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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Brasile 2014

Olanda-Argentina, 2-4 dopo i rigori: un'altra "mano de Dios"

L'Albiceleste fa festa: Messi e soci battono l'Olanda ai rigori alla fine di una partita brutta e bloccata. La Pulce, Robben e Van Persie: deludono tutti i più attesi. Krul questa volta non entra, Romero fa l'eroe

ROMA - Non ha quei capelli riccioluti che in Argentina ancora conservano in una teca. Non ha quella faccia da scugnizzo che a Napoli ancora tatuano sulla pelle. Ma ha sulle spalle il suo numero, il Diez. E ha tra i suoi piedi le speranze di un popolo intero. Un popolo che stanotte può far festa per l'Argentina di Leo Messi - come quella di Maradona  nell'86 all'Azteca - è in finale di un Mondiale. Grazie a una partita, brutta, con l'Olanda vinta soltanto ai rigori. Grazie al solito, atavico, harakiri olandese, tipico di una Nazionale capace di sciogliersi e perdersi sempre quando conta di più. E grazie, mai come oggi, a Sergio Romero da Bernardo de Irigoyen: "el chiquito", il ragazzino terribile che regala un sogno a una Nazione. ​

Il primo tempo della partita è un inno alla noia fra paura di sbagliare e voglia di non prenderne. De Vrij, Vlaar e, all'occorrenza, Kuyt ingabbiano Leo Messi che per una sera tiene fede al suo nomignolo e in campo fa la "pulga". L'Albiceleste trova varchi solo sulla destra con Lavezzi che mette in difficoltà il titanico Martins Indi ma è tanto fumo e poco arrosto: Higuain non la vede praticamente mai. L'Olanda, invece, è costantemente, ossessivamente, la stessa. La trama di gioco è una: Sneijder prende palla al centro, alza la testa e lancia lungo per il "crack con pochi capelli ma tanto talento", Arjen Robben. Neanche l'ala del Bayern, però, può nulla contro i raddoppi di Rojo e Mascherano. Il gioco latita, le occasioni pure. La qualità non si vede. L'unico tiro in porta che crea qualche brivido all'arena de Sao Paolo porta la firma di Garay che, al 24', prova a girare in rete un angolo di Lavezzi ma non inquadra la porta di Cillessen. Prima, e unica, fiammata della partita, "annaffiata" dall'importanza della posta in palio e dalla forza reale di Argentina e Olanda, due squadre normali con due grandi fuoriclasse. 

Grandi fuoriclasse che, purtroppo per lo spettacolo, restano negli spogliatoi anche nei secondi 45' di gioco, quando la gara continua a scorrere secondo lo spartito, per nulla indimenticabile, dell'inno alla noia. Gli unici brividi li regalano il fantasma di Van Persie in rovesciata prima e uno spuntato Higuain in estirada poi. Ma entrambi sono in fuorigioco. Sabella ci prova con Palacio e Aguero. A fare un figurone, come nel primo tempo, però sono ancora le difese. Vlaar, mostruoso, si veste da Ruud Krol - il libero della generazione da sogno dei tulipani anni '70 - e chiude su tutto e tutti, annichilendo Leo Messi. Mascherano prova a costruire, maluccio, e tappa ogni buco, superbamente. Soprattutto al 90' quando Robben torna quello mai decisivo nelle serate storiche e, a tu per tu con Romero, si fa rimontare dal centrocampista azulgrana che gli blocca il tiro verso la rete. E manda tutti ai supplementari. 

>>> GLI HIGHLIGHTS <<<

E' proprio l'olandese volante, al nono minuto del primo tempo supplementare, a provare a sparigliare le carte. Prende palla sulla destra, rientra - come sempre sontuosamente - sul sinistro e calcia. Romero blocca senza problemi. E' un fuoco di paglia. Un secondo e la gara torna sui suoi ritmi, blandi, soporiferi. Quindici minuti: non un tiro in porta, non un brivido. Almeno fino al nono, ancora, del secondo supplementare quando Palacio ha l'occasione di diventare eroe per una notte. Ma il colpo di testa dell'attaccante dell'Inter è debole e male indirizzato: Cillesen fa sua la sfera in scioltezza. E' il biglietto per la lotteria dei calci di rigore. E gli Orange si presentano senza il talismano Tim Krul, la mossa a sorpresa - riuscitissima - di Luis Van Gaal contro il Costa Rica ai quarti di finale.   

E la differenza si vede tutta perché Cillesen non è sbruffone, forse un po' anche fastidioso, come il collega e per Messi e soci è un gioco da ragazzi mettere la palla in rete. Se poi Romero - inguardabile ai tempi della Sampdoria - diventa un para rigori e trasforma la sua mano in quella "de Dios" il gioco è fatto. E' finale con la Germania, come nell'86, come nell'anno della "mano de Dios" originale. E la storia è alle porte. Dall'Azteca al Maracanà: da un tempio all'altro. Da Maradona a Messi: da un Diez all'altro. 

Olanda-Argentina, Romero fa l'eroe: Albiceleste in finale (Foto Fifa.com)

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