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Venerdì, 19 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

Cos'ha di speciale Erling Haaland

“Forte come un orso, veloce come un cavallo”. Tra i tanti accostamenti che Erling Haaland ha fatto spendere ad addetti ai lavori, tifosi, e stampa specializzata, quello del giornalista suo connazionale Øyvind Godø, penna del Dagbladet, è forse uno tra i più azzeccati. Ma al di là del paragone faunistico, è l’ubicazione temporale a renderlo interessante: perché non è stato partorito nell’ultimo paio d’anni, quando il bomber nato a Leeds non aveva ancora provveduto a brutalizzare i portieri avversari con le maglie di Salisburgo, Borussia Dortmund e Manchester City. E nemmeno quando, a Maggio 2019, entrò nel libro dei record dei Mondiali Under 20 – spodestando il brasiliano Adailton, visto in Italia a Parma e Verona, che col Brasile nell’edizione 1997 del torneo ne aveva fatti sei alla Corea del Sud - per aver realizzato nove reti in una partita con la casacca della Norvegia nel match valevole per il primo turno della competizione, contro il malcapitato Honduras.

Era il 2018, quando Godø descrisse alla ESPN l’orso-cavallo Haaland, che tra Eliteserien ed Europa League aveva timbrato sedici volte il cartellino con il Molde, che lo girò poi al Salisburgo con cui iniziò progressivamente la metamorfosi. Da promessa a solida realtà, da attaccante a implacabile bomber. E da umanoide a cyborg, come i suoi estimatori sottolineano, rimarcando l’unicità di un atleta che rappresenta effettivamente un pezzo unico, nel panorama mondiale. Di giocatori che hanno unito tecnica, rapidità e velocità grazie a “fisici bestiali”, con doti atletiche che avrebbero potuto essere adeguatamente sfruttate anche scattando dai blocchi di partenza in una pista, ce ne sono stati. Ma rispetto a questi “Terminator”, di cui Bale e CR7 sono stati i rappresentanti più autorevoli, Haaland sembra la versione più evoluta. Un T-1000, per citare l’antagonista di Arnold Schwarzenegger nel sequel del primo film di quella che poi divenne una saga. Con lineamenti del viso ingentiliti, quasi fanciulleschi, quasi a conferire connotati più delicati e – appunto – umani ad uno strapotere che di delicato ha poco, per non dire nulla.

Con la maglia del Dortmund contro il Paris Saint Germain, in Champions League, ha portato i suoi 90 chili abbondanti diluiti in 194 centimetri a coprire 60 metri di scatto in 6 secondi e 64, non troppo distante dal record mondiale di specialità in atletica, mentre col Bayern è decollato a oltre 2.60 per intercettare di testa un pallone crossato in area. Ma un assaggio delle sue doti non convenzionali lo aveva già dato a cinque anni, volando a 165 centimetri di distanza in una prova di salto in lungo: che, contemplando i dati di quasi 50 stati che censiscono i risultati delle prove giovanili Under 6, sarebbe anche record mondiale. E poi, i gol: tanti, segnati in tutti i modi (destro e sinistro, di testa ed in acrobazia come su calcio piazzato), e la frequenza con cui va a bersaglio, in ogni competizione: cosa che rende inutile menzionare i numeri del suo strapotere realizzativo, che nell’arco di pochi giorni sarebbero già superati. Facendo ormai scommettere non più sulla possibilità di polverizzare record, bensì sulla tempistica che impiegherà per sostituirsi ai detentori dei vari primati.

Nella hall of fame dei bomber, ordinati per gol, servono almeno cinquecento reti in gare ufficiali – tra club e nazionali - per entrare in classifica. Haaland a ventidue anni è già a 230: facile immaginare l’arrivo a mezzo migliaio ed il relativo ingresso nel gotha dei cannonieri di tutti i tempi. Ma, nel frattempo, la sua media di 0.81 reti a partita è la migliore registrata negli ultimi quarant’anni di calcio. Più di Messi, CR7 e Lewandowski, nonché dei goleador “vintage edition” come Hugo Sanchez o i brasiliani Tulio e Roberto “Dinamite”. In attesa di cominciare a riempire la bacheca di trofei, il cyborg biondo non si ferma: in Inghilterra sembra sia attiva una petizione on-line, arrivata a 400 mila firme (da stabilire se valide o meno), per proporre alla House of Parliament di estrometterlo dalla Premier League, perché “i robot non possono giocare”. Più o meno lo stesso pensiero esternato a Jack Grealish da Kamil Grabara, estremo difensore del Copenhagen, perforato due volte da Haaland con ineffabile naturalezza nel 5-0 rifilato in Champions dal City ai danesi. Ha riso Grealish, suo compagno di squadra al Manchester, nel raccontare ai microfoni le perplessità del portiere sulla legalità del norvegese. Ride Guardiola, che al centro dell’attacco ha un’arma impropria. Gli avversari, un po’ meno. Comprensibilmente.

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