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Disabilità

Handicap, invalidità e disabilità: dalle differenze ai diritti

Per la legge esistono diversi parametri per misurare la condizione di una persona con disabilità. È questo tipo differenziazione che porta poi ad avere diversi tipi di diritti e provvidenze

In Italia convivono tre parametri per misurare la condizione di una persona con disabilità: handicap, invalidità e disabilità. Con handicap si intende la situazione di una persona “che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.” Con invalidità si entra nel mondo delle prestazioni, in particolare alle provvidenze economiche, che possono spettare ad una persona. Per disabilità si intende il rapporto che esiste tra la minorazione da cui è affetta la persona (ad esempio la sordocecità) e l’ambiente in cui vive.

Una volta che viene certificato un handicap si può accedere al godimento dei propri diritti, come sancito ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Secondo la nuova concezione della disabilità, introdotta dalla Convenzione Onu del 2006 essa è “un concetto in evoluzione”: cioè si modifica nel tempo. L’ambiente può fare molto per ridurre lo svantaggio che deriva dalla minorazione. 

I principi della Convenzione Onu hanno finalmente trovato un primo importante riscontro legislativo nella legge-delega 22 dicembre 2021, n. 226, che, nel delgeare il governo a riorganizzare la materia relativa all’acertamento della disabilità, lo vincola a tenere conto della nuova concezione, nella prospettiva di un  superamento della concezione sanitaria che in Italia è ancora vigente. Una legge-delega, per funzionare, ha bisogno dei decreti legissslativi, e sarà molto importante vedere come, e quando, il Governo renderà operativa questa nuova legge.

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Cecità, sordità, sordocecità o pluriminorazione psicosensoriale

Per la legge italiana (legge 138/2001) le minorazioni visive si dividono in cinque grandi categorie: cecità totale, cecità parziale, ipovisione grave, ipovisione medio-grave ed ipovisione lieve. È questo tipo differenziazione che porta poi ad avere diritto a diversi tipi di provvidenze.

Quando parliamo di sordità, possiamo subito sottolineare come grazie alla legge n. 95 della legge 20 febbraio 2006 non viene più utilizzati il termine “sordomuto”: una persona priva  dell’udito, è “persona sorda”. Per l’ordinamento italiano quindi, “si considera sordo il minorato sensoriale dell’udito affetto  da sordità congenita o acquisita durante l’età evolutiva (cioè entro il dodicesimo anno) che gli abbia compromesso il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio”.

La legge 107/10 definisce anche la sordocecità: “si definiscono sordocieche le persone cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità civile e di cecità civile.” Per il nostro ordinamento, la sordocecità sarebbe la semplice somma di sordità e cecità.  Una definizione in netto contrasto sia con quanto propone la stessa legge, che parla di sordocecità quale disabilità specifica, sia con la dichiarazione del Parlamento europeo del 1° aprile 2004, cui la legge vorrebbe ispirarsi.

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Più complesso è infine parlare di persona con pluriminorazione psicosensoriale, perché in Italia non esiste una definizione precisa dal punto di vista legale. Con questo termine si intendono quelle persone che, assieme ad una perdita totale o parziale della vista e dell’udito, presentano altre disabilità di natura motoria e/o cognitiva. Queste persone, in genere, hanno il riconoscimento singolo di più disabilità (cecità, sordità, disabilità motoria eccetera).

Il diritto di non essere discriminati

Diritti e provvidenze diverse, dunque, in base alla tipologia di disabilità, uno però rimane universale: stiamo parlando del diritto di non essere discriminati. La non discriminazione di ogni cittadino trova il suo principio fondativo nella Costituzione, e in particolare nell’art. 3. Questo, per le persone con disabilità, è stato recepito con la Legge del 6 marzo 2006, n. 67 che possiamo riassumere con alcuni concetti base: ovvero il principio di parità di trattamento che comporta che non possono sussistere né discriminazioni dirette né discriminazioni indirette né molestie, quindi quei comportamenti indesiderati, per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità creando un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi 
confronti.

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