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Domenica, 24 Settembre 2023
Scienze

Vlad l’impalatore (il Dracula storico) piangeva lacrime di sangue

Uno studio dell’Università di Catania, realizzato su alcune lettere autografe di Vlad III di Valacchia, rivela che l’antico sovrano che ha ispirato la leggenda del conte Dracula forse soffriva di emolacria, condizine caratterizzata dalla presenza di sangue nelle lacrime

In ogni leggenda si nasconde un pizzico di verità. E anche quella del conte Dracula, il più celebre vampiro della storia, non è da meno. È noto infatti che il suo creatore, lo scrittore irlandese Bram Stoker, si ispirò a una figura realmente esistita: Vlad III, conosciuto anche come Tepes (l’impalatore) e Dracula (o Draculea, cioè figlio del diavolo), tre volte voivoda di Valacchia tra il 1448 e il 1476. Un sovrano sanguinario, la cui leggenda ha molto in comune con il non morto crudele e altezzoso immaginato da Stoker per il suo romanzo. Non ultimo, un rapporto peculiare con il sangue: secondo una recente ricerca dell’Università di Catania, infatti, Vlad III era forse affetto da emolacria, cioè dalla presenza di sangue nelle lacrime.

L’uomo dietro al vampiro

Vlad III è certamente un personaggio celebre. Salito al trono di Valacchia giovanissimo, in seguito all’assassinio del padre, Vlad II Dracul, si trovò a vivere e regnare in un periodo concitato nella storia del Balcani, in cui guerre, razzie e tradimenti erano all’ordine del giorno. Buona parte della sua vita adulta la trascorse combattendo e tramando contro i suoi vicini, in particolare Maometto II, sultano dell’impero ottomano, con cui si scontrò nel 1462 durante un massiccio tentativo di invasione da parte dell’esercito ottomano, conclusasi con la vittoria delle truppe di Vlad III e l’impalamento di circa 20mila tra soldati e cittadini turchi, decisa dal voivoda di Valacchia per fiaccare il morale dell’avversario.

Simili gesti hanno lasciato un’eredità complessa, e la figura dell’antico sovrano è stata vista in modi molto diversi in periodi, e soprattutto luoghi, differenti: un epitomo di crudeltà nella tradizione tedesca, un sovrano giusto e lungimirante in quella slava, e in particolare in Romania, dove è visto come una sorta di eroe nazionale, che difese il suo popolo dalle invasioni turche e dall’avidità dei feudatari locali. A parte le storie che si tramandano sulle sue gesta, non si sa molto di come fosse realmente Vlad III.

La ricerca

Per cercare di trovare qualche indizio, la ricerca pubblicata sulla rivista Analytical Chemistry ha fatto ricorso all’analisi chimica di alcune lettere autografe di Vlad III, permettendo ai suoi autori di scoprire diverse informazioni sull’uomo che ha vergato questi antichi documenti, e in particolare sul suo stato di salute. Trattandosi di reperti di grande valore storico, l’analisi ha dovuto ricorrere a tecniche non invasive, che non ne compromettessero l’integrità. Utilizzando una speciale pellicola a base di etilene vinil acetato, i ricercatori dell’Università di Catania sono riusciti a raccogliere campioni di proteine e molecole presenti sulla superficie delle lettere e potenzialmente depositate dallo stesso Vlad durante la scrittura, e le hanno poi analizzate con uno strumento per la spettrometria di massa.

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I risultati hanno fornito diversi indizi utili su alcune patologie genetiche di cui soffriva probabilmente Vlad III: problemi respiratori e dermatologici, ma soprattutto, una rara condizione conosciuta come emolacria, che causa la presenza di sangue all’interno delle lacrime, un particolare che – a detta dei ricercatori – sarebbe confermato da alcune testimonianze storiche che parlano di Vlad come un sovrano dallo sguardo minaccioso, e dai grandi occhi verdi che, di tanto in tanto, piangevano sangue.

Oltre a studiare le condizioni di salute di Vlad l’impalatore, lo studio ha permesso di portare alla luce una grande quantità di informazioni sulla Valacchia del quindicesimo secolo, e in particolare su batteri, virus e funghi che caratterizzavano quella che all’epoca era una zona di frontiera che attirava soldati, schiavi e mercanti da tutta Europa e dal Medio Oriente. Una folla eterogenea che portava con sé anche parassiti, microorganismi ed epidemie. Non a caso, tra i peptidi identificati dai ricercatori ve ne sono diversi associati alla possibile presenza del batterio Yersinia pestis, ritenuto l’agente patogeno responsabile della più letale epidemia che abbia mai colpito il territorio europeo: quella peste nera che in pochi anni, nel corso del quattordicesimo secolo, uccise almeno un terzo dell’intera popolazione del continente.

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