inquinamento e fertilità

Le sostanze chimiche "eterne" che cancellano le gravidanze

Gli Pfas possono compromettere le chance di successo anche delle procedure di fecondazione assistita. Uno studio italiano rivela un possibile trattamento per eliminarli

Il loro nome scientifico è sostanze perfluoroalchiliche, o Pfas. Ma tra chi si occupa di inquinamento e salute sono noti anche come “forever chemicals” (sostanze chimiche eterne), perché questi impermeabilizzanti industriali sono in grado di sopravvivere praticamente all’infinito nell’ambiente e nell’organismo umano. Hanno inoltre effetti dannosi sulla salute, in particolare quella riproduttiva: riducono la fertilità maschile e femminile, e possono risultare dannosi, in particolare, anche in caso di procreazione assistita. A ricordarlo è l’andrologo Carlo Foresta, dell’Università di Padova, che lo scorso 9 marzo ha presentato nuovi dati sull’argomento intervenendo nel corso del convegno “Natalità e denatalità: fotografie di sviluppo del Paese”, organizzato da Federsanità Anci Veneto a Padova. 

Che cosa sono gli Pfas

Le sostanze sotto accusa sono una famiglia di acidi a base di fluoro che riempiono la nostra vita, perché sono molto resistenti ai processi di degradazione: rendono impermeabili e repellenti ai grassi i tessuti e la carta, antiaderenti le pentole, ignifughi gli impianti idraulici degli aerei, proteggono i circuiti elettronici di computer e telefonini, compongono barriere, schiume ed equipaggiamenti antincendio. Usati così, non sono pericolosi, o almeno non ci sono evidenze in questo senso, anche se il tema è controverso. Ma quando, per la cattiva gestione degli impianti chimici di produzione o nel caso di malfunzionamento dei depuratori, queste molecole immortali raggiungono l'acqua di falda e la catena alimentare, ci possono essere conseguenze serie per la salute.  

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Gli effetti degli Pfas sulla fertilità maschile – ricorda Foresta – sono legati alla  loro capacità di alterare il normale equilibrio ormonale una volta all’interno dell’organismo umano. Agiscono in particolare interferendo con il testosterone, e compromettendo in questo modo la conta spermatica e la motilità e la qualità degli spermatozoi. Ma anche in modo più diretto, aderendo alla membrana cellulare degli spermatozoi e compromettendo in questo modo la loro capacità fecondante. 

Studi osservazionali hanno dimostrato che l’esposizione a livelli elevati di Pfas è correlata con un calo della fertilità maschile. E già nel 2019, Foresta e il suo team aveva riportato segnali di alterazione dei parametri seminali in giovani diciottenni esposti a elevato inquinamento da Pfas. Non è tutto – avverte oggi l’esperto – perché per le coppie che decidono i ricorrere alla procreazione medicalmente assistita i pericoli sono anche maggiori. 

“Nella fecondazione naturale lo spermatozoo di spoglia della membrana cellulare quando penetra in un ovocita, e in questo modo gli Pfas eventualmente presenti su di essa vengono scartati e non hanno modo di raggiungere il potenziale embrione”, spiega Foresta. “Nella fecondazione in vitro con tecnica di microiniezionepma lo spermatozoo viene invece inserito integro all’interno dell’ovocita, e in questo modo entrano anche gli Pfas”. 

Gli effetti degli Pfas all’interno della cellula uovo fecondata non sono ancora chiari, ma Foresta ricorda che i dati di letteratura descrivono l’associazione tra Pfas e un incremento della frequenza di aborti spontanei, ridotto periodo di gestazione, e basso peso dei nascituri. I potenziali pericoli insomma non possono essere sottovalutati, e per questo sarebbe importante trovare una soluzione per evitare eliminare gli Pfas in caso di fecondazione in vitro. 

Recentemente è stato ipotizzato l’utilizzo di sostanze in grado di rimuovere i Pfas dalle membrane delle cellule, come ad esempio le ciclodestrine, sostanze utilizzate di routine come eccipienti naturali per veicolare principi attivi nell’organismo, che possono essere usate anche come agenti sequestranti, per eliminare sostanze indesiderate, come gli Pfas, nella bonifica delle acque e in studi su modelli animali. I nuovi dati presentati da Foresta rivelano che l’utilizzo delle ciclodestrine, in vitro, è in grado di eliminare quasi completamente gli Pfas dalla membrana cellulare degli spermatozoi. “Un semplice lavaggio con ciclodestrine, sicuro ed effettuabile da qualunque clinica per la fecondazione assistita, potrebbe ridurre sensibilmente i potenziali rischi legati alla presenza di Pfas sugli spermatozoi del donatore – conclude Foresta – questi risultati aprono le porte ad un loro loro utilizzo clinico, soprattutto per le popolazioni residenti nelle aree esposte ad elevato inquinamento da Pfas”. 

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