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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Adriano si confessa: "All'Inter sempre ubriaco, la morte di mio padre mi ha distrutto"

L'Imperatore ormai è un ex calciatore: "Bevevo tutto: whisky, vino, vodka, birra. Tantissima birra. Non smettevo mai e alla fine ho dovuto lasciare l'Inter"

Sarebbe potuto diventare uno dei più grandi attaccanti di sempre. Verbi al condizionale per lui: rimpianti, misteri, tanti bassi e pochi alti. "La morte di mio padre mi ha distrutto, ero sempre ubriaco e l'Inter mi copriva". Lo rivela solo ora Adriano Leite Ribeiro, l'Imperatore, ormai un ex calciatore.

"Mi sono isolato, in Italia mi vedevo solo, triste e depresso e quindi ho cominciato a bere". Sempre e comunque: "Arrivo all'allenamento ubriaco, ma mi presentavo sempre e lo staff mi portava a dormire in infermeria. L'Inter diceva che ero infortunato". A poco più di 20 anni Adriano ha incominciato a declinare, pericolosamente. "So solo io quanto ho sofferto quando è morto mio padre - ha raccontato a R7, una rivista brasiliana - e dopo è stato molto peggio perché mi sono isolato. In Italia ero solo, triste e depresso e quindi ho cominciato a bere".

L'alcol ha rovinato carriera  e vita personale del bomber: "Mi sentivo felice solo bevendo e non c'era notte che non lo facessi. Bevevo tutto: whisky, vino, vodka, birra. Tantissima birra. Non smettevo mai e alla fine ho dovuto lasciare l'Inter". L'Inter ha provato ad aiutarlo: "Non sapevo come nascondere la cosa e arrivavo ubriaco all'allenamento. Mi presentavo sempe e lo staff mi portava in infermeria a dormire. Alla stampa l'Inter diceva che avevo problemi muscolari". 

"Ho capito dopo che il problema era la gente che avevo intorno - ha continuato Adriano -. Amici che non facevano altro che portarmi alle feste con donne e alcool, senza pensare a nient'altro. Tornando in Brasile ho rinunciato ai milioni, ma ho ritrovato la felicità".

L'ultima stagione accettabile della sua carriera è stata al Flamengo, nel 2009 (32 presenze e 19 reti). Aveva 27 anni. Da allora, un "lungo addio" allo sport.

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