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Martedì, 16 Aprile 2024
EARTH DAY

La Terra ha solo il 3% del suo ecosistema ancora intatto: cosa sono le aree "wilderness"

In occasione dell’Earth Day, una riflessione in merito è d’obbligo. Ma non tutto sembra perduto

Si avvicina il 22 aprile, ossia la Giornata Mondiale della Terra. Un evento che porterà con sé una serie di considerazioni sulla sostenibilità, con un focus particolare sui numerosi disastri ambientali recati dall’uomo.

Un dato che fa riflettere sulla velocità con cui l’ambiente circostante sta cambiando drammaticamente, è legato ai luoghi cosiddetti wilderness.
Poco più di 30 anni fa, questi luoghi – così chiamati perché non hanno subito modifiche in misura notevole dagli esseri umani – erano molti di più. Oggi, invece, la percentuale di ecosistemi in cui flora e fauna sono rimaste le stesse di 500 anni fa in epoca pre-industriale, si aggira tra il 2 e il 3%.

Questo risultato non è solo allarmante, ma è anche sintomo di un eccessivo sfruttamento delle risorse da parte dell’uomo, su cui bisogna basare una lunga riflessione sulle politiche da attuare nell’immediato futuro.
E l’Earth Day potrebbe essere l’occasione giusta per stimolare nelle istituzioni un movimento concreto in tal senso.

Si avvicina l’Earth Day, la Giornata Mondiale dedicata alla Terra

Un altro dato preoccupante per l’ambiente

Un altro dato ancora più preoccupante è che solo l’11% di questi ecosistemi si trova all'interno di aree protette. Al contrario, molte di queste aree si trovano in luoghi non formalmente protetti, ma gestiti da comunità indigene, che continuano ad avere un ruolo importante nel prendersi cura della loro integrità.

L’obiettivo perseguito dalla Convention on Biological Diversity (CBD) è proprio quello di preservare l’integrità di tali ecosistemi naturali. E riconoscere l’entità della percentuale di terreni intatti è una minaccia ulteriore al delicatissimo ruolo del CBD.

La versione di Andrew Plumptre

Eppure c’è chi ha avuto una visione positiva e mira al recupero di una situazione preesistente.
Il professor Andrew Plumptre, del Key Biodiversity Area Secretariat dell’università di Cambridge, pur identificando nelle zone wilderness “realtà deprivate di specie fondamentali, vittime della caccia o di invasione di altre specie” e quindi non intatte al 100 per cento, sostiene che è possibile rimediare al danno, reintroducendo anche soltanto piccoli numeri di animali a rischio di estinzione, come elefanti e lupi: un'iniziativa che potrebbe fare risalire al 20% la quota di ecosistema protetto. Un grande sforzo per un risultato ancora minimo, ma almeno non nullo.

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Questa tesi è stata sottolineata anche dallo United Nations Environment Programme, “a condizione che le minacce alla loro sopravvivenza possano essere gestite”.

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