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Venerdì, 29 Marzo 2024
MONDIALI QATAR 2022

La lezione del Marocco: tra insegnamenti, certezze ed un futuro roseo

L'avventura in Qatar dei Leoni dell'Atlante si conclude in semifinale, ma la squadra del c.t. Regragui è forse quella che ha maggiormente impressionato, anche in relazione alle previsioni della vigilia

Una spietata Francia sveglia il Marocco dal sogno mondiale, in una semifinale che ha comunque rimarcato le doti della nazionale nordafricana. Il match che metteva in palio l’accesso alla finale ha pienamente dimostrato come l’approdo dei Leoni dell’Atlante tra le prime quattro del Qatar sia tutt’altro che frutto del caso. Le sofferenze dei transalpini, che hanno avuto il merito di sbloccare subito il punteggio, sono lì a testimoniare come la squadra del c.t. Regragui sia stata molto più di un semplice sorpresa, o una mina vagante, ma legittimano il ruolo di primo piano che i “Leoni” hanno recitato nella rassegna iridata. E che, nel panorama internazionale, lasciano una preziosa eredità ed alcuni importanti insegnamenti.

Disciplina tattica e mentalità vincente

Dal punto di vista tattico, il Marocco ha indubbiamente impressionato per rigore e disciplina. Bucato due volte dalla Francia in semifinale, ma dopo un Mondiale in cui l’unico gol subito se lo è segnato da solo. Aspetto tutt’altro che sorprendente, in relazione alla solidità dimostrata in fase difensiva da una squadra che si compatta ma non si abbassa, sottrae profondità scongiurando il rischio di essere scavalcata da lanci lunghi (eventualmente controllati da una coppia di centrali veloce e dal portiere Bono in alcuni casi riconvertito da libero anni ‘80), pressa in maniera sistematica oltre a coprire ed occupare gli spazi, sporcando contestualmente le linee di passaggio grazie alla mobilità dei centrocampisti (non è un caso che sia stato Amrabat il primo recuperatore di palloni del Mondiale). In fase offensiva lanci lunghi solo se strettamente obbligati, altrimenti palla a terra sul fronte destro per sfruttare la velocità di Hakimi, a sinistra con Boufal a puntare e saltare l’uomo (a sfornare cross per sfruttare i centimetri di El-Nasyri ma anche gli inserimenti dei centrocampisti) oppure soluzione per vie centrali con l’estro e l’imprevedibilità di Ziyech ad accentrarsi e inventare. E poi, c’è l’aspetto mentale: non importa chi c’è di fronte, il gioco non si snatura, né si sacrificano intraprendenza e propositività. E non si creano alibi, sebbene la fortuna non sia stata un’alleata preziosa: il laterale del Bayern Monaco Mazraoui è stato molto limitato da problemi fisici, ed in semifinale dopo il forfait di Aguerd si è fermato anche Saiss (la coppia difensiva centrale). Da Oscar il c.t. Regragui, che dopo aver sottolineato che era intenzione del Marocco arrivare in fondo e vincere, sugli infortuni ha semplicemente detto: “Sarebbe stato meglio che non ci fossero stati, ma ho una rosa di ventisei giocatori: sono tutti forti”. Chapeau.

La migliore fascia destra attualmente in circolazione

Hakimi, Ziyech più Ounahi: ovvero una certezza, una riscoperta e una piacevolissima sorpresa. Il versante destro del Marocco è stato, con largo distacco, il migliore visto in questa edizione dei mondiali qataregni, semplicemente perché riesce a coniugare tutto ciò di cui una squadra ha bisogno, in entrambe le fasi. Il laterale del Paris Saint Germain ha sciorinato il suo repertorio in termini di qualità e dinamismo, ma soprattutto si è confermato uno degli esterni più forti del panorama internazionale: una maggiore responsabilità di fase di copertura dettata da una posizione più arretrata nello scacchiere – rispetto al suo utilizzo come esterno di centrocampo – non ha intaccato la sua predisposizione offensiva, fatta di velocità che lo rende letale negli spazi aperti, ma anche di playmaker nella costruzione della manovra dal basso, che più volte trae origine dalla sua fascia di competenza. Davanti a lui uno Ziyech che parte sì da destra, ma si accentra volentieri in fase di ricezione del pallone – spostamento fisiologico vista la sua natura di trequartista – per rifinire e cercare la giocata illuminante: Qatar 2022 ce lo ha restituito ai livelli degli anni scorsi (Ajax e primo Chelsea) scansando le difficoltà viste in questo primo scorcio di stagione con la maglia dei Blues. Discorso a parte merita l’elemento di connessione in mediana tra le due stelle dei Leoni dell’Atlante, ovvero Ounahi. Che stella non è, ma lo potrà diventare per la sue doti in fase di interdizione, nel tocco (eredità del suo passato in cui era impiegato tra le linee) abbinate ad un moto perpetuo in mezzo al campo, che però non ne scalfisce la lucidità anche al momento di impostare.

Il nuovo corso del Marocco e l’Africa come “Terza via”

Nella track-list delle compilation del calcio africano è sempre mancata la...hit, la canzone in grado di arrivare in cima alla classifica. Sono presenti pezzi che solleticano la fantasia degli appassionati, pronti a schierarsi dalla parte del cosiddetto “underdog” della competizione. Perché è l’elemento di novità, perché è il Davide che sfida Golia e perché coinvolge, con l’epilogo rappresentato dai complimenti di prammatica al momento dell’eliminazione, inevitabile. Il Marocco, però, ci ha dimostrato che c’è dell’altro. Difficile capire se potrà essere sufficiente per rompere il duopolio Europa-Sudamerica, continenti che finiscono sempre col contendersi la Coppa, ma una terza via c’è, ed è tracciata. Molto più di quanto fecero realtà come la Nigeria, il Senegal, o il Camerun applaudite nelle precedenti edizioni: perché oltre al talento puro, in alcuni casi sviluppato con la militanza di alcuni di quei protagonisti nei campionati europei, c’è anche quella concretezza spesso assente ingiustificata nel Dna delle squadre del continente nero, brave a incendiare l’immaginario collettivo con prestazioni memorabili ma spesso bocciate alla prova del nove, per mancanza di continuità e pragmatismo. E c’è anche l’età: bassa, se si considera che tra gli inamovibili titolari, fra quattro anni solo il portiere Bonou, Ziyech, il dribblomane Boufal e capitan Saiss avranno superato i trent’anni. E dietro c’è la nuova generazione che scalpita, con il talentino Ezzalzouli già prenotato dal Barça ed il diciottenne El Khannous che si sta facendo le ossa al Genk, in Belgio. C’è materiale, insomma, per aprire un ciclo, per rigiocare un bel gruzzolo di fiches alla roulette dei Mondiali americani del 2026. Forse con maggior fortuna, ma non più, come in Qatar, a fari spenti.

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