rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Calcio

Lazio, naufragio europeo: perché un passo indietro di Sarri non è la soluzione

Dopo il tracollo in Danimarca contro il Midtjylland in Europa League, il tecnico biancoceleste in conferenza stampa ha evidenziato la ciclicità dei crolli della squadra, mettendo anche la sua figura in discussione

Le sue parole risuonano ora come una premonizione. Il ricorso all’umiltà predicata da Sarri, tecnico della Lazio, nella conferenza stampa pre-match assume i contorni, nel day-after della sfida persa alla MCH Arena contro il Midtjylland, della campana fatta suonare tre volte dalla vedette del Titanic una volta intravista in lontananza la sagoma dell’iceberg gigantesco. Invitare a mantenere alta la soglia dell’attenzione è normale, in presenza di impegni in cui sia concreto il rischio di approcciare in maniera troppo molle. Eppure, l’allenatore biancoceleste con le sue dichiarazioni sulla necessità di prendere di petto i danesi senza esitazioni, ricordandone i risultati importanti ottenuti in Europa, sembra veramente aver intuito con anticipo il pericolo rappresentato dalla partita di Herning.

Certo, il Midtjylland non costituisce un iceberg di dimensioni così ragguardevoli da giustificare un tale naufragio calcistico, ma la Lazio, è bene ricordarlo, non è il Titanic. Apparsa quadrata, con concreti passi in avanti mostrati nelle ultime uscite, ma non certo una corazzata inaffondabile. Sebbene reduce da due affermazioni con il Feyenoord e contro il Verona, in cui la squadra aveva dato l’idea di aver trovato una quadratura anche sotto il profilo mentale, e opportunamente modificata da Sarri che aveva ruotato i titolari in previsione dei tanti impegni ravvicinati. “Spirito di sopravvivenza, non turn-over” aveva puntualizzato il tecnico, con riferimento alle gare da disputare con il club e, nel caso, di alcuni elementi della rosa, con la maglia della propria nazionale.

Solo tre volte, negli ultimi cinquant’anni, la Lazio aveva incassato un passivo così pesante nelle coppe europee: sei reti prese a Lens in Coppa Uefa nel 1977, cinque a Tenerife nel ‘96 nella stessa competizione e cinque anche a Valencia, nell’edizione della Champions League di ventidue anni fa. Quello di Herning è però un crollo inspiegabile: perché non preceduto da particolari avvisaglie nella quotidianità delle sedute di allenamento, perché materializzatosi sotto forma di errori inammissibili a certi livelli, perché la reazione – tanto auspicata quanto tardiva – è durata lo spazio di una manciata di minuti, buona per il gol della bandiera ma nulla più.

Sono insomma bastati 90 minuti o poco più per smarrire le certezze accumulate in un mese di stagione, che spalancano le porte ad una resa dei conti il cui trailer è già stato trasmesso dal tecnico nella conferenza stampa seguente al triplice fischio. Tre le frasi che più hanno colpito: la ciclicità dei tracolli del biancocelesti, che anche negli anni passati hanno accusato debacle del genere. Un fattore scatenante, al momento non individuabile e domabile, descritto da Sarri come un “germe” trasmissibile in maniera colposa, non dolosa, il quale inquinerebbe la serenità nello spogliatoio. E le possibili soluzioni, tra cui anche quella di un passo indietro di Sarri stesso. E questa, sinceramente, potrebbe essere la conseguenza peggiore. Giusto che un allenatore si prenda le sue responsabilità, ma l’allenatore non è il comandante che affonda con la sua nave. Il progetto intavolato, portato avanti con la società, e anche i risultati ottenuti finora meritano ben più di un salvagente. Ricominciare la programmazione da capo non è una soluzione.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Lazio, naufragio europeo: perché un passo indietro di Sarri non è la soluzione

Today è in caricamento