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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Calcio

Luka Modric, normalmente eccezionale (e perché già ci manca)

Il suo assist contro il Chelsea in Champions League è già patrimonio dell'umanità calcistica. Ma non è che l'ultima perla, in ordine di tempo, del centrocampista croato già entrato di diritto nella ristretta cerchia degli indimenticabili

L’impresa eccezionale è essere normale, sosteneva Lucio Dalla. Nel caso di Luka Modric, la normalità fisica così distante da un calcio ipervitaminizzato non gli ha impedito di diventarlo. Questione di Dna, forse, perché a Modrići, un paesino sui monti della Dalmazia che lo ha visto bambino, un antico detto recitava che solo i Modric ed il luppolo possono sopravvivere. O questione di saper soffrire ed inseguire i propri sogni malgrado tutto, malgrado una guerra che ti toglie una casa rasa al suolo dai bombardamenti e il tuo unico giocattolo resta un pallone sgonfio da calciare, contro i muri di quell’Hotel Kolovare di Zara divenuto temporanea dimora per le famiglie fuggite dalle atrocità del conflitto che infuriava nei Balcani.

La storia di Modric, in fondo, ha nel sacrificio e soprattutto nella resilienza un fil rouge impossibile da spezzare. Che attiene alla sfera personale, con un’infanzia passata nella consapevolezza di doverla accantonare in fretta per crescere e responsabilizzarsi altrettanto velocemente e ben presto anche a quella tecnica, perché dopo la trafila nel vivaio della Dinamo Zagabria (cominciata con i parastinchi fabbricati dal papà intagliando pezzi di legno) il battesimo nei “grandi” arriva nella Premijer Liga Bosniaca, ostile per un giovane croato ancora gracile ma per nulla spaventato. E con otto gol in ventidue presenze con la casacca dello Zrinjski Mostar già capace di brillare di luce propria, pronta ad accendersi non solo ad intermittenza ma resa ancora fioca dall’acerbità calcistica.

Il suo fisico resterà quello “normale” che accomuna tante persone. La sua progressione per raggiungere il Gotha del calcio mondiale, no. L’occasione è il trasferimento al Real: cura personalmente il trasloco nella sua nuova dimora madrilena, con la stessa cura con cui trasferisce geometrie, fosforo e sostanza nella linea mediana dei blancos, divenendo irrinunciabile colonna della Santissima Trinità del centrocampo galactico completato da Kroos e Casemiro.
Il resto è storia recente: dai 18 trofei in bacheca al Pallone d’Oro 2018. E lampi di pura essenza calcistica, giocate come diamanti di caratura eccezionalmente pura incastonati su monili preziosi. Perché in fondo, nel match con il Chelsea che ha segnato l’ingresso in semifinale del Real, quel tocco di esterno destro, a scavalcare la difesa ed a vedere l’inserimento di Rodrygo è stato un momento di pura magia. Fatto con la semplicità di chi con quei piedi potrebbe annodarsi la cravatta, e con la stessa naturalezza di chi quotidianamente lega tutte le mattine le stringhe alle scarpe che li custodiscono. La perfezione, insomma, racchiusa in pochi secondi, come quelli della “O” di Giotto e del “M’illumino di Immenso” di Ungaretti, del riff di “Whole Gotta Love” dei Led Zeppelin e del “Domani è un altro giorno” che chiude Via Col Vento.

Compirà 37 anni il 9 settembre, Luka Modric. A giudicare dalle due ore passate in campo al Bernabeu contro il Chelsea non sembrerebbe, e l’unica panchina dall’inizio del 2022 fatta sabato col Getafe in previsione dell’impegno Champions sta lì a confermare come l’età a volte sia solo un numero. Forse il giorno in cui gli scarpini finiranno sul chiodo e non più a muoversi sui prati verdi non è imminente. Forse sarà meno eclatante del ritiro di tanti campioni molto più blasonati e patinati, quasi a voler rimarcare la differenza dalla sua normalità che tale non è ma che così sembra agli occhi di tutti. Eppure, quel giorno il calcio sarà un po’ più povero.
Una volta, in occasione degli Europei del 2012, disse “Gli Italiani hanno sempre paura di qualcosa”, nella fattispecie di un potenziale biscotto tra Croazia e Spagna nel girone eliminatorio volto ad estromettere gli azzurri dalla corsa al titolo, come accaduto nel 2004. Stavolta, non ci biasimerai se da questa sponda dell’Adriatico farà capolino un po’ di paura, che sembra invitare ad entrare la nostalgia. Perché da innamorati la futura mancanza di un pezzo unico nella collezione del calcio che conta già si sente. Perché la presenza non sempre racconta la verità, ma l’assenza non mente mai.

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