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Quote rosa e rappresentazione di genere: due facce della stessa medaglia

La rappresentazione di genere è l’effettiva constatazione della presenza di entrambi i generi in posizioni decisionali, mentre le quote rosa sono i provvedimenti atti a raggiungere tale parità

Quando si parla di parità di genere si intende, semplificando, la condizione in cui persone di sesso diverso ricevono uguale trattamento, con identico accesso alle risorse disponibili e pari opportunità.
Legata a ciò, la rappresentanza di genere, ovvero l’effettiva presenza di entrambi i sessi in posizioni decisionali, sia in ambito lavorativo che politico.
Nella stragrande maggioranza dei casi, a difettare è la presenza di donne.
Per una reale ed universale democrazia, la presenza femminile è fondamentale, in quanto si fanno portavoce dei bisogni e degli interessi di metà della popolazione.
Dato che, però, una rappresentanza femminile sostanziale è ancora ben lontana, ecco che diventano necessari provvedimenti legislativi come le cosiddette “quote rosa”.

A cosa servono le quote rosa

Sull’Enciclopedia Treccani, alla voce quote rosa, si legge quanto segue:
Provvedimento (in genere temporaneo) teso a equilibrare la presenza di uomini e donne nelle sedi decisionali (consigli di amministrazione, sedi istituzionali elettive e così via) effettuato introducendo obbligatoriamente un certo numero di presenze femminili. Il provvedimento mira a ridurre la discriminazione di genere e in particolare a consentire alle donne di sfondare il glass ceiling [...].

Le quote di genere, quindi, determinano una percentuale obbligatoria di presenza di entrambi i generi in ambito lavorativo, o politico, al fine di garantire una equa rappresentazione, sopperendo alla condizione che, nella maggior parte dei casi, risulta deficitaria.
Le quote di genere sono comunemente definite “quote rosa” in virtù del fatto che la sottorappresentazione del genere, il più delle volte, riguarda le donne.
In poche parole, le quote rosa servono a garantire, a livello di legge, la presenza del sesso meno rappresentato in tutti gli ambiti di competenza, si tratti di istituzioni politiche o ai vertici di un’azienda.
La loro utilità, inoltre, dovrebbe spingersi fino a supportare la modifica della forma mentis attualmente più diffusa, così da abituare la maggioranza a considerare “usuale” la presenza delle donne in tutti gli ambiti; questo, fino al raggiungimento di una effettiva rappresentanza di genere, momento in cui l’impiego delle quote rosa diventerebbe superato e non sarebbe più necessario.
Tale provvedimento dovrebbe, quindi, servire a promuovere un cambiamento socio culturale nella percezione dell’immagine della donna.
L’impiego delle quote rosa è stato introdotto, ad esempio, in vari Paesi del nord Europa,  contestualmente a politiche dedicate al supporto familiare; ciò ha permesso di ottenere eccellenti risultati nell’incremento dell’occupazione femminile.

Anche se spesso vengono confusi, quindi, è evidente che rappresentanza di genere e quote rosa sono due temi strettamente correlati, ma non sono la stessa cosa.

La situazione sulla rappresentanza di genere in un libro

Un’eccellente panoramica della questione, nonché del perché si fatichi a legiferare adeguatamente per una rappresentanza equa, viene ben spiegato da un testo illuminante.
Si intitola “Locali per soli uomini” il saggio scritto dall’avvocata Federica La Forgia. Originaria di Molfetta, l’avvocata si è spesso impegnata sul fronte dei diritti delle donne, supportata dalla sua notevole esperienza nell’ambito. Tra le altre cose, ha, infatti, partecipato alla  redazione del rapporto ombra 2011 sulla CEDAW (la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne).

Il titolo del suo libro è un richiamo ai vecchi pub inglesi, presso i quali era negato l’accesso alle donne e coincide con la calzante espressione con cui si definiscono i luoghi decisionali al maschile.
Il saggio offre un’analisi esaustiva dell’attuale contesto nazionale sulla questione della rappresentazione di genere.
In maniera scorrevole e semplice, viene trattato sia il percorso già fatto verso l’equità, sia quanto ci sia, ancora, da fare.
Si pone, inoltre, l’attenzione sulla condizione dell’aspetto legislativo, che dovrebbe garantire l’equità di genere nella rappresentanza istituzionale.
Gli spunti proposti sono vari ed interessanti, tra cui si annoverano i meccanismi attraverso i quali si mette in moto l'esclusione sistematica delle donne dalle istituzioni.

È evidente, quindi, che le questioni aperte restano numerose; alla luce di ciò, questo genere di pubblicazioni è fondamentale, per contribuire ad accendere un dibattito di cui la politica ha, tutt’ora, necessità.
Questo libro si dimostra estremamente utile per ottenere più informazioni al fine di comprendere cosa, dove e come attivarsi per risolvere la situazione attuale in cui sono presenti, ancora, troppi locali per soli uomini.

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