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Giovedì, 28 Marzo 2024
Calcio

Tutto il Mou della finale: ma ora, per restare, José chiede di più

A margine della sconfitta nella finale di Europa Legaue di Budapest, c'è il rebus sul futuro del tecnico della Roma. Che ha un altro anno di contratto, ma merita una rosa maggiormente competitiva

Le lacrime non mentono. Quelle di gioia, versate a Tirana dodici mesi fa dopo la vittoria in Conference League, e quelle di rabbia e delusione che hanno fatto capolino dopo il triplice fischio conclusivo nell’amara notte di Budapest. Il pianto del Mou ha tanti, tantissimi significati: è lo sfogo di un vincente che, dopo il suo percorso netto nelle finali delle tre principali competizioni (cinque giocate e cinque vinte prima di quella della Puskas Arena), stavolta si è trovato nella scomoda posizione di non poter festeggiare ma di vedere gli altri farlo. E c’è il sincero dispiacere di un uomo che saputo, in due stagioni, prendere per mano una squadra ed un club fino ad accompagnarli lassù, nel superattico europeo, che lo ha visto più volte soggiornare ed osservare un continente calcistico ai suoi piedi.

Prima, durante e dopo la finale, lo “Special One” ha fatto sfoggio di tutto il suo repertorio da consumato mattatore del palcoscenico. Criptico nelle conferenze stampa al momento di aggiornare le condizioni degli acciaccati; teso e concentrato nei minuti iniziali ed quasi imperturbabile dopo la rete del vantaggio con quell’esultanza-flash, scacciata subito gesticolando verso la panchina a contenere quell’entusiasmo che aveva fatto esondare i giallorossi a bordo campo sul rettangolo di gioco; plateale nelle contestazioni all’indirizzo di un direttore di gara confuso, ed agguerrito nella baruffa scoppiata ai supplementari tra le due panchine ma subito dopo paciere nell’invitare alla calma e raffreddare i bollenti spiriti. Il climax della serata mourinhiana è arrivato con il discorso al gruppo abbracciato intorno a lui prima dei rigori: poi gli applausi, raccolti sotto le curve, rigorosamente al plurale, da parte di chi come i tifosi giallorossi era ed è disposto ad accompagnarlo fino agli inferi (citazione di uno striscione apparso a Trigoria) ma anche di chi quell’inferno lo ha visto da vicino come i tifosi del Siviglia, compatti nell’applaudire tra sollievo e rispetto la persona che li aveva quasi fatti precipitare laggiù.

E’ andato a prendere per primo, sebbene il protocollo della premiazione prevedesse altro, quella medaglia che non brilla come avrebbe voluto e sperato, poi lanciata ad un giovane tifoso prima di sparire verso gli spogliatoi, dove ha ringraziato e lodato il gruppo. Glissa sul suo futuro, José, come del resto ha fatto più volte nell’arco della stagione: confermando di non aver avuto abboccamenti concreti ma anche di non sapere quale sarà il suo domani, precisando che c’è ancora un altro anno di contratto a legarlo alla capitale, a quel popolo romanista che lo ha identificato come simbolo, come condottiero, come catalizzatore di emozioni forti ma anche garanzia di un futuro migliore a cui guardare con fiducia. Normale che Mourinho chieda di più: una proprietà che lo supporti adeguatamente, al suo fianco, ed un mercato che riesca a colmare quelle lacune tanto “numeriche” quanto qualitative nella rosa della Roma che verrà. Ed è anche normale che Mourinho lo meriti: se da una parte gli slot delle più importanti panchine continentali sono quasi tutti pieni, dall’altra serve che la società faccia di tutto per impedire che il suo condottiero non cada nella tentazione di pensarsi lì, ad occuparne uno. Per impedire che le lacrime dei tifosi, stavolta, non siano quelle che bagnano un addio.

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