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Giovedì, 25 Aprile 2024
Anno scolastico complicatissimo

Scuole chiuse: le regioni più a rischio e il passo indietro che riporta (quasi) al lockdown di marzo 2020

Aule chiuse, dopo il nuovo Dpcm, non soltanto in zona rossa, ma anche in zona gialla e arancione in caso di incidenza elevata. La sensazione che chiudere tutti gli istituti, e lasciare invece spiragli di apertura ben più ampi per tutto il resto, sia un pericoloso passo indietro rispetto alla gestione della pandemia sul fronte scolastico c'è. Decidono le Regioni

E' una doccia ghiacciata su tutto il mondo della scuola. Aule chiuse, dopo il nuovo decreto del presidente del Consiglio Mario Draghi, non soltanto in tutti quei territori che si ritrovano o si ritroveranno fino a Pasqua in zona rossa, ma anche in zona gialla e arancione in caso di incidenza elevata dei contagi. Le novità saranno effettive dalla prossima settimana per il mondo della scuola, in conseguenza del fatto che il nuovo Dpcm sarà in vigore da sabato 6 marzo.

Scuole chiuse: che cosa succederà dal 6 marzo al 6 aprile 2021

Numeri alla mano, oltre 6 milioni di studenti, il doppio di oggi, rischiano di tornare a seguire le lezioni da casa. Il rischio di uno stop alle lezioni in presenza così diffuso non lo si vedeva da nord a sud dal lockdown di marzo 2020.

Il Dpcm 2 marzo 2021 del governo Draghi sancisce una nuova regola per la chiusura degli istituti scolastici: le scuole sono chiuse nelle regioni in zona rossa, mentre nelle zone arancioni e gialle verranno chiusi gli istituti che hanno più di 250 contagi sul territorio ogni 100.000 abitanti da almeno una settimana oppure che negli ultimi sette giorni hanno osservato esplodere i casi; oppure, ancora se, con provvedimenti restrittivi già presi, scoprono in casa una delle varianti. Nel Decreto sostegno ci saranno risorse retroattive per i congedi parentali (200 milioni di euro), da gennaio in avanti, e anche risorse per la didattica a distanza.

Scuole chiuse: le regioni più a rischio

Qualche esempio di scuole chiuse: Bologna e Modena saranno in lockdown nelle prossime ore, ha annunciato Bonaccini. L’ordinanza regionale farà partire la sospensione anche di nidi e materne (sia statali che comunali) dal 6 marzo. A nord-est le province di Udine e Gorizia passeranno in arancione da venerdì per decisione del presidente Massimo Fedriga che ha disposto la didattica a distanza per tutti gli studenti delle medie, delle superiori e delle università. Niente scuola in presenza anche per i ragazzi delle seconde e terze medie e delle superiori del Piemonte. "Abbiamo una situazione che ci dice che quotidianamente le cose stanno peggiorando - sottolinea il presidente Alberto Cirio -. Dobbiamo essere pronti ad intervenire chirurgicamente dove necessario". Insomma, situazione complicata e i ragazzi pagano un prezzo estremamente alto.  La Campania ormai da 10 giorni fa segnare più di 2mila casi al giorno, e la situazione è pesante anche in Abruzzo, che ha comunque già due province - quelle di Pescara e Chieti - in lockdown. Rischiano l'arancione la Calabria, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto, con Lazio e Puglia sul limite. In due terzi dell'Italia le restrizioni più dure sono un orizzonte molto concreto. 

La decisione spetta sempre alle Regioni; se si supera il limite dei 250 casi i governatori potranno disporre le chiusure degli istituti. Secondo alcune stime da lunedì prossimo oltre 6 milioni di studenti su 8,3 milioni dovranno studiare a distanza, in sostanza 3 su 4. Tuttoscuola calcola che le Regioni che potrebbero essere interessate da questa chiusura totale sono la Lombardia con 1.401.813 alunni, la Campania con 944.993, l'Emilia Romagna con 620.423, la Puglia con 585.344, il Piemonte con 573.231, la Toscana con 504.616, le Marche con 212.161, la Liguria con 189.785, il Friuli Venezia Giulia con 156.003 e l'Umbria con 119.177. Poi devono essere sommati anche alcuni comuni laziali tra cui anche la provincia di Frosinone. Il resto della regione Lazio invece potrebbe mantenere 626.190 alunni con didattica in presenza (a meno di un peggioramento del quadro), la Sicilia con 615.891 alunni a scuola, il Veneto con 573.694, la Calabria con 233.209 a scuola, la Val d'Aosta con 15.552 in presenza e la Sardegna con 207.286 alunni, in zona bianca. In presenza (ma con la consueta alternanza del 50% per gli studenti delle superiori) vi sarebbero 2.271.803 alunni (il 26,7%) e 6.234.962 (73,3%) in Dad. Ipotesi, stime, al momento. Prima di lunedì prossimo sarà tutto più chiaro.

