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Living Carbon, la startup che crea alberi geneticamente modificati

Per il progetto sono stati raccolti 21 milioni di dollari. I primi alberi sono stati piantati in un bosco negli Stati Uniti. Cosa c’è dietro Living Carbon, startup creata da un’ex dipendente di OpenAI

Lo scorso febbraio, in un bosco degli Stati Uniti sud-orientali sono stati piantati alcuni primi esemplari di alberi di pioppo geneticamente modificati, con l’obiettivo di catturare più anidride carbonica (CO2) dei loro corrispettivi naturali.

Questo progetto, completamente innovativo, è figlio dell’azienda californiana Living Carbon, composta da biologi, ecologi, forestali, botanici e ricercatori che si dedicano a migliorare la redditività, la scalabilità e l’efficienza dei progetti di rimozione del carbonio utilizzando la scienza.

Living Carbon: il progetto

Tra i co-fondatori di Living Carbon c’è anche Maddie Hall, ex dipendente di OpenAI , la software house che ha sviluppato ChatGPT. È sua una delle dichiarazioni che più fanno sperare l’umanità in tema di riscaldamento ambientale: “Entro il 2030 possiamo piantare abbastanza alberi da rimuovere un gigatone di carbonio”. Un possibile passo in avanti dal momento che per mantenere il clima terrestre a una temperatura stabile, entro la metà di questo secolo si dovranno eliminare ogni anno circa 10 gigatoni di carbonio dall’atmosfera.

Per realizzare questo progetto, Living Carbon ha raccolto la quota di 21 milioni di dollari.

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Alberi geneticamente modificati

I pioppi geneticamente modificati evitano la cosiddetta fotorespirazione, un processo naturale che fa sì che le piante rilascino parte della CO2 assorbita nell’atmosfera, sprecando parte dell’energia prodotta nella fotosintesi. Allo stesso tempo, nel tentativo di crescere in maniera più rapida, questi pioppi riciclano un sottoprodotto tossico della fotosintesi impiegando meno energia e catturando più CO2 nel tempo. L’obiettivo è sotto gli occhi di tutti: maggiore quantità di energia da utilizzare nella crescita e maggiore accumulo di biomassa e assimilazione del carbonio.

Il risultato dei test

I test di laboratorio condotti in serra e dettagliati nello studio in pre-print hanno mostrato un aumento visibile della crescita rispetto ai controlli non modificati, nonché un tasso più elevato di assimilazione del carbonio quando non limitate dalla luce o dall’anidride carbonica. La misurazione della biomassa, condotta alla settimana 21 dopo l’invasatura, ha indicato un aumento del 53% della stessa rispetto alle piantine di controllo, di cui circa la metà immagazzinata sotto forma di carbonio.

Un risultato che non è apparso come indifferente anche dalle organizzazioni ambientaliste che, come è ovvio, hanno espresso numerose critiche in merito all’artificialità del progetto.

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Ma la risposta di Maddie Hall potrebbe andare a una riconciliazione su questo tema: “Abbiamo superato il punto in cui la sola riduzione delle emissioni sarà sufficiente per riequilibrare i nostri ecosistemi e stabilizzare il nostro pianeta. Ora è il momento della rimozione del carbonio su larga scala. Il nostro obiettivo è abbattere il 2% delle emissioni globali entro il 2050 utilizzando circa 13 milioni di acri [5 milioni di ettari] di terra”.

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