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Giovedì, 28 Marzo 2024
Il virus al capolinea

Il primo studio sui vaccinati italiani: infezioni crollate del 95%, AstraZeneca protegge come Pfizer

La ricerca è stata condotta analizzando i dati di 37 mila persone che avevano ricevuto il vaccino in provincia di Pescara dal 2 gennaio. Rispetto alla popolazione non vaccinata i malati gravi sono diminuiti del 99%. Il lavoro non è stato ancora sottoposto a peer review

Infezioni crollate del 95% e casi di malattia grave giù del 99%. Sono due dei dati preliminari più significativi emersi dal primo studio condotto in Italia su 37 mila persone che avevano ricevuto il vaccino dal 2 gennaio a Pescara. A spiegarli è uno degli autori: Lamberto Manzoli, direttore del Dipartimento di scienze mediche e professore di epidemiologia e sanità pubblica dell'università di Ferrara. "L'Asl di Pescara, che vaccinava dal 2 gennaio - ha detto Manzoli - si è detta: vediamo come stanno funzionando questi vaccini. Abbiamo condotto l'analisi con un po' di paura. Tremavamo all'idea che non potessero funzionare. Ma con grande sollievo i dati preliminari che abbiamo osservato sono davvero molto positivi".

"I risultati degli studi sperimentali andavano verificati sulla popolazione generale ed è quello che abbiamo fatto" ha aggiunto Manzoli, spiegando che "tutti e tre i vaccini" si sono rivelati "molto efficaci". Lo studio è stato condotto da un gruppo composto da ricercatori dell'università di Ferrara e dell'Asl di Pescara. Ha fra gli autori Manzoli e sul fronte dell'Asl pescarese Antonio Caponetti, direttore sanitario, e Graziella Soldato, "che ha vaccinato sul campo", racconta Manzoli. Il lavoro è stato appena sottomesso per la pubblicazione su una rivista scientifica e quindi non è ancora passato dalla revisione fra pari.

Cosa dice il primo studio italiano sui vaccini

"I dati sono preliminari - tiene a sottolineare l'epidemiologo - e abbiamo in cantiere ulteriori analisi. Ma intanto abbiamo un follow up medio di 30 giorni. E abbiamo potuto esaminare dati che si riferiscono a due dosi di Pfizer e Moderna e una singola di AstraZeneca, perché ancora non erano partite le seconde dosi. I risultati mostrano che sono tutti davvero molto efficaci".

Com'è stato condotto lo studio? "Abbiamo preso i vaccinati della provincia di Pescara e tutta la popolazione adulta residente (poco meno di 300mila persone)" spiega Manzoli. "I vaccinati erano al momento in cui abbiamo condotto lo studio 62mila. Avendo dovuto escludere per i tempi tecnici necessari alla sieroconversione i vaccinati di aprile, sono stati esaminati i dati di 37mila persone e sono stati confrontati con quelli dei non vaccinati". Fra le persone sottoposte a iniezione scudo - con Pfizer, Moderna e AstraZeneca - è risultato "evidente il calo di contagi e di malattia Covid, ma anche di morti (-91%, ma è una stima instabile). In pratica, abbiamo registrato un solo decesso", una donna di 96 anni. I dati dunque sono in linea con gli studi realizzati anche all'estero e peraltro confermerebbero l'efficacia dei vaccini contro la variante inglese, ormai da mesi dominante in Abruzzo (come d'altra parte nel resto d'Italia). 

AstraZeneca protegge come Pfizer e Moderna

Tanto per citare i dati relativi ai vaccinati con AstraZeneca "la percentuale di riduzione di infezioni, casi di malattia e decessi raggiunge il 99%" riferisce Manzoli. Insomma, altro che vaccino di serie B. "Magari questo dato così alto si modificherà un po' in futuro, ma non scenderebbe di tantissimo", dice. Tutti e tre i vaccini, comunque, hanno avuto "dati simili, gli intervalli di confidenza si sovrappongono. E posso dire che vanno al di là delle più rosee aspettative. Anche i dati preliminari sugli eventi avversi sono buoni, ma non li abbiamo potuti inserire per motivi tecnici. Peccato, perché potrebbero contribuire a rassicurare le persone che ne avessero bisogno". Manzoli tira le somme di quello che i ricercatori hanno potuto osservare nella 'vita reale': "Da un punto di vista dell'efficacia vediamo quanto funzionano" le iniezioni scudo anti-Covid. "Quindi, vaccinatevi, se non avete altri motivi che non lo permettono". Gli esperti faranno ora altre analisi sullo stesso database: "Vogliamo capire il tasso di reinfezioni, che di solito è basso, ma vogliamo verificarlo. E, ancora, vogliamo indagare su quante, fra le persone infettate, si sono contagiate dopo essere entrate in ospedale". 

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