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Sabato, 9 Dicembre 2023
Generazione sospesa

Ristori educativi "per i danni della Dad": cosa sono e a chi spettano

Sta per essere varato un pacchetto di opportunità extra-scolastiche gratuite: varierà da regione a regione

Se ne parla da mesi. Ora, forse, ci siamo quasi. Sta per essere varato un pacchetto di opportunità extra-scolastiche gratuite. I destinatari sono gli studenti, coloro che hanno pagato un prezzo molto salato in questi due lunghi anni di Covid. La didattica a distanza ha portato con sé disagi, malesseri e tante difficoltà pratiche. Li hanno chiamati "ristori educativi" e saranno assegnati a studentesse e studenti.

Arrivano i ristori educativi

La proposta è tutta in un emendamento al decreto sulle misure urgenti per fronteggiare l'emergenza Covid-19 che sarà votato oggi dalla commissione Affari Sociali della Camera. Verrebbero stanziati (il condizionale è ancora d'obbligo) 2 milioni di euro per attività extrascolastiche di tipo culturale, sportivo, per soggiorni estivi, sostegno allo studio, sostegno psicologico.

Parla di  "compensazione culturale, educativa e formativa della perdita dei giorni di scuola", Paolo Lattanzio, deputato Pd che ha firmato l'emendamento insieme con Paolo Siani, anche lui parlamentare dem. "Li abbiamo volutamente chiamare "ristori" perché anche le studentesse e gli studenti hanno bisogno di essere ristorati come è avvenuto per le aziende e per i professionisti", dice Lattanzio.

Non bonus dunque, non soldi. Bensì opportunità educative e di arricchimento con un coinvolgimento molto alto del Terzo Settore e delle sue eccellenze territoriali che si occupano già di povertà educativa e partecipazione per recuperare i gap educativi e di relazione creati dalla Dad, secondo i firmatari dell'emendamento.

Ministero dell'Istruzione e Mef nelle settimane passate avevano chiesto una riformulazione, spiega oggi la Stampa, "abbassando la copertura a 2 milioni e chiedendo l'attivazione a partire dal prossimo anno scolastico, e hanno dato il loro sostanziale via libera alla versione definitiva che sarà esaminata oggi dalla commissione Affari Sociali. Il piano di ristoro educativo sarà personalizzato e definito in modo partecipato con gli stessi ragazzi e ragazze coinvolti. E sarà calibrato in base al numero di ore perse, quindi sarà maggiore in regioni come Campania e Puglia, dove studentesse e studenti sono rimasti più a lungo in Dad".

Ci sarà la partecipazione di molte organizzazioni del Terzo Settore che in questi mesi hanno sottolineato il disagio di bambini e adolescenti. In prima fila Save the Children, che ha parlato di una "generazione sospesa".

"Una generazione sospesa"

Stendere le braccia per tenersi alla giusta distanza dagli altri, filtrare le lezioni attraverso lo schermo del PC o del cellulare, non condividere con i compagni di scuola una gita e, spesso, nemmeno il tempo dell’intervallo. Imparare a leggere e a scrivere con la mascherina, decifrando suoni attutiti. Subire il grave impoverimento relazionale durante il loro percorso di crescita, che rischia di tradursi in un drastico aumento di disturbi psico-fisici per i più giovani. 

Sono 734 mila i bambini nati in Italia in “epoca Covid”. 876mila coloro che frequentavano già la scuola dell’infanzia e che a causa della pandemia hanno vissuto quest’esperienza in maniera frammentata e discontinua. 1 milione e mezzo di alunni di primaria, 1 milione e 600 mila studenti al primo anno delle medie e 1 milione e 707 mila adolescenti all’ingresso delle superiori, hanno iniziato i nuovi cicli di studio affrontando maggiori difficoltà di ambientamento e costruzione delle relazioni con i nuovi insegnanti e compagni.

Sono la “generazione sospesa” nel limbo del covid, una generazione di bambine, bambini e adolescenti che, in un silenzio assordante, ha fatto negli ultimi 2 anni ciò che l’essere umano sa fare meglio: adattarsi. 

All’avvio del terzo anno di pandemia in Italia, si delinea infatti chiaramente come l’emergenza stia incidendo sulle fondamentali fasi di crescita e sviluppo dei bambini. Il crollo degli apprendimenti – certificato dai dati Invalsi – è solo una delle facce del problema, che riguarda fortemente anche la sfera emotiva e relazionale. Lo sottolinea oggi Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.   

Nel 2020 e fino all’ottobre 2021, 734 mila neonati sono venuti al mondo circondati da adulti spesso coperti in volto dalle mascherine e, fatta eccezione per periodi in cui le misure di contenimento della pandemia sono state allentate, hanno vissuto in un mondo chiuso e proiettato all’interno dei nuclei familiari. Hanno percepito a volte le tensioni dei genitori per la salute e le difficoltà da affrontare e, soprattutto per i bambini nati nei contesti più svantaggiati, sono venuti a mancare degli importanti stimoli che avrebbero potuto ricevere da una dimensione sociale più allargata. 

