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Barbie transgender e Ken con la vitiligine: l'inclusività passa (anche) dai brand

Barbie, Google e Clavin Klein. Sono solo tre tra i brand che hanno dedicato al tema dell’inclusività forte attenzione

L’inclusività è oggi uno dei valori più importanti per un’azienda e di conseguenza per un brand. Quasi al pari dell’innovazione. O forse, causa diretta della stessa.

L’identificazione da parte di un cliente verso un un brand permette di avere una voce, di essere rappresentati, di avere pari opportunità. Ma per inclusività oggi non si intende solo fornire a più soggetti possibili il godimento di un diritto, ma anche una serie di regole di buona condotta e di reputazione tali da permettere la reale uguaglianza verso chi, nel caso di un brand, usufruisce di un prodotto specifico.

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È quanto stanno perseguendo numerosi brand, anche tra i più famosi. Ne passiamo in rassegna tre.

Barbie transgender e Ken con la vitiligine

Il caso Barbie è esemplare: a partire da questa estate è in vendita la prima versione della celebre bambola con un apparecchio acustico retroauricolare e il primo Ken con la vitiligine. Andando così a rappresentare quelle numerose virgole e caratteristiche fisiche ancora poco considerate.

Ma c’è molto di più: in occasione del cinquantesimo anniversario dell’attrice e modella Laverne Cox (conosciuta per il suo ruolo nella serie televisiva “Orange is the new black” e da sempre attivista per i diritti LGBTQIA+) lo scorso maggio la Barbie ha messo in commercio una versione transgender, la prima della storia.

Google: “Il bel gioco appartiene a tutti noi”

Non saranno certo i mondiali più celebrati della Storia, vuoi soprattutto per le numerose polemiche sulla nazione padrona di casa, il Qatar e le sue politiche anti LGBTQIA+.  Per sensibilizzare sul tema dei diritti civili e fare da controaltare alla politica qatariota, ci prova Google con lo spot dei suoi Pixel 7. “The Beautiful Game Belongs to All of Us”, superando le distinzioni di sesso, che vogliono la presenza del calcio femminile ancora relegato a un posto inferiore rispetto a quello maschile.

All’interno dello spot, sono presenti camei dell’ex capitano della nazionale colombiana Carlos Valderrama e della star della squadra nazionale femminile degli Stati Uniti e sostenitrice LGBTQIA+ Meghan Rapinoe. Un segnale che, anche qualora non venisse accolto dall’organizzazione dell’evento, mostra comunque la vicinanza di brand importanti su tali argomenti.

Naturalezza firmata Calvin Klein

La bellezza della naturalezza e l’importanza di rappresentare corpi tra loro diversi e speciali, ognuno a proprio modo. Questo il messaggio portato avanti dal marchio Calvin Klein in occasione di una delle sue ultime campagne pubblicitarie. Una varietà di corpi femminili, tutti diversi e lontani dal canone della bellezza perfetta.

“Hello, meet Naturals” recita il copy del post Instagram, andando così a rappresentare un concetto di inclusività più generale: qui tutti e tutte hanno diritto di posare e non facciamo certo distinzioni tra clienti.

Inoltre, lo scorso 8 maggio, in occasione della giornata internazionale dedicata alla mamma, Calvin Klein sui suoi social ha pubblicato vari scatti raffiguranti alcune mamme, in tutto il mondo e in diverse pose. Tra le varie, spicca un’immagine che ritrae Roberto Bete e Erika Fernandes: Roberto è un uomo transgender che sta portando avanti una gravidanza, frutto dell’amore della coppia.

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Appare chiaro anche solo da questi tre brevi esempi che inclusività è molto più che inclusione. È un modo di abbracciare l’intera umanità, di non porre muri culturali tantomeno politici nei confronti dell’altro. E di regalare a più esseri umani una possibilità di identificazione.

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