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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, ecco le origini della celebrazione

Il 25 novembre ricorre la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, ma la scelta di tale data non è casuale

Tra le violazioni dei diritti umani, la violenza perpetrata sulle donne è una delle più diffuse. La manifestazione di questo tipo di violenza è duplice, toccando sia la sfera fisica che quella psicologica e, in molti casi, sono le persone più vicine alle vittime  a commetterla.
Questa tendenza si è resa evidente, in particolare, durante i lockdown imposti in conseguenza alla pandemia: in questi periodi, infatti, i casi di violenza domestica sono drammaticamente aumentati, come dimostrano le chiamate alle linee di assistenza che, in alcune zone, sono addirittura quintuplicate.
L’uguaglianza di genere e l’emancipazione femminile sono traguardi ancora lontani ed è necessario l’impegno da parte di tutti per migliorare tale condizione.

Per tenere viva l’attenzione sul tema della violenza di genere, nel 1999 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, invitando  governi e organizzazioni internazionali a cogliere quest’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito.
La data scelta non è casuale, ma deriva da un grave evento avvenuto 60 anni fa.

Tre sorelle unite per i diritti delle donne

Il 25 novembre 1960 è la data in cui Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, furono uccise a causa delle loro idee.
Le tre donne, infatti, si opposero con coraggio al regime dittatoriale di Rafael Trujillo, in Repubblica Dominicana, assumendo il nome di ‘Las Mariposas’ (le farfalle).
La loro militanza politica iniziò quando Minerva osò criticare apertamente il dittatore, esprimendo le proprie idee.
Questo portò ad una serie di rappresaglie nei confronti della donna e dell’intera famiglia Mirabal.
Le sorelle continuarono la loro opera rivoluzionaria in maniera costante ed efficace, arrivando a fondare l’organizzazione clandestina denominata  ‘Movimento 14 giugno’, di cui Minerva rappresentò la vera anima. Come scrisse Dedè, l’unica delle sorelle sopravvissuta all'attentato: «Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza».
A causa delle proprie azioni, sia le sorelle Mirabal che i loro mariti vennero imprigionati.
Ed è proprio mentre Patria, Minerva e María Teresa si stavano recando a far visita ai propri mariti in carcere che si consumò l’assassinio, commissionato dal dittatore Rafael Trujillo: picchiate a morte, vennero gettate, con la loro auto, in un burrone, per simulare un incidente (cosa che non riuscì).
Tutto il Paese si commosse alla loro dipartita e la notizia sollevò l’indignazione popolare, fino ad arrivare, nel 1961, all’assassinio di Trujillo e alla conseguente fine della dittatura.

Già nel 1981, gli attivisti dei diritti femminili scelsero il 25 novembre come giorno contro la violenza sulle donne, in ricordo del terribile evento.
Nel 1999, poi, tale data venne istituzionalizzata dall’ONU.

Scarpe rosse per una marcia silenziosa

Uno dei simboli più noti, a livello, mondiale, della lotta contro la violenza di genere sono le scarpe rosse.
In occasione del 25 novembre, infatti, le piazze vengono costellate di numerose paia di scarpe di colore vermiglio.
Questa abitudine ha avuto origine da un’idea dell’artista Elina Chauvet, particolarmente sensibile al tema.
La sua opera più famosa fu, appunto, l’installazione Zapatos Rojos, che vide 33 paia di scarpe, rosse come il sangue versato dalle vittime, disposte in una piazza di Ciudad Juarez (Messico), il 22 agosto del 2009.
Lo scopo fu quello di denunciare la situazione in cui versavano le donne presso questa città, violentate, uccise, picchiate, ma comunque invisibili.
Una simbolica marcia silenziosa di coloro che non possono più manifestare, private della possibilità di camminare tra gli altri, perché assassinate.
Le scarpe rappresentano tutto ciò che rimaneva delle donne uccise.
Non per caso, è proprio a Ciudad Juárez che, per la prima volta, viene utilizzato il termine “femminicidio”, di cui anche la sorella dell’artista fu vittima, uccisa dal marito a soli 22 anni.
L’iniziativa ebbe un’incredibile risonanza internazionale, venendo, di fatto replicata in diverse città del mondo.
Ad oggi, continua a rappresentare un'occasione di riflessione sul tema, nonché di tenere accesi i riflettori sulla violenza di genere, un problema che, per essere davvero affrontato, deve venire a galla in tutto il suo orrore.

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