Se le difficoltà “ai blocchi di partenza” hanno complicato i primi anni di vita di molti bambini, gli ultimi due anni non sono stati facili per gli 876 mila bambini che frequentavano già la scuola dell’infanzia e che hanno dovuto fare i conti con discontinuità e frammentazione di un’esperienza centrale per il loro percorso educativo. La preclusione della dimensione sociale è stata particolarmente difficile per i 31 mila bambini e bambine con qualche forma di disabilità di questa fascia d’età che, in diverse fasi hanno dovuto rinunciare alle relazioni fondamentali con i coetanei e con gli educatori. In un percorso già denso di ostacoli, 110 mila minori di origine straniera tra i 3 e i 6 anni sono stati più esposti al rischio di deficit di opportunità di integrazione, a causa della scarsa pratica della lingua italiana all’interno del nucleo familiare. 

La perdita di relazioni con i pari, la sovra-esposizione alla rete internet, la riduzione dell’attività fisica hanno pesato ancor più gravemente sui bambini che hanno vissuto, con le loro famiglie, un drammatico impoverimento economico. In un solo anno, infatti, la povertà minorile è aumentata di 200mila unità, arrivando a colpire più di 1milione 300mila bambini. 

“Per un adolescente, il deficit di relazioni sociali è altrettanto, se non più grave, della perdita di apprendimento prodotta dalla pandemia. – ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia Europa di Save the Children - Così come giustamente ci interroghiamo su come rafforzare l’offerta formativa per superare il gap di conoscenze che si è prodotto in questo periodo, allo stesso modo dobbiamo prendere urgenti provvedimenti per colmare il deficit di socialità che sta colpendo la crescita dei ragazzi, con conseguenze talvolta drammatiche”.

Le difficoltà a scuola

Il percorso educativo di ogni bambina e bambino è segnato da momenti di svolta cruciali per la costruzione del futuro, che la pandemia ha stravolto nella forma e nella sostanza. 

A cominciare dalla “prima volta” di ogni ciclo scolastico, come il primo anno di scuola primaria o l’ingresso alla secondaria di primo e poi di secondo grado. L’emergenza covid-19 ha contrassegnato la prima elementare di 1 milione e mezzo di alunni, il primo anno delle medie di 1 milione e 600 mila studenti e l’ingresso alle superiori di 1 milione e 707 mila adolescenti, con le conseguenti maggiori difficoltà di ambientamento e costruzione delle relazioni con i nuovi insegnanti e compagni. Oltre mezzo milione di 10-11enni a giugno 2020 non ha potuto salutare e festeggiare la fine della scuola primaria con la propria classe.       

“Per capire la portata dell’impatto della pandemia su questa generazione, basta prendere in considerazione la scuola secondaria di primo grado, dove più di mezzo milione di studenti che frequentano oggi la terza media non ha mai vissuto pienamente gli ambienti di apprendimento che la scuola offre: si sono destreggiati tra DAD, DID, quarantene, non potendo, in molti casi, neanche fare una vera e propria ricreazione con gli altri studenti, partire in gita, partecipare alle feste e alle attività extracurriculari che consentono di conoscersi ancora di più e meglio, anche al di fuori dell’orario scolastico,” ha proseguito Raffaela Milano di Save the Children.   

“Non possiamo attendere che la sola, auspicata, ripresa economica compensi automaticamente il forte deficit di relazioni e di fiducia nel futuro, che si sta allargando a macchia d’olio. Come Paese dobbiamo attrezzarci per rispondere subito a questa emergenza silenziosa.” Per questo, Save the Children chiede al Governo centrale e alle Regioni un piano di azione nazionale per il benessere e la salute psicofisica dei bambini, degli adolescenti e delle loro famiglie. È indispensabile un impegno congiunto e coordinato del Servizio Sanitario Nazionale e di quello socioeducativo, poiché solo attraverso un’azione sinergica, che veda protagoniste anche le famiglie, il terzo settore e il mondo dello sport, sarà possibile prevenire effetti di lungo periodo su una intera generazione.” 

Per i bambini e gli adolescenti più colpiti dalla crisi, sottolineava Save the Children un paio di settimane fa, è necessaria l’attivazione immediata di “ristori educativi”, ovvero di un pacchetto gratuito di opportunità extra-scolastiche (attività culturali, attività sportive, soggiorni estivi, sostegno allo studio, sostegno psicologico). Queste opportunità dovrebbero essere definite dagli stessi ragazzi e ragazze, rendendoli finalmente protagonisti delle scelte, per vivere esperienze educative di qualità che rafforzino l’autostima e la motivazione. 

“Già prima della pandemia i servizi di salute mentale per l’età evolutiva erano molto carenti e distribuiti in modo disuguale sul territorio. Oggi, a due anni dalla pandemia, è indispensabile che le misure di rafforzamento della rete siano immediatamente rese operative, anche avvalendosi delle risorse stanziate dal PNRR, e che si effettui una attenta verifica sulle liste di attesa per l’accesso ai servizi, a garanzia del diritto alla salute per tutti i bambini e gli adolescenti. Chiediamo infine al Governo centrale e alle Regioni di promuovere un’azione capillare di sensibilizzazione, informazione e orientamento rivolta ai genitori, ai docenti, agli educatori e agli stessi ragazzi e ragazze per mettere il benessere psicofisico al centro, superando lo stigma che ancora oggi circonda l’accesso alle cure per la salute mentale e formando tutte le figure educative nella capacità di riconoscere tempestivamente ogni segnale di disagio”, ha concluso Raffaela Milano.

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