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Disabilità

Sindrome di Charge: la storia della piccola Letizia raccontata da mamma Alessandra

Amore, forza di volontà e un aiuto prezioso: ecco come Letizia è uscita dal suo isolamento

Chi è genitore lo sa: un figlio cambia la vita. Orari, lavoro, relazioni sociali, rapporti di coppia… tutto viene, nel bene o nel male, influenzato dal nuovo arrivo.

Eppure, tutto questo non è nulla in confronto al cambiamento che avviene quando scopri che tua figlia, neonata, ha la Sindrome di Charge.

Una malattia genetica rara, che colpisce circa un nato su 10.000 e che può comportare diverse manifestazioni, tra le quali anche ritardo psicomotorio, problemi cardiaci, sordità e cecità.

Letizia: piccoli passi per tagliare grandi traguardi

Tali sono le manifestazioni della Charge riscontrate in Letizia, una bambina che, in questi suoi primi 4 anni di vita, ha dovuto lottare contro due forme di oscurità: quella causatagli dall’essere ipovedente e quella derivata dall’isolamento sociale che tale condizione ha purtroppo comportato.

Un isolamento che neanche sua madre Alessandra, era riuscita a scardinare, inizialmente colpita dal progressivo manifestarsi di sintomi a cui ancora non sapeva dare un nome, e, in seguito, bloccata dalla paura di non potere affrontare la situazione e di conseguenza aiutare sua figlia.

Eppure, Letizia oggi ha 4 anni e, per essere una bambina con disabilità, ha fatto decisamente passi da gigante, raggiungendo obiettivi e traguardi che Alessandra non avrebbe mai immaginato e compiendo progressi importanti non solo in termini di capacità motorie, ma anche cognitive e relazionali.

Lega del Filo d’Oro: un percorso costruito sulla persona

È riuscita a farcela grazie all’amore e alla forza di volontà di Alessandra, che non si è mai arresa allo sconforto, ma anche tramite un aiuto prezioso

Alessandra si è, infatti, rivolta alla Lega del Filo d’Oro, Fondazione che accoglie e prende in carico persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali con le loro famiglie, accompagnandole in un percorso fatto di fiducia, speranza, relazione, ma, soprattutto, di risultati concreti.

Un metodo, quello messo in pratica nel Centro Diagnostico di Osimo, della Lega del Filo d’Oro, che si basa sul riconoscere le risorse residue di cui i giovani utenti dispongono e sul valorizzarle, fino a farle emergere con un percorso educativo riabilitativo studiato ad hoc su di loro.

La testimonianza di Alessandra: “Letizia odiava le coccole e il contatto fisico.”

È stata proprio Alessandra, la mamma di Letizia, a parlarci di questa esperienza dentro e fuori il Centro Nazionale di Osimo.

D: Quando ti è stato detto che Letizia aveva la Sindrome di Charge, qual è stata la tua prima reazione?
A: La diagnosi di Sindrome Charge è arrivata con difficoltà. I sintomi sono, infatti, comparsi piano piano, uno alla volta, e il non saperli inserire in un unico quadro mi faceva sentire spaesata. Ho messo insieme io i tasselli e, dopo alcune ricerche approfondite, ho insistito perché prendessero in considerazione la Charge. Ricordo ancora la frase di un medico che aveva sottovalutato i sintomi di Letizia: “La bimba non ha i tratti somatici della Sindrome di Charge”. 

Per questo, in me, non c’è stata una vera reazione di sconforto alla conferma della diagnosi, ma anzi, in quel momento ho avuto una reazione di sollievo, perché potevo finalmente dare un nome certo a ciò che stavo affrontando e potevo iniziare a muovermi di conseguenza. 

D: Chi ti ha consigliato la Lega del Filo d’Oro e dopo quanto tempo l’hai contattata?
A: Appena ho capito che poteva trattarsi di Charge mi sono rivolta ai canali social di famiglie con lo stesso problema. Un’altra mamma mi ha consigliato di non perdere tempo e contattare la Lega del Filo d’Oro. Letizia è nata a dicembre 2018 e io ho contattato la Fondazione a gennaio 2019. In quel momento, non avevo ancora in mano la diagnosi ufficiale di Sindrome di Charge, ma io ne ero certa. 

D: Com’è stato il percorso di Letizia all’interno del Centro Diagnostico?
A: Il primo ricovero a inizio 2020. Letizia non riusciva a stare in posizione seduta. Per muoversi strisciava e, per lo più, rotolava. Non riuscendo a usare le mani, l’esplorazione dell’ambiente era deficitaria. 

Il primo lavoro al Centro è stato di tipo fisioterapico, per farle acquisire alcune capacità motorie: farla stare seduta, insegnarle a gattonare e tirarsi su con un appoggio. In quelle prime tre settimane Letizia ha iniziato a usare le mani e a giocare. Nel contempo, lavoravano anche su di me. Mi davano letteralmente i compiti a casa e materiale da studiare, così da farmi acquisire le competenze necessarie per potermi occupare di Letizia in autonomia.

