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Venerdì, 19 Aprile 2024
Fieracavalli

Purosangue arabo, tra mito e realtà

Una razza antica che continua ad affascinare per la sua inconfondibile bellezza e agilità

Parlare del cavallo arabo, non significa solo approfondire la conoscenza di un esemplare equino eccezionale, ma anche aprire le porte ad una serie di miti e leggende, che intrecciano la storia di questi animali con quelle delle tribù beduine del deserto.
Il cavallo arabo è, infatti, una razza molto antica, tanto che alcuni dei racconti che lo riguardano, coinvolgono, addirittura, la figura di Maometto.

Questo eccellente esemplare doveva necessariamente presenziare, quindi, alla 123ª edizione di Fieracavalli.
Durante il secondo weekend in cui si terrà la rassegna (dal 12 al 14 novembre), sarà possibile ammirare l’eleganza, l’agilità e la versatilità del Cavallo Arabo, in particolare in occasione di due competizioni.
Nel Campionato Europeo, i migliori esemplari di Cavallo Arabo, la cui età sarà compresa tra gli uno e i dieci anni, concorreranno alla conquista del titolo europeo.
Inoltre, il programma prevede anche il Verona International Cup, un concorso B internazionale, il cui scopo principale è favorire le relazioni e generare opportunità di business legate a questa razza.

Tra mito e leggenda

Ci sono diversi miti che coinvolgono la figura del Cavallo Arabo e le sue origini.
In uno dei racconti delle “Tende nere”, ad esempio, si narra che re Salomone fosse così rapito dalla bellezza delle sue giumente da dimenticare l’ora della preghiera dedicata al suo Dio.
Quando se ne rese conto, per espiare la colpa, ordinò che fossero uccise tutte. Se ne salvarono solo cinque (da cui ebbero origine le cinque famiglie più importanti del Purosangue Arabo), i cui nomi ne descrivono le relative qualità.
Koheilan, con profondi occhi scuri, che ricordano quelli delle ragazze che si truccavano con il “Kajal”. Obeyan, con la coda orgogliosa e alta, come il mantello dei beduini “Abaya”.
Dahmand,  con il pelo molto scuro “Duhm”.
Shuwaimeh, con una voglia “Shama” trotinata; si dice fosse la “macchia del Profeta”, ovvero il sangue che il Profeta, ferito, versò sul collo della cavalla durante la sua fuga.
Saglawieh, che, durante il galoppo, assumeva un’andatura gioiosa e impulsiva “Sagla”.

Un’altra leggenda, invece, narra che Maometto, per testare la fedeltà delle sue amate giumente, le lasciò senza acqua per giorni.
Quando le liberò, queste si diressero subito verso la riva del fiume lì vicino, per abbeverarsi.
Appena prima che raggiungessero il corso d’acqua, il Profeta le richiamò: solo cinque di loro, nonostante la sete, ritornarono da lui.
Queste sono le cinque giumente alla base della razza.

Maometto, addirittura, rese l’allevamento del puro “Asil” un dogma religioso.
Recita, infatti, il Corano: “se un uomo non riesce a mantenere i suoi doveri religiosi, mantenga un cavallo Asil per la gloria di Allah, gli saranno perdonati i suoi peccati. Chi avrà allevato un cavallo Asil per la guerra santa, nel giorno della resurrezione verrà salvato dal fuoco dell’inferno.”

Ammirare un Cavallo Arabo, quindi, rappresenta l’occasione per fare un tuffo tra mito e leggenda.

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