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Giovedì, 25 Aprile 2024

Tifo, affari e rappresaglie: ecco cosa c'è dietro l'aggressione al capoultras della Juve

Umberto Toia è stato aggredito nel suo bar la notte tra il 23 e il 24 dicembre. Partono le indagini della Digos e già ci sono le prime ipotesi sul caso: violenza, affari e lotte fratricide nel mondo ultras

Lo hanno aggredito davanti al suo bar, "Black and White", un luogo simbolo a Torino per gli ultras della Grande Signora. Così nella notte tra l 23 e il 24 dicembre Umberto Toia, detto "il presidente", è stato pestato e preso a bastonate. Ricoverato in ospedale ha riportato qualche frattura: condizioni gravi ma non è in pericolo di vista.

Sono partite le indagini della Digos ma la dinamica lascia pochi dubbi: una spedizione punitiva. Che segna una nuova emersione delle violentissime dinamiche all’interno della curva della Juve. Tifoserie che fanno anche "impresa" con le spranghe in mano. Potrebbe essere questa la cornice dell’aggressione.

E forse la colpa del "presidente" sarebbe quella di essersi avvicinato troppo alla società e aver preso le distanze dalla curva.

Per capire chi è Umberto Toia bisogna fare un passo indietro, all’afosa serata del 18 agosto scorso. Roma, stadio Olimpico, la Juve ha appena vinto per 4 a 0 (contro la Lazio) la Supercoppa italiana. Premiazione. La squadra si dirige verso i tifosi. I giocatori si passano di mano la coppa. Vidal. Poi Bonucci. Stacco. Le immagini ripartono su uno sconosciuto che, orgoglioso, a bordo campo, brandisce il trofeo fino a che un responsabile della sicurezza della Juve se lo fa restituire. Come fa un capo-tifoseria a festeggiare con una coppa in mano come fosse un giocatore? Quell’uomo è Umberto Toia, e quell’immagine restituisce il senso di una vicinanza, anche fisica, tra molte società di calcio e certi ambienti ultras.

Quella sera Toia indossava la maglietta del suo gruppo, Tradizione. È il cuore di una galassia di altre sigle (Fighters e Antichi valori), che allo stadium occupano la parte bassa della curva, vicino al campo, e che in passato si sono contrapposte a chi oggi sta in alto, al secondo anello, i Drughi.

Ma già altri erano stati gli episodi di violenza: nell'estate del 2011 durante il ritiro della Juve a Bardonecchia, alcuni gruppi se li contesero in una rissa a coltellate.

A volte la posizione vuol dire potere, che significa seguito, e quindi guadagno per i professionisti del tifo. Un esempio? Ce lo dà il Corriere

Umberto Toia è ad esempio titolare, con un socio di business e di tifo, di un’azienda di abbigliamento che porta il nome dei «suoi» stessi ultras: Tradizione lifestyle Srl . E poi ci sono le trasferte. Dal loro sito i Drughi pubblicizzano in questi giorni i charter per la partita Juve-Trabzonspor, a fine febbraio in Turchia. La dinamica è semplice. Gruppi ultras come un’agenzia viaggi: per servizi e, di conseguenza, introiti. Possono farlo (succede con molte tra le più grandi tifoserie) perché i sistemi di vendita dei biglietti sono degli imbuti, e chi riesce a gestire una parte dei tagliandi può usare questa leva per «fare impresa».

Proprio dietro il bar di Toia luogo dell'aggressione nel 2007 la Digos trovò una cinquantina di mazze, bastoni e manganelli. Sembrava di aver sventato una battaglia, da combattere in curva, tra tifosi della stessa squadra.

Fonte: Corriere.it →
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