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Venerdì, 19 Aprile 2024
MONDIALI QATAR 2022

Delusione Spagna: quando il dischetto diventa un buco nero

La nazionale iberica detiene il record di eliminazioni ai calci di rigore: quello contro il Marocco è il quarto k.o. ai Mondiali, dopo quelli col Belgio nel 1986, con la Corea del Sud nel 2002 e quattri anni fa contro la Russia

Ancora agli ottavi di finale, ancora dal dischetto. Amaro l’epilogo del Mondiale per una Spagna che cede il passo al Marocco, copiando ed incollando il cammino nella rassegna iridata di quattro anni fa, quando furono i padroni di casa della Russia ad estromettere dalla competizione la Roja proprio nella lotteria dei calci di rigore. Che, prendendo in prestito le parole del c.t. Luis Enrique, non è corretto definire tale, perché rappresenta in realtà l’effettiva capacità di un giocatore di saper controllare la tensione. Aspetto in cui storicamente le “Furie Rosse” latitano parecchio, se si considera che questo del 2022 è complessivamente il quarto k.o. ai penalty, dopo quelli ai quarti col Belgio nel 1986 e con la Corea nel 2002 e quello della scorsa edizione. Sono arrivati tre errori su tre tentativi, come ai Mondiali non accadeva da Germania 2006 quando gli svizzeri Streller, Barnetta e Cabanas sbagliarono dagli undici metri i primi tre tiri, spianando così la strada al passaggio del turno dell’Ucraina. Ed a poco è servito il “pizzino” consegnato ad Unai Simon prima di prendere posto sulla linea di porta, con le indicazioni sulle ipotetiche preferenze dei tiratori avversari: perché “il portiere conta”, ha detto mister Enrique, “e noi siamo messi bene”. Ma il Marocco, con Bono ed il suo balletto tra i pali mixato con le punzecchiature verbali ai rigoristi spagnoli, era evidentemente messo meglio.

Singolare, la storia della Spagna in Qatar. Capace di spaventare tutti con la goleada inaugurale contro la Costa Rica, di impattare contro la Germania nella seconda sfida per poi arrendersi col Giappone con cui, curiosamente, ha finito con il condividere l’imprecisione dal dischetto negli ottavi (anche i nipponici contro la Croazia hanno commesso tre errori, però su quattro tiri). Una battuta d’arresto che i più maliziosi hanno interpretato come ben congegnata – ipotesi immediatamente respinta al mittente dall’entourage iberico – al fine di schivare il possibile incrocio nei quarti con la corazzata Brasile. Ma che invece, col senno di poi, va interpretato come il sintomo di un malessere che poi si è manifestato contro il Marocco, quando in una gara da dentro o fuori serviva davvero segnare non più per meri interessi di classifica, ma per passare il turno. Ed invece, il gol non è arrivato. Peraltro beffardamente sostituito dal palo scheggiato da Sarabia nel secondo extra-time, poi centrato in pieno dalla punta del Paris Saint Germain nell’esecuzione dagli undici metri.

Di sicuro, i meriti della squadra di Regragui non vanno trascurati, se è vero che gli Atlas Lions hanno proprio nella solidità difensiva un punto di forza. Eppure, resta quella sensazione di incompiutezza, come la trama di un film che non decolla mai, data da quell’insistito possesso palla, quella continua circolazione scaturita da una ragnatela di passaggi costanti che non ha avuto un adeguato sbocco offensivo. Come già visto in parte con la Germania e soprattutto con il Giappone, casualmente dopo l’uscita dal campo di Morata. E resta anche il dubbio che il magic moment della punta dell’Atletico Madrid, sempre a segno in tutti i match, si sarebbe potuto e dovuto assecondare meglio, proponendolo ad esempio dall’inizio piuttosto che gettarlo mischia dopo un’ora di gioco, per garantirsi maggiore peso in avanti, accantonando l’assetto col “falso nueve” (scelta che, ad esempio, si è rivelata penalizzante proprio per la Germania che non ha voluto riporre piena fiducia alle prime punte comunque presenti in organico). Nella conferenza stampa post partita, il c.t. iberico ha sgomberato il campo da ogni possibile dubbio, dicendo che avrebbe comunque, potendo tornare indietro, scelto lo stesso undici di partenza. Ed ha glissato sul suo futuro, che potrebbe anche contemplare le dimissioni. “Abbiamo dominato. Il calcio è bello, ma puoi vincere anche senza attaccare”, le sue parole. Ma senza segnare, nemmeno dal dischetto, no.

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