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Venerdì, 29 Marzo 2024
Troppi booster?

Quarta dose: anche i booster possono essere troppi?

I dubbi degli esperti sulla quarta dose di vaccino anti Covid, in attesa che i dati israeliani, previsti nei prossimi mesi, chiariscano la situazione

La quarta dose di vaccino anti Covid continua a far discutere. In Israele sono già partiti, indirizzando il secondo round di vaccinazioni booster a pazienti fragili e a tutta la popolazione over 65. In Ungheria si è deciso di offrirla a chiunque ne faccia richiesta, dopo quattro mesi dalla terza immunizzazione (anche se sembra che al momento la campagna sia funestata da diversi problemi logistici). Nel resto del mondo si discute, e si attendono i dati che arriveranno dalle nazioni apripista. Non è scontato, infatti, che continuare con booster vaccinali così ravvicinati per ampi segmenti della popolazione si riveli una strategia vincente: potrebbero risultare inutili (con la terza dose fornisce già una protezione dalla malattia in forma grave che raggiunge circa il 97%), sottrarrebbe ulteriori dosi di vaccino alle nazioni più povere, e potrebbe persino rivelarsi controproducente dal punto di vista immunologico. È proprio così?

Vaccini, troppi booster diminuiscono l’efficacia

A sollevare per prima la questione ci ha pensato l'Agenzia europea del farmaco (Ema). Marco Cavaleri, esperto che guida la strategia vaccinale dell'Ema, ha spiegato a più riprese che l’agenzia non ha attualmente dati a sostegno dell’utilità di una seconda dose booster a distanza ravvicinata dalla prima. E che non vede comunque di buon occhio una strategia di immunizzazioni ripetute così di frequente: il rischio è quello di affaticare la popolazione, e di ottenere una risposta immunitaria inferiore alle aspettative. “La somministrazione ripetuta di booster a brevi intervalli può ridurre il livello di anticorpi prodotti – ha chiarito di recente nel corso di una conferenza stampa – perché il nostro sistema immunitario ha bisogno di tempo per produrre la risposta all’antigene che gli viene presentato”.

Nonostante l’andamento della pandemia negli scorsi mesi abbia spinto a diminuire l’attesa tra una dose e l’altra del vaccino, in effetti, molti esperti ritengono che somministrazioni più distanziate fornirebbero maggiori benefici in termini di efficacia. Le cellule che producono gli anticorpi, i linfociti B, sono infatti in grado di maturare dopo un primo incontro con un patogeno (o con un antigene fornito dal vaccino), diventando più efficaci a riconoscerlo ed eliminarlo in caso di nuove invasioni. Questo processo può essere potenziato dalla somministrazione di una dose booster di vaccino, ma richiede tempo: alcuni esperti ritengono che aspettando sei mesi o anche più prima di somministrare un booster si otterrebbe una maggiore produzione di anticorpi, e anche una migliore capacità di riconoscere, e sconfiggere, le varianti del virus. Questo vale, ovviamente, per la popolazione generale. Per i pazienti immunocompromessi, che tendono a sviluppare una risposta meno efficace in seguito alla vaccinazione, è più facile invece prevedere un’utilità delle dosi aggiuntive di vaccino anche a distanza più ravvicinata, ed è per questo che molti paesi (con l’approvazione dell’Ema) stanno immaginando di procedere con la quarta dose solamente per queste categorie.

Paralisi immunitaria?

Alcuni esperti hanno opinioni ancora più tranchat: ritengono infatti che l’eccessiva stimolazione del sistema immunitario potrebbe rivelarsi controproducente. Lo ha accennato negli scorsi giorni il microbiologo Guido Rasi, ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali e consulente del commissario per l’emergenza Covid, dichiarando sulle pagine di Repubblica: “La quarta dose sarà sicura, ma non è scontato che una stimolazione continua e ripetuta dopo un po’ non crei problemi al sistema immunitario”. Ancor più preciso Antonio Cassone, ex direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità, che sempre sulle pagine di Repubblica ha parlato del rischio di indurre una paralisi immunitaria con le somministrazioni troppo frequenti di dosi booster di vaccino. In questo caso, le preoccupazioni riguardano la capacità del sistema immunitario di reagire correttamente, producendo anticorpi, quando si trova di fronte all’antigene virale introdotto dal vaccino. È noto infatti, a livello sperimentale, che introducendo una dose estremamente elevata di antigene nell’organismo il sistema immunitario può andare in tilt, sopraffatto dall’eccessiva stimolazione, e risultare in seguito impotente di fronte a un nuovo contatto con l’antigene o con il patogeno che ne è portatore. Qualcosa di simile si vede anche nel caso dell’immune exhaustion. Un fenomeno descritto nel caso di infezioni croniche come l’Hiv, in cui l’esposizione continua all’antigene virale porta a una perdita di funzionalità dei linfociti T citotossici (cellule del sistema immunitario che eliminano dal nostro organismo le cellule infette), compromettendone la capacità di combattere le infezioni.