Poche settimane dopo è scoppiata la pandemia e il secondo trattamento presso il Centro Diagnostico è stato rimandato a fine 2021. Letizia aveva, nel frattempo, imparato a fare i primi passetti da sola, spostandosi tra un appoggio e l’altro. Durante il secondo ricovero, è stato fatto un lavoro sul fronte comunicativo. Letizia era molto chiusa, persino con me, odiava le coccole e il contatto fisico. Hanno capito che fotografie e, in seguito, immagini e simboli stilizzati, potevano aiutarla. Proporle questo strumento di comunicazione ha significato aprire un canale con il mondo e per la comprensione dell’ambiente circostante. 

Con il terzo ricovero, a fine 2022, hanno introdotto la Lingua dei Segni, lavorando di pari passo anche sulla relazione e sul contatto fisico. Dopo tre settimane, Letizia dava i bacetti, si interessava di più alle persone e, avendo la sua attenzione, ora possiamo comunicare meglio. Io ho fatto un corso base di Lingua dei Segni, così da supportarla anche a casa nell’apprendimento.

Oggi la Lega del Filo d’Oro non ci ha abbandonato, tanto che abbiamo preso contatti con la sede di Modena e, tramite loro, abbiamo trovato un’educatrice e interprete della lingua dei segni, che viene a casa un’ora a settimana. Lei e Letizia giocano in bilingue (uditivo e segni). In futuro, Letizia entrerà, sempre a Osimo, nel programma dei trattamenti intensivi di breve durata, destinati ai maggiori di 4 anni.

D: Com’è cambiata la vostra vita familiare in questi anni?
A: È cambiata tantissimo, intanto perché la diagnosi ha avuto un effetto bomba sulla famiglia. Il papà di Letizia ha avuto una reazione di sconforto importante, che è sfociata nella nostra separazione. Tutti i progressi di Letizia, che il papà ha potuto comunque osservare, hanno cambiato la prospettiva sulla bambina e ora ci siamo ricongiunti, ritrovando una stabilità generale. Letizia ha, poi, un fratello maggiore di 9 anni, che subisce molto la condizione della sorella, perché, pur volendole un bene dell’anima, riesce a interagire poco con lei. Però, nel miglioramento generale, è migliorata anche la relazione fratello-sorella, perché ora possono entrare più facilmente nei rispettivi mondi. 

D: Quale conquista di Letizia ti emoziona di più: la prima o l’ultima? 
A: Ogni volta, vivo una conquista di Letizia con la stessa emozione. Lei mi sorprende ogni giorno e mi ha dato una capacità di guardare alla vita in maniera diversa. Chi non ha a che fare con la disabilità ha un punto di vista falsato, perché questi bambini hanno una grande resilienza. La disabilità non risiede solo nei limiti fisici, ma soprattutto nel pregiudizio della società. Questi bambini sono varianti della normalità, come lo siamo tutti. Rappresentano un arricchimento per chi li conosce. È un bene che si sensibilizzi il mondo con le loro storie e che si dia visibilità non solo a realtà come la Lega del Filo d’Oro, ma anche e soprattutto ai disabili stessi.

Parole, quelle di Alessandra, che dimostrano l’enorme gratitudine che prova nei confronti del personale del Centro Nazionale, diversi specialisti, che l’hanno aiutata e ancora l’aiutano concretamente nel suo percorso con Letizia. 

Lo hanno fatto all’interno del Centro Diagnostico, ma è a casa che il rapporto madre-figlia viene testato, giorno dopo giorno, con la paura sempre dietro l’angolo di non riuscire a fare mai abbastanza, ma con la certezza che, grazie ai consigli di chi ha seguito Letizia al Centro, i risultati arriveranno. 

Ed è proprio così, perché ogni giorno Letizia fa quel passo in più che la avvicina a nuovi traguardi e conquiste. 

Una mano tesa può creare legami indissolubili

Il recente ampliamento del Centro Diagnostico è stato pensato proprio per aumentare le possibilità dei giovani ospiti di raggiungere una vita il più normale e soddisfacente possibile. Oggi può ospitare, infatti, fino a 8 persone con le rispettive famiglie ogni settimana, il doppio di quanto poteva accoglierne in precedenza.

Un upgrade che è stato possibile anche grazie agli aiuti economici raccolti con il 5x1000 alla Lega del Filo d'Oro e con le donazioni che ciascuno di noi può destinare a questa causa, tendendo una mano sia agli operatori del Centro, che ogni giorno lavorano con passione, sia alle famiglie dei piccoli ospiti, le cui storie sono  sempre un modello di speranza e conforto per molti altri.

Ed è ancora Alessandra, la miglior testimonial involontaria di questa realtà, quando utilizza parole, per le quali non servono spiegazioni ulteriori.

“Oggi la Lega del Filo d’Oro è la mia seconda famiglia e la mia seconda casa. Mi ritengo fortunata ad aver conosciuto una realtà come questa. Ho creato un legame con le persone che vi lavorano, persone splendide, che mettono l’anima in quello che fanno. Li ammiro tantissimo e con alcuni di loro ho costruito un legame che va al di là del soggiorno alla Lega: ci sentiamo con telefonate o messaggi nei periodi tra un soggiorno e l’altro.”

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