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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Perché sprecare cibo se si può scambiarlo online?

Grazie a una piattaforma nel mondo cibernetico si può donare il cibo che si acquista in eccedenza che non si desidera più o che semplicemente si vuole regalare a qualcun altro

A chi non è capitato, poco prima di una partenza, di lasciare a un amico il latte o i formaggi o qualsiasi altro alimento per non buttarlo?  Da qualche mese anche l’Italia ha la sua piattaforma web per la condivisione degli alimenti: Ifoodshare.  Il nome, da solo, indica l’obiettivo: la condivisione del cibo. Nata in Sicilia qualche mese fa, l’iniziativa si basa su un’idea già messa in campo in Germania, ma, pur prendendone l’essenza, l’associazione made in Italy non è la copia esatta della piattaforma tedesca.

 I Food Share ha come pietra miliare la cultura della solidarietà fondata sullo scambio del cibo. Un’ottica di condivisione per fronteggiare quel paradosso tipico del diritto all’alimentazione: mentre una parte del Pianeta può scegliere di cosa cibarsi optando per l’una o l’altra prelibatezza culinaria, una persona su sette ogni giorno va a letto affamata e più di 20.000 bambini di età inferiore ai cinque anni muore quotidianamente per fame (fonte: FAO).

Ovviamente le problematiche connesse alla mancanza di cibo e soprattutto alla maldistribuzione degli alimenti e agli sprechi tra il campo e il consumatore sono sui tavoli di Governi e Istituzioni e non possono essere risolti con un click online. Ma certamente il progetto di food sharing è un piccolo tassello in più nelle possibili alternative al cibo che finisce nella spazzatura.
Così, anche in Italia produttori, privati cittadini, commercianti alimentari e chiunque per una qualsiasi ragione voglia regalare o scambiare una cesta alimentare può registrarsi al sito e offrire i suoi prodotti agroalimentari.  Ogni donazione alimentare indica la città di provenienza, la tipologia, la quantità di cibo, la data di scadenza consultabili per tutti; mentre per accedere ai contatti di chi desidera offrire un paniere occorre iscriversi.

La piattaforma italiana è apolitica indipendente e non ha scopi di lucro. “Il nostro obiettivo principale è infatti quello di creare il contatto tra l’offerta e la domanda”, ha dichiarato, in un’intervista, a Gaianews, Daniele Scivoli, il giovane fondatore e presidente di I Food Share.

Per scettici pigri e diffidenti, basta dare un’occhiata ai dati Istat pubblicati lo scorso luglio: nel 2012, 3 milioni e 232mila famiglie nel nostro Stivale erano in condizione di povertà relativa, per un totale di 9 milioni e 563mila individui. E se si considera il disagio della povertà assoluta, ossia i più poveri tra i poveri misurati sulla base di un paniere e servizi essenziali , la cifra è altrettanto spaventosa: 4 milioni e 814mila persone. 
La situazione, come sempre, è più grave nel Mezzogiorno, anche se per l’Istituto statistico il peggioramento dal 2011 al 2012, è evidente in tutte le ripartizioni geografiche.

E in questo quadro dai colori tristi non brilla certo il diritto all’alimentazione. Eppure l’Italia ha ratificato il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali con la legge 25 ottobre 1977; perciò è diventato legge dello Stato anche l’articolo 11 del suddetto Patto, secondo cui i Governi “riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita”  

E allora, in attesa che – come sancisce ancora l’articolo 11 - “gli Stati parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto”,  nonostante la condivisione del cibo in internet non sia ancora diffusa nel Bel Paese, l’ auspicio è che questo metodo contro lo sperpero si utilizzi con costante aumento. 

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