Un ultimo pericolo che si sente citare tra i rischi dei booster è quello che viene definito “peccato originale antigenico”, o effetto Hoskins: la propensione del sistema immunitario ad utilizzare la memoria immunologica, cioè gli anticorpi sviluppati durante il primo incontro con un patogeno o con un vaccino, piuttosto che crearne di nuovi. Nel caso di nuove varianti, come Omicron, questo può rivelarsi un problema, perché il sistema immunitario punterebbe tutto su contromisure messe a punto contro un virus leggermente differente, che potrebbero quindi rivelarsi inefficaci. E somministrando ulteriori dosi booster del vaccino sviluppato contro le vecchie varianti, il timore è che si aumenti la probabilità che il peccato originale antigenico comprometta la risposta immunitaria dei vaccinati.

In tutti i casi citati, è bene ricordarlo, si tratta di fenomeni altamente ipotetici, mai osservati fino ad oggi nel corso di una campagna vaccinale. E se è vero che questa è la prima volta che un un vaccino viene inoculato quattro volte di seguito in un solo anno, è anche vero che rimangono eventualità assolutamente teoriche. "Dire che una quarta dose di vaccino farà diminuire le risposte immunitarie mi sembra un po' azzardato, in assenza di specifici dati scientifici”, commenta a riguardo Andrea Cossarizza, Professore di Patologia e Immunologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia. "Nulla si può escludere – sottolinea l'esperto – ma il nostro sistema immunitario ha la capacità di produrre 100mila miliardi di molecole diverse nel corso della nostra vita: oltre 30mila ogni secondo se vivi 100 anni. Stressare un sistema immunitario che ha questa potenza di fuoco mi sembra un po' difficile, ma senza dati io non faccio alcuna ipotesi. In ogni caso, abbiamo la fortuna di avere Israele che ha iniziato a fare la quarta dose, mentre noi dobbiamo ancora concludere la terza, e prima di parlare di qualunque eventualità è bene aspettare i dati sperimentali e clinici che arriveranno da lì”.

La quarta dose è davvero necessaria?

Archiviati i dubbi sugli effetti della quarta dose (in attesa che Israele, come sempre, ci indichi la strada) rimane da dimostrare se – al netto della loro efficacia – i booster ripetuti siano o meno una una strategia vincente per uscire da questa pandemia. Non è convinto ad esempio l’Oms, che a fine dicembre ha espresso una forte stroncatura per l’utilizzo dei booster nella popolazione generale. Con una maggioranza di paesi al di fuori del primo mondo che non hanno ancora raggiunto l’obbiettivo del 40% di vaccinati, e il 20% della produzione globale di vaccini che viene destinata alle dosi booster nei paesi avanzati, la situazione – secondo l’Oms – non fa che dimostrare le disuguaglianze vaccinali di cui sono vittime ancora troppe nazioni del pianeta. Disuguaglianze che sono destinate a prolungare la durata dell’emergenza per tutti, ricchi o poveri che siano. “È importante ricordare che la stragrande maggioranza delle ospedalizzazioni e dei decessi riguardano persone non vaccinate, non persone che non hanno ricevuto il booster”, ha sottolineato il direttore dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus. “E bisogna essere chiari anche sul fatto che i vaccini che abbiamo rimangono efficaci anche per le varianti Delta e Omicron”. Per questo, secondo il diretto dell’Oms: "i programmi di booster vaccinale aperti a tutta la popolazione sono destinati probabilmente a prolungare la pandemia, invece di risolverla, dirottando le scorte disponibili verso paesi che hanno già alti livelli di coperture vaccinali, e dando così al virus più opportunità di diffondersi e mutare ulteriormente”.

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