4 marzo 2020 - 4 marzo 2021: cosa diceva Azzolina un anno fa

Il 4 marzo 2020 le lezioni furono sospese in presenza e le scuole, tranne la minuscola parentesi degli esami di maturità, non hanno più riaperto fino a settembre. Un anno dopo, siamo punto e a capo. "So che è una decisione d’impatto. Come Ministro dell’Istruzione spero che gli alunni tornino al più presto a scuola e mi impegno a far sì che il servizio pubblico essenziale, seppur a distanza, venga fornito a tutti i nostri studenti" diceva l'ex ministra Lucia Azzolina esattamente un anno fa dopo il Dpcm di quella data. Nessuno immaginava che l'emergenza sarebbe potuta durare così a lungo. 

Certo, i contagi anche a scuola (come in qualsiasi altro luogo), sono una realtà. Ma la sensazione che un decreto che chiuda così le scuole, e lasci invece spiragli di apertura ben più ampi per tutto il resto, rischi di essere un pericoloso passo indietro rispetto alla gestione della pandemia sul fronte scolastico c'è. Poche altre cose come la chiusura delle scuole rappresentano una autocertificazione della diffusa incapacità di una classe dirigente, almeno a livello organizzativo, di fronteggiare un'epidemia a un anno dal suo inizio. Il problema non è chiudere le scuole di per sé. Succede anche all'estero. Il punto è che la chiusura delle scuole è facile da mettere in atto e da far rispettare. Su tutto il resto, e per molti altri comparti, adesso pare esserci maggiore disponibilità a trovare soluzioni meno impattanti. Postilla: i congedi parentali, tra l'altro ancora ipotetici e non ufficializzati, non sono per tutti i lavoratori, accedervi non è scontato e comunque comporta una riduzione importante della retribuzione (non per tutti in questa fase così complicata è un'opzione).

I dubbi sono tanti anche dentro al partito con più peso nella maggioranza di governo. "Non possiamo essere d’accordo con un decreto che chiude le scuole e lascia aperto tutto il resto. Con il nuovo Dpcm si fa un pericoloso passo indietro rispetto alla gestione della pandemia sul fronte scolastico: si sottovalutano i danni formativi e psicologici dei nostri ragazzi e, soprattutto, si rischia di avere l’effetto opposto a quello sperato" affermano in una nota ufficiale le deputate e i deputati del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura. "Le Regioni in zona gialla e arancione", proseguono, "torneranno a chiudere più facilmente le scuole perché autorizzate a livello nazionale e perché economicamente conviene di più rispetto a chiudere altre attività. Di conseguenza, però, gli studenti potranno frequentare di più altri spazi di socializzazione, sicuramente meno sicuri rispetto alle scuole, rischiando di contribuire maggiormente alla diffusione del virus. Questa strategia si fonda su un paradosso. Inoltre, stiamo mandando un messaggio profondamente sbagliato al Paese e alle giovani generazioni: è come dire che non vogliamo investire sul loro futuro". Non è necessario essere ultrà pentastellati per essere almeno in parte d'accordo. Quanti siano i contagi dentro oppure fuori dalle scuole è ancora dibattuto.

Scuole chiuse, Bianchi: "La variante inglese ha cambiato tutto"

"Ci siamo trovati di fronte a un rapidissimo cambiamento della situazione epidemiologica. La variante inglese ha modificato radicalmente il quadro precedente: colpisce anche i ragazzi e non solo quelli tra i 10 e i 19 anni, ma anche più piccoli": così il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, ha spiegato in un'intervista a La Stampa la decisione, contestata da più parti, di chiudere le scuole nelle zone del paese dove più alta è l'incidenza dei contagi del Covid-19. "Abbiamo chiesto un parametro chiaro. Il Cts ce lo ha dato: 250 casi ogni 100 mila abitanti. Abbiamo fatto delle scelte. La scuola sarà a distanza in situazioni eccezionali e comunque nelle aree in cui servono forti restrizioni legate all'andamento dell'epidemia. Dobbiamo tutelare la salute pubblica, in particolare quella dei nostri bambini, e preservare la piena funzionalità del sistema sanitario", ha sottolineato il ministro, respingendo l'idea che ci siano "dissennati da una parte e difensori dei bambini dall'altra", e invitando a "tener conto della realtà, a prendere atto che le varianti vanno combattute" con l'auspicio di "sia l'ultima battaglia".

Agli studenti che non ne possono più della didattica a distanza, il ministro fa sapere che si sta lavorando "al suo miglioramento, con un gruppo composto da persone sia interne al ministero che provenienti dai territori, dirigenti scolastici, docenti, maestri di strada". "Abbiamo già raccolto quasi 200 esperienze su come si è evoluta la didattica a distanza: le diffonderemo. Faremo formazione mirata per i nostri docenti sulle nuove forme di didattica. Investiremo risorse per affrontare questa fase. Attiveremo la rete del volontariato a supporto della scuola, favoriremo i patti di comunità con il territorio, guardando anche oltre l'emergenza, considerando la dad non come ripiego ma come integrazione e arricchimento per costruire una scuola nuova".

La ripartizione delle Regioni e Province Autonome nelle diverse aree in base ai livelli di rischio a partire dal 1 marzo 2021 è la seguente:

  • area gialla: Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sicilia, Valle d’Aosta, Veneto
  • area arancione: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Umbria
  • area rossa: Basilicata, Molise
  • area bianca: Sardegna

Nei prossimi giorni sono 10 le Regioni che potrebbero ritrovarsi in zona rossa, da nord a sud.

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