rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

Lettera aperta al Var: è il momento di cambiare (oppure il calcio muore)

Le ultime giornate di campionato hanno nuovamente proiettato l’occhio elettronico in quello del ciclone. Le valutazioni del direttore di gara in campo hanno finito spesso per essere corrette dopo il controllo delle immagini del VAR, aprendo una discrepanza sull’uniformità di giudizio tra chi deve decidere in campo e chi lo fa davanti a una televisione. E sollevando dubbi sull’opportunità dell’utilizzo, in questi termini, di una tecnologia che sta snaturando il calcio, e sta alimentando polemiche.

Lettera aperta al Video Assistent Referee (Var)

Caro Var,

non so se preferisci essere declinato al femminile, perché sinceramente facciamo ancora confusione nella tua identificazione di genere, ma fa lo stesso, so che se sbagliamo non te la prenderai. Ci rendiamo conto che non è un bel momento, per te che sei arrivato nel mondo del calcio con l’intenzione di depurarlo dagli errori, dalle sviste e dalle polemiche che da sempre lo accompagnano. E che magari avresti voluto una vita più tranquilla come i tuoi fratelli maggiori Instant Replay, ormai amico fedele delle gare di NFL oltreoceano, o del Challenge nel Tennis fino al Video Check che sta supportando i fischietti nelle partite di volley.

E’ una vita che ti stiamo aspettando, e ripenso a mio nonno quando rideva sentendo Aldo Biscardi al “Processo del Lunedì” che invocava la moviola in campo. E magari se ci fossi stato tu in passato, forse qualche epilogo sarebbe stato ben diverso (mi viene in mente la finale della Coppa dei Campioni del ‘98: Andrea, il mio capo servizio allo sport, cerca ancora il Maalox pensando al Real che batte la Juventus con una rete di Mijatovic viziata da un metro di fuorigioco). Nasci come strumento di democrazia, per supportare chi è chiamato a disciplinare situazioni delicate e controverse sul rettangolo di gioco, ma stai crescendo in una sorta di limbo, a metà da chi rivendica la discrezionalità arbitrale in mezzo al campo (che c’è anche davanti al cospetto delle tue immagini) con l’errore umano come componente inevitabile dello spettacolo e chi vorrebbe “tecnologicizzare” ulteriormente l’operazione di dirimere le controversie che si sviluppano in azioni contestate.

Però...però capisci che così non va. Te ne sei accorto, no? Perché usarti non significa abusare di te, usarti non vuol dire ergerti a paladino della giustizia quando, silenziosamente, controlli che sia tutto ok lasciando col fiato sospeso chi ha già esultato e strozzando a volte l’urlo in gola di chi ha fatto rotolare il pallone in rete. Tu ci dirai: ma io che c’entro? C’è sempre qualcuno che sta lì a guardare, a decidere, in fondo. Ecco, la tua presenza, purtroppo, sta finendo con l’esautorare l’arbitro che corre in campo, sottoponendo la sua libertà di giudizio – col silent check – ad una sorta di Grande Fratello che peraltro spalanca le porte ad ulteriori polemiche, ipotesi di complotto e di mala uniformità di giudizio. Perché quello che dice il signor Tal dei Tali, con cartellini e fischietto sul prato, non è lo stesso pensiero del signor Tal dei Quali che dalla regia vede e decide. Magari con un metro di valutazione differente. E giù, torrenziali piogge di parole a riempire fiumi di inchiostro.

Non so dirti se tu sia un bene, un male, o un male inevitabile che faccia luce, una luce buona, su quei coni d’ombra che oscurano certe direzioni di gara. Per cui, facciamo così: ci impegneremo, in un futuro che sia quanto mai prossimo, ad utilizzarti in maniera più intelligente, per quanto lo possa essere applicarti in un mondo in cui ci saranno sempre discussioni, complotti, e il canonico “cornuto e corrotto” all’indirizzo di quella giacchetta gialla a cui dovresti facilitare il compito, ed a cui invece evidentemente finisci per arrecare pure più ansia. Diciamo che auspichiamo che tu riesca a diventare sempre più simile al tuo fratello che sta nei campi di pallavolo e di tennis: ti chiamiamo in causa una, massimo due volte per tempo, lo decide ogni allenatore, che potrà così capire se ha visto meglio lui o tu con le tue telecamere sparse in ogni lato del campo. Se ha ragione lui, è stato bravo e ti può disturbare ancora, altrimenti no. E se serve, se l’arbitro ha bisogno, sappiamo che ci sei e gli puoi dare una mano.

Altrimenti finiremo per tirarti in mezzo a sproposito, inutilmente ed inopportunamente, e ad accusarti di aver fatto diventare il calcio un altro sport. Che è quello che ci piace, che è quello che vorremmo sempre migliore, che non sarà perfetto ma con i suoi difetti ci fa ancora battere il cuore. Perché se, quando si gonfia la rete, non si può mai esultare, ma tocca guardare le movenze dell'arbitro, intuire se sta portando il dito indice all'auricolare, e poi aspettare un minuto, due minuti, a volte anche peggio, il calcio pian pian muore. 

Con immutata stima.

Si parla di

Lettera aperta al Var: è il momento di cambiare (oppure il calcio muore)

Today è in caricamento