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Lo schwa per il linguaggio inclusivo: ecco di cosa si tratta

Tra sostenitori e oppositori, la questione sullo schwa è prima sociale che linguistica. Intanto il dibattito sembra non terminare

Nelle ultime settimane abbiamo assistito a numerose discussioni in merito alla necessità di rendere la lingua italiana più inclusiva. Tra i sostenitori e gli oppositori di questa scelta si è verificato il solito divario culturale e, nella maggior parte delle volte, generazionale, che anche questa volta non ha portato a un dialogo costruttivo. Al centro di tutto questo polverone c’è lo schwa, simbolo già molto utilizzato da alcune lingue.

Che cos'è lo schwa

Ma che cos’è lo scwha? È un carattere dell’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA), il sistema che viene utilizzato per definire la corretta pronuncia delle migliaia di lingue scritte che esistono nel mondo. È da collocarsi nel mezzo di tutto il sistema di vocali e la sua pronuncia è un suono indefinito. Il simbolo che definisce lo schwa è simile a una “e” rovesciata, “Ə”, e ricorda tanto il carattere “a” in stampatello.

I sostenitori dell’utilizzo dello schwa

La lingua italiana è abituata da sempre a definire i termini collettivi e le pluralità miste contenenti uomini e donne, con il plurale maschile. Una convenzione che oggi, a seguito della sempre più spiccata discussione sulle disparità di genere, inizia a stonare alle orecchie e occhi di molti studiosi della lingua italiana.
Uno dei primi paladini dell’utilizzo dello schwa, almeno nella lingua scritta, è stato Luca Boschetto, che nell’aprile del 2016, diffuse in rete un piccolo documento a favore della non discriminazione linguistica, che si è poi trasformato in un vero e proprio sito, “Italiano inclusivo”.
Dello stesso avviso la linguista Vera Gheno che, nel dicembre del 2019 affronta la questione all’interno del suo libro “Femminili singolari”, individuando nello schwa la soluzione alla mancanza nella lingua italiana del genere neutro.

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Gli oppositori dello schwa

Perché quindi ha destato scalpore la riflessione sull’utilizzo di questo carattere? Massimo Arcangeli, professore di linguistica e accademico, ha creato un appello sul web che ha raccolto in poche ore oltre 12mila firme, anche da parte di illustri accademici italiani, scrittori e personaggi della politica.
Tale petizione mira a ergersi come ultimo baluardo di resistenza contro una “pericolosa deriva spacciata per anelito di inclusività da incompetenti in materia linguistica”.
In particolare, l’utilizzo dello schwa è stato considerato come un pretesto per ribadire un modo di fare riconducibile al “politicamente corretto”, termine non più vicino a esponenti di destra, ma anche a una certa sinistra illuminata come quella impersonata dal filosofo Massimo Cacciari che ha dichiarato: “Questi tentativi di far passare il rispetto delle persone attraverso trasformazioni artificiali e meccaniche della lingua italiana sono ingenui e patetici ma soprattutto sintomo di una intolleranza tipica dei giorni nostri”.
Gli oppositori a questa volontà sostengono anche che con lo schwa esista il “rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche”, problematica subito smentita dal collettivo Fərocia, che ha precisato: “la maggior parte delle problematiche di lettura di chi ha un Dsa sono facilmente risolvibili con l'adeguamento dei mezzi tecnici di didattica e di lettura".

Schwa: due posizioni nette

Sebbene sia difficile intravedere una reale soluzione al problema, risulta desolante notare come anche in questo caso la riflessione sia sfociata nella costituzione di due posizioni nette e contrapposte, le quali non sembrano voler scendere a compromessi o anche a un semplice confronto sulla lingua.
È interessante invece notare come la riflessione sulla disparità di genere influenzi anche ambiti della quotidianità, come l’utilizzo della lingua e le sue numerose modalità di espressione. Al centro della discussione c’è quindi un problema sociale che le istituzioni devono affrontare subito, per evitare di ritrovarsi nuovamente lontane dalla velocità con cui certi fenomeni sociali mirano a evidenziarsi.

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