La rivoluzione verde che non c'è: le estrazioni di combustibili fossili aumenteranno
Il nuovo rapporto Onu "Production gap 2023" smaschera le contraddizioni dei grandi produttori di petrolio, gas e carbone: promettono di tagliare le emissioni, ma programmano di estrarre sempre più combustibili fossili nei prossimi anni
A parole ormai sembrano tutti d’accordo con la necessità di ridurre i consumi di combustibili fossili per mitigare l’avanzata del riscaldamento globale. Nei fatti, però, i grandi produttori di petrolio pianificano tutt’altro. A sbugiardarli è un recente rapporto delle Nazioni unite, il “Production gap 2023”, che analizza le discrepanze tra le promesse pubbliche fatte dalle nazioni firmatarie degli accordi di Parigi, e i progetti di estrazione di carbone e idrocarburi pianificati per i prossimi anni. Arrivando a una conclusione drammatica: continuando così, entro il 2030 non sarà già più possibile mantenere l’aumento delle temperature entro il grado e mezzo in più rispetto all’epoca pre-industriale.
Le bugie dei grandi produttori
Guardando ai programmi energetici dei più grandi esportatori di combustibili fossili, infatti, entro la fine di questo decennio verrà prodotto il 460% di carbone, l’83% di gas e il 29% di petrolio in più rispetto a quello che possiamo utilizzare se vogliamo mantenere le temperature entro il solco tracciato dagli accordi di Parigi. Anche guardando all’obbiettivo meno ambizioso – contenere cioè le temperature sotto i due gradi in più rispetto all’epoca pre-industriale – i progetti già approvati superano del 69% il budget di emissioni rimanente. E visto che nessuno estrarrebbe e raffinerebbe carburanti senza l’intenzione di venderli e vederli consumati, la stima del rapporto Onu suona come un pesante j’accuse nei confronti dei grandi produttori di combustibili fossili.
Il rapporto è basato sulle informazioni pubbliche relative ai programmi estrattivi dei 20 principali produttori di carbone, gas e petrolio del pianeta. E certifica che rispetto al 2019, data del rapporto precedente, la situazione non ha fatto che peggiorare. “La dipendenza dai combustibili fossili stringe ancora nei suoi artigli moltissime nazioni”, ha commentato Inger Andersen, direttore esecutivo del programma per l’ambiente delle Nazioni Unite. “Questi progetti mettono in dubbio il futuro dell’umanità: i governi dovrebbero smettere di dire una cosa, e poi farne un’altra”.
Chi inquina di più?
Tra le 20 nazioni, 17 delle quali hanno aderito ufficialmente alla promessa di raggiungere le emissioni zero nei prossimi decenni, quelle che pianificano la produzione maggiore di combustibili fossili sono l’India (che punta a espandere ulteriormente le estrazioni di carbone), l’Arabia Saudita (petrolio) e Russia (impegnata ad aumentare le estrazioni di carbone, petrolio e gas). Menzione d’onore anche per gli altri tre grandi produttori di petrolio, Stati Uniti, Canada e Emirati Arabi Uniti (che ospiteranno a breve la Cop28), tutti pronti ad aumentare ulteriormente le estrazioni nel prossimo decennio. Solo quattro nazioni, tra quelle monitorate, pianificano di tagliare effettivamente la produzione di combustibili fossili: Regno Unito, Cina, Norvegia e Germania.
“Alimentare le nostro economie con energia pulita ed efficiente è l’unica strada per sconfiggere la povertà e ridurre al contempo le emissioni”, ha aggiunto Andersen. “A partire dalla Cop28 le nazioni devono convergere su un programma condiviso e equo che punti a fare a meno di carbone, petrolio e gas. Solo in questo modo ridurremo i pericoli che ci attendono in futuro, a beneficio di ogni persona che abita su questo pianeta”.