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Venerdì, 19 Aprile 2024
ENERGIA PULITA

Una trivella hightech potrebbe fornire al mondo energia geotermica pulita e illimitata

È il progetto della startup Quaise Energy, che vuole sfruttare una tecnologia utilizzata nei reattori a fusione per scavare pozzi profondi 20 chilometri, con cui riconvertire qualunque centrale elettrica in un impianto geotermico

Il pianeta ha disperato bisogno di alternative carbon free per la produzione di energia. E all’Mit di Boston una piccola startup è al lavoro su un’idea che potrebbe rivoluzionare il settore. Trasformando qualunque centrale elettrica tradizionale in un impianto geotermico, capace di produrre elettricità pulita ed economica sfruttando il calore immagazzinato nella crosta terrestre. Il nome della startup è Quaise Energy, e ha appena raccolto 40 milioni di dollari di investimenti per portare avanti un’idea che sembra uscita da un libro di fantascienza: una trivella basata su tecnologie utilizzate nei reattori a fusione nucleare, capace di scavare in tempi record, e ovunque, pozzi profondi 20 chilometri, con cui imbrigliare il calore del nostro pianeta per produrre energia.

Il concetto di energia geotermica, ovviamente, non è nuovo. Scendendo in profondità la crosta terrestre si fa progressivamente più calda: in media (ma il valore cambia in base a molti fattori) ogni 100 metri la temperatura aumenta di tre gradi, e sfruttando questo calore è possibile produrre elettricità, esattamente come avviene in una centrale elettrica tradizionale. Utilizzando cioè del vapore per muovere una turbina, in questo caso però senza bisogno di bruciare gas, carbone o altri combustibili inquinanti per far bollire l’acqua. Gli impianti esistenti per lo più sfruttano sorgenti di acqua sotterranee situate in aree vulcaniche, dove la temperatura del suolo è estremamente elevata anche nei pressi della superficie. Non a caso in Islanda, terra di geyser e vulcani, circa il 25% dell’elettricità è prodotta in questo modo.

Altrove non è facile trovare le condizioni adeguate per rendere l’energia geotermica vantaggiosa da un punto di vista economico. Per ottenere impianti con alta efficienza energetica bisogna raggiungere temperature estremamente elevate, intorno ai 400 gradi centigradi, per scaldare l’acqua fino a raggiungere quella che viene definita condizione supercritica: uno stato in cui ha contemporaneamente alcune proprietà tipiche dello stato liquido e di quello gassoso, e consente di ottenere molta più elettricità a parità di massa, rendendo sostenibili i costi di realizzazione e di gestione di simili impianti. Si parla quindi di scavare pozzi di 15-20 chilometri di profondità, mentre ad oggi il pozzo più profondo mai scavato dall’uomo ha impiegato quasi 20 anni per raggiungere i 12 chilometri.

Le tecnologie di scavo tradizionali (meccaniche) incontrano infatti enormi difficoltà addentrandosi troppo in profondità nella crosta terrestre. Per questo, un’alternativa in fase di studio è quella di utilizzare raggi di energia per liquefare o fratturare la pietra, facilitando il compito delle trivelle. Si è tentato con potenti raggi laser, ma richiedono troppa energia, e hanno problemi a superare la nube di detriti che si crea durante le operazioni di scavo. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia immaginata dai ricercatori della Quaise Energy: una trivella che utilizza un girotrone, cioè un apparecchio che emette raggi elettromagnetici con lunghezza d’onda millimetrica, per fondere la roccia.

Si tratta di dispositivi utilizzati normalmente per riscaldare il plasma all’interno dei reattori a fusione. Ma stando ai calcoli della Quaise Energy potrebbero fare la differenza anche nel campo delle trivellazioni: il loro sistema ibrido prevede la combinazione di una trivella meccanica e di un girotrone per frantumare e far evaporare la roccia, insieme a un gas come l’argon che raffredderebbe il foro e trasporterebbe in superficie il materiale di scarto. Il sistema permetterebbe di raggiungere i 20 chilometri di profondità in appena 100 giorni di scavi, lasciandosi alle spalle dei fori perfettamente stabili, grazie alle pareti create dalla vetrificazione della roccia indotta dall’azione delle onde millimetriche, in cui pompare l’acqua per generare elettricità. L’idea è quella di riciclare le centrali termoelettriche già esistenti, scavando un pozzo profondissimo e connettendo l’impianto alla nuova fonte di calore geotermica senza bisogno di particolari modifiche delle infrastrutture.

Se la loro visione si concretizzasse, sarebbe una rivoluzione nel campo della produzione di energia pulita. E non dovremo aspettare a lungo per scoprirlo: il progetto è di sviluppare il primo prototipo entro il 2024, avere un impianto geotermico attivo per il 2026, e quindi passare alla riconversione di centrali termoelettriche preesistenti nel 2028. Di incognite, ovviamente, ce ne sono ancora moltissime. Non resta quindi che incrociare le dita, e sperare che questa tecnologia fantascientifica si riveli un successo.

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