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Giovedì, 18 Aprile 2024
Calcio

Calcio, perché l’Italia non è più la patria dei difensori

Dopo decenni di difese blindate e di centrali tra i più forti al mondo, oggi la Nazionale Italiana si scopre scoperta proprio dove era più forte.

Il sabato sera di Roberto Mancini deve essere stato un incubo. Intorno alle 17 Massimiliano Allegri vara la Juventus anti Fiorentina e nell’undici titolare non ci sono Bonucci e Chiellini. L’allarme suona forte, allo Stadium, e a Coverciano dove iniziano i preparativi per accogliere gli azzurri. La coppia centrale della Nazionale non gioca per un doppio problema muscolare che rischia di metterla ko anche per la decisiva sfida contro la Svizzera che assegna, in pratica, un posto ai prossimi Mondiali.

Ieri in conferenza stampa Mancini si è presentato sorridente, Bonucci e Chellini ce le faranno e comporranno ancora il muro davanti a Donnarumma, un sospiro di sollievo enorme perché nel Paese che più di tutti sfornava campioni in difesa si scopre che alle spalle dei due giocatori di 37 e 34 anni, ci sono il baby Bastoni, non ancora pronto a prenderne l’eredità come dimostrato con la Spagna, Acerbi, leader della Lazio con poca esperienza internazionale, e Mancini che non era nemmeno nella rosa che ha vinto gli Europei. 

L’Italia non è più un Paese per difensori

Il problema è solo rimandato, già prima del Qatar andrà trovata una soluzione perché sarà passato un altro anno e chissà se Chiellini e Bonucci potranno essere ancora quelli di Euro 2020. Ma come siamo passati da Nesta, Cannavaro, Materazzi, Barzagli (Mondiali 2006) ad una rosa di difensori così ristretta di alternative e di qualità in difesa in soli 15 anni? Può essere solo una questione di sfortuna e di talenti che non nascono più proprio nel Paese da tutti riconosciuto per essere la patria dei difensori?

Non può essere e basta guardare le formazioni che scendono in campo domenica dopo domenica in Serie A per accorgersi che il problema è un altro. Partendo dalle parti altissime della classifica si scopre che le coppie centrali titolari di Napoli e Milan, prime in classifica, sono tutte straniere e l’unica alternativa italiana tra Spalletti e Pioli è Romagnoli. Nel’Inter, che si schiera a tre c’è solo Bastoni, nel’Atalanta, titolare è solo Toloi, nella Lazio c’è Acerbi, nella Roma, Mancini, nella Fiorentina, nessun azzurrabile e nella Juve di Bonucci e Chiellini la principale alternitava, forse qualcosa in più a dire il vero, è l’olandese De Ligt. 

Nelle prime sette in classifica i difensori centrali italiani titolari sono in totale cinque.  Troppo poco per dare a Mancini le alternative di cui avrebbe bisogno. Allargando ancora di più il campo si scopre che le uniche squadre a schierare due centrali italiani sono Empoli e Venezia, entrambe neopromosse. Il problema è tutto qui, la crisi nasce dal fatto che le squadre della nostra Serie A non puntano sul prodotto interno. I tecnici in un ruolo così delicato non rischiano, anche i giovani difensore tra le big scarseggiano, e così i difensori non emergono.

L’esempio del centrocampo per rinascere

Il Commissario Tecnico sa che il problema esiste ed è per questo che ha cambiato profondamente la Nazionale. L’Italia campione d’Europa è una squadra che palleggia tanto, anche per non farsi schiacciare e non solo per costruire, e lo può fare perché i centrocampisti non gli mancano. Jorginho è il titolare del Chelsea Campione d’Europa, Verratti è il faro del dream team del PSG, Barella non perde un minuto con l’Inter e le loro riserve sono Locatelli, su cui ha puntato forte la Juventus, Pellegrini, capitano della Roma, Pessina, equilibratore della Dea che è ormai una realtà anche in Europa, e Tonali, che dopo un anno di rodaggio si sta prendeno il Milan.

La differenza è tutta qui, i centrocampisti emergono perché giocano ai massimi livelli, i difensori non lo fanno più e così rischiamo di arrivare in Qatar con una coppia che nel 2022 avrà in totale 73 anni a cui, peraltro, viste le alternative, bisogna augurare ancora lunga vita.

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