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Giovedì, 18 Aprile 2024
Rivoluzione tecnologica

Questa scoperta potrebbe cancellare la crisi energetica

Un nuovo superconduttore potrebbe rivoluzionare la produzione e il trasporto dell’energia elettrica. Nella comunità scientifica, però, non manca lo scetticismo

I superconduttori sono materiali che non oppongono resistenza al passaggio dell’elettricità. Permettono di trasportare corrente senza nessuna dispersione sotto forma di calore o luce, ma hanno un problema, che ne limita notevolmente le possibilità di utilizzo: per esibire le loro qualità devono essere sottoposti a temperature bassissime, o a pressioni elevatissime. Un superconduttore capace di funzionare a temperatura ambiente è quindi uno dei sogni proibiti della fisica moderna, ed è esattamente quello che credono di aver scoperto nei laboratori dell’Università di Rochester: l'idrite di lutezio, un nuovo materiale  – descritto sulle pagine di Nature – che mostra caratteristiche di superconduttività ad una temperatura di appena 21 gradi, e in condizioni di pressione non eccessivamente elevate. 

La scoperta, presentata in anteprima negli scorsi giorni durante il congresso annuale dell’American Physical Society, è stata accolta con un certo fermento dalla comunità scientifica. Ed è facile capirne il motivo: un superconduttore a temperatura ambiente sarebbe una scoperta realmente rivoluzionaria, con ripercussioni in una miriade di ambiti tecnologici. Renderebbe ad esempio meno costosi gli strumenti in cui i superconduttori sono già utilizzati per creare bobine magnetiche, come negli apparecchi per la risonanza magnetica. Aprirebbe le porte ad applicazioni del tutto nuove, come treni a levitazione magnetica economici e capaci di percorrere tratte di lunghezza paragonabile a quelle degli aerei, o batterie con tempi di ricarica rapidissimi e capaci di mantenere la carica praticamente in eterno. 

Ma soprattutto, rivoluzionerebbe il modo in cui produciamo e trasportiamo energia. Può sembrare banale, ma il fatto che i normali cavi in rame disperdono elettricità sotto forma di calore limita notevolmente i luoghi dove questa può essere prodotta. Perché all’aumentare della distanza che deve percorrere l’elettricità, aumenta anche la quantità che viene persa per strada. Con cavi elettrici in materiale superconduttore non solo si risparmierebbe l’elettricità che attualmente viene dispera nel trasporto, ma si potrebbe decidere di delocalizzare le centrali di produzione. Aumentando nettamente la convenienza delle energie rinnovabili: immaginate ad esempio come sarebbe il mondo se potessimo tappezzare di pannelli solari il centro del deserto del Sahara, e poi trasportare l’energia prodotta ai quattro angoli del globo. O magari costruire centrali nucleari in aree del tutto disabitate per limitare i rischi. O ancora, sfruttare impianti geotermici o eolici in aree remote, limitandone l’impatto paesaggistico. 

Per farlo, lo dicevamo, serve un superconduttore capace di lavorare in condizioni di temperatura e pressione non troppo estreme. Quelli attualmente disponibili funzionano a temperature di – 160, - 140 gradi centigradi. E necessitano quindi di imponenti impianti di refrigerazione per essere utilizzati. Il materiale descritto dai ricercatori dell’Università di Rochester mostrerebbe invece le sue qualità superconduttive già a 21 gradi, e ad una pressione di 10 chilobar, circa 10 volte superiore a quella che si sperimenta nelle più profonde fosse oceaniche, ma comunque molto inferiore ai milioni di atmosfere necessari per rendere superconduttivi altri materiali con caratteristiche simili. 

Il materiale in questione è stato ottenuto da un mix di idrogeno, azoto e lutezio (una terra rara), e negli esperimenti effettuati ha dimostrato tutte le caratteristiche tipiche di un superconduttore: non solo quindi resistenza elettrica nulla, ma anche l’espulsione del campo magnetico e un drastico cambiamento nella capacità termica. Per gli autori dello studio, si tratta di prove inconfondibili: il nuovo materiale è il primo superconduttore mai scoperto capace di operare a temperatura ambiente. Con le dovute accortezze, anche i requisiti di pressione possono essere risolti senza troppi problemi, e se così fosse, il nuovo materiale potrebbe trovare utilizzo in tempi relativamente brevi. 

Il condizionale purtroppo è più che mai d’obbligo. Lo stesso team di ricercatori aveva infatti già annunciato solo pochi anni fa risultati simili con un altro materiale. E in quell’occasione, dopo appena pochi mesi erano stati costretti a ritirare lo studio a causa di forti critiche e accuse di manipolazione dei dati piovute da più parti. Questa volta la storia andrà diversamente? Non resta che attendere per scoprirlo, perché la stessa comunità scientifica per ora è divisa. Come ha sintetizzato il fisico dei materiali Timothy Strobel sulle pagine del New York Times parlando di Ranga Dias, scienziato a capo del team del progetto: “Potrebbe essere davvero il più grande fisico delle alte pressioni del mondo, destinato a vincere un premio Nobel. Oppure c’è sotto qualcos’altro”. 

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