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Venerdì, 29 Marzo 2024
Antiche catastrofi

Il mega tsunami nel Mediterraneo

Una ricerca coordinata dal Cnr dimostra che un enorme deposito di sedimenti presente nel Mar Ionio è il risultato di un forte tsunami che nel 365 d.C. ha devastato le coste del Mediterraneo

Nel 365 d.C. uno dei più terrificanti terremoti della storia colpì il Mar Mediterraneo. Una scossa di magnitudo 8,5 con epicentro appena al largo dell’Isola di Creta, che sollevò le coste dell’isola di 9-10 metri di altezza, e provocò uno tsunami che devastò regioni del Mediterraneo distanti anche 800 chilometri. Tanto catastrofico che l’arrivo delle onde (alte anche più di 10 metri) nella sola Alessandria d’Egitto uccise circa cinquemila persone, trascinando alcune delle navi ancorate nel porto per più di due chilometri nell’entroterra, e finendo per essere ricordato per secoli come il “giorno dell’orrore”. Un nuovo studio del Cnr ha identificato le tracce di questa antica tragedia in un deposito di sedimenti posizionato a circa 4mila metri di profondità nel Mar Ionio, chiarendo in che modo lo tsunami ha impattato le coste dell’Italia Meridionale e del Nord Africa, e trovando le prove di due eventi simili avvenuti in un passato ancora più remoto.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, è stata coordinata dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar), e ha indagato il deposito di sedimenti conosciuto come “megatorbidite Augias”, situato in un’area abissale del Mar Ionio compresa tra le coste dell’Italia, della Grecia e del Nord Africa. I sedimenti, che raggiungono anche uno spessore di 25 metri, sono stati studiati con tecniche differenti, come la granulometria (lo studio  delle particelle che compongono una roccia sedimentaria) e le analisi micropaleontologiche (lo studio dei fossili microscopici presenti in un campione). In questo modo, i ricercatori hanno potuto stabilire la loro provenienza, e approfondire gli effetti provocati dalle onde del potentissimo tsunami  sulle coste italiane e africane.

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"I campioni di sedimento analizzati hanno permesso di verificare che il materiale che si trovava in condizioni di acqua molto bassa è stato strappato dalla zona costiera e depositato a 4.000 metri di profondità – spiega Alina Polonia, del Cnr-Ismar – L'onda dello tsunami ha prodotto molteplici frane sottomarine lungo un fronte di migliaia di chilometri, dall’Italia meridionale alle coste africane. Le correnti hanno trascinato sedimenti costieri nelle profondità abissali anche in assenza di canyon, probabilmente attraverso flussi tabulari di grandi dimensioni. Questo ha permesso la deposizione di un volume straordinario di sedimenti di oltre 800 km3 in tutto il Mediterraneo orientale".

Processi molto simili – spiegano i ricercatori del Cnr – sono stati descritti anche durante il megatsunami del 2011 che ha devastato le coste giapponesi. Nel caso del Mediterraneo, comunque, si tratta di eventi relativamente rari, prodotti dai terremoti che si scatenano in corrispondenza di due sistemi di subduzione (le linee lungo le quale una placca tettonica scivola sotto un’altra), posti lungo il limite tra le placche africana ed eurasiatica.

Fortunatamente per noi, le stime più attendibili ci dicono che terremoti potenti come quello del 365 d.C. colpiscono all’incirca ogni quattromila anni. Ed essendone trascorsi solamente 1.600 dall’ultimo episodio (che si stima all’epoca uccise quasi 50mila persone in tutto il Mediterraneo) dovremmo essere al sicuro ancora a lungo. Le analisi effettuate nel nuovo studio comunque hanno permesso di identificare altri due episodi di antichi tsunami avvenuti circa 15mila e 40mila anni fa, che forniranno dati preziosi per comprendere meglio la genesi di questi fenomeni geologici, e valutare con maggiore precisione il rischio che corrono le coste del nostro Paese